Il Sole 20.5.15
Liguria, una prova per tre
di Lina Palmerini
La Liguria come l’Ohio, un test che deciderà se Renzi avrà vinto o perso. Ma anche se Grillo avrà ripreso quota o no. E se Berlusconi sarà ancora in politica. Ieri da Vespa il premier ha parlato a tutti gli elettori ma il messaggio politico più forte arriverà dai liguri.
È vero che le Regioni al voto sono sette, che il Veneto o la Campania sono test ugualmente importanti ma è la Liguria che farà la differenza per varie ragioni. Perché da lì parte l’offensiva di sinistra contro Renzi, perché è governata dal Pd e perderla vorrebbe dire andare sotto, un “meno uno” rispetto ai governi regionali targati centrosinistra. Insomma, per Renzi quel risultato sarà tutto interpretato in chiave interna, sarà letto come una sconfitta – se sarà così – di un Governo troppo spostato a destra e di una gestione padronale del partito che perde pezzi. Tutto questo è noto. Così come è prevedibile che un esito negativo ridarebbe fiato alla minoranza interna e alle sue battaglie parlamentari.
Ma c’è un’altra sfida che si gioca fuori dal Pd, contro Grillo. Proprio in Liguria alle elezioni del 2013 e 2014 sono andati in scena due sorpassi: prima Grillo verso il Pd, poi di nuovo il Pd che ha superato il Movimento. Sarà interessante, quindi, vedere a che punto è questa gara. Perché la Liguria vuol dire soprattutto Beppe Grillo. E infatti nel 2013 mise ko il Pd di Bersani: nel senso che l’ex leader arrivò al 27,69% ma fu battuto con quasi 5 punti di vantaggio da Grillo che superò il 32 per cento. Un sorpasso simile non si verificò in nessuna delle regioni “rosse” o almeno di tradizione di sinistra. E dunque fu la vittoria dei grillini nel “feudo” del loro guru, in uno dei luoghi di nascita del Movimento. Dopo un anno, alle europee, è arrivato – a sorpresa - il contro-sorpasso: il Pd va al 41%, i 5 Stelle scendono al 25,9 per cento. Un segnale politico di stanchezza evidente verso il Movimento proprio perché è stato il luogo a interpretare i numeri. Insomma, in Liguria, più che altrove, si può misurare la temperatura a Grillo.
Il 31 maggio ci sarà quindi un altro traguardo e un nuovo sorpasso ma chissà di chi. Di certo se Pd e 5 Stelle gareggiano da due anni in un testa a testa, questo non esclude che il centrodestra possa vincere. Sfruttando proprio la possibilità che i voti del Pd vadano sui grillini e sfruttando la divisione a sinistra del Pd. E dunque se negli ultimi anni il centrodestra è stato ben dietro (nel 2013 il Pdl arrivò al 18% ma nel 2014 Forza Italia scese al 13,8%) non è detto che la partita sia persa.
E qui si arriva anche a Silvio Berlusconi che trova nella Liguria il suo test più grande. Non in Veneto dove la partita è vinta ma è tutta in mano alla Lega di Zaia e Salvini. Non in Campania dove ricandida Caldoro e dunque la sfida è non perdere. Né nelle regioni “rosse” del Centro che probabilmente deprimeranno ancora di più la media dei consensi a Forza Italia. L’unico riscatto, insomma, potrebbe essere la “lotteria” della Liguria dove Berlusconi ha costretto la Lega ad accettare il suo candidato, Giovanni Toti, consigliere politico e uomo del cerchio magico. Dunque a candidarsi non è solo un fedelissimo del Cavaliere ma la nuova formula di Forza Italia, tutta arroccata sul Cavaliere e sull’inner circle di Arcore. La sconfitta conclamerebbe la fine di una storia e di un leader ma una vittoria - invece - rimetterebbe in pista un Cavaliere debole ma comunque ingombrante per una rinascita del centrodestra. E che potrebbe rifare un patto con un Renzi sconfitto dalla sinistra in Liguria e sotto attacco in Parlamento dalla minoranza. Un mutuo soccorso tra i vecchi azionisti del Nazareno.