mercoledì 20 maggio 2015

La Stampa 20.5.15
Regionali, per il rush finale il Pd si affida a Renzi e Boschi
Si punta sul loro effetto-traino
In campo anche Cuperlo e Bersani
di Carlo Bertini

Anche se il mood «è che vinciamo sei a uno», la paura del 4 a 3 c’è sempre. È vero che i sondaggi danno i candidati Pd in testa anche in Campania e Liguria, ma di questi tempi nulla si può dare per certo, specie dopo le polemiche sulle liste di impresentabili e l’insidia della sinistra anti-renziana in campo. Quindi si corre ai ripari e per drenare il più possibile consensi i due massimi testimonial del governo si spenderanno in tour in prima persona, Matteo Renzi naturalmente, ma anche Maria Elena Boschi, che ormai ha un suo format collaudato e che già si è fatta un primo giro con la Paita a Genova. Nell’ultimo miglio, la settimana finale di campagna elettorale, saranno loro due a correre nelle regioni in bilico, perché nella war room del partito si conta sul loro effetto traino anche tra i militanti più insofferenti.
E dunque le sorti di questa campagna, specie nelle regioni più a rischio, con astensione in crescita costante, rischio di voto disgiunto, le può decidere in alcune zone la presenza fisica del leader. Richiesta massimamente dai candidati che più hanno bisogno di spinta: non a caso il premier chiuderà la campagna venerdì sera a Genova, in quella Liguria che sarà lo snodo cruciale di queste regionali. Dove anche la vittoria azzoppata della Paita può far gioco, «perché se pure non prenderà la maggioranza del consiglio regionale, le larghe intese locali potrebbero favorire un accordo al Senato sulle riforme con Forza Italia», confessa uno dei vertici del partito. Insomma Renzi in varie zone potrebbe giocare il ruolo che ebbe Berlusconi quando diede la sua benedizione a Cappellacci in Sardegna: quello del kingmaker è un fattore che dirigenti locali e nazionali del Pd hanno ben presente, tanto che tutti spingono affinché nell’ultimo miglio conceda la sua presenza in tutte le regioni, Veneto compreso, dove le speranza di vittoria sono al lumicino. E il premier le dovrebbe toccare tutte. Gli uomini di Renzi mettono i puntini sulle i: alternerà occasioni istituzionali, visite in aziende in crisi o altro, a iniziative elettorali. L’agenda è in costruzione, ma sabato sarà a Napoli con De Luca; lunedì ad Ancona, dove il governatore uscente Spacca ora è schierato con il centrodestra. Insomma, oltre ad andare in tivvù a parlare di pensioni, di lavoro e di ripresa, il premier girerà senza risparmiarsi. Ma a fare la sua parte sarà anche la Boschi: nel week end sarà in Umbria e Toscana, poi andrà in Veneto e Liguria e forse in Campania, le regioni in sospeso. Il suo format, rispetto a quello renziano che si traduce in un «one man show», è fisso: fa parlare prima il candidato, poi per venti minuti svolge la sua narrazione su «dove eravamo 14 mesi fa», parla delle riforme fatte, italicum, jobs act, con un passaggio finale sul Pd: «Negli spogliatoi si può discutere, poi in campo tutti con la stessa maglia».
E per non rischiare accuse di diserzione, pure i dissidenti hanno deciso di spendersi, malgrado costi loro non poca fatica dopo gli strappi con il leader. «A differenza di quel che pensa Renzi, noi non lavoreremo mai contro il nostro partito»: imbottito di antibiotici, reduce da un’influenza, pure Gianni Cuperlo farà il suo tour elettorale: Veneto, Pisa, Avellino, per dimostrare di non remare contro. Certo è scomodo fare campagna elettorale per un governo che fa cose non potabili come l’Italicum o il jobs act. «Come faccio? Difendendo le ragioni del Pd ma non mascherando i dissensi che ci sono». Non va in Liguria e Campania «perché non mi hanno invitato». Però in entrambi i casi voterebbe allineato. E se pure controvoglia, anche Pierluigi Bersani remerà per la «ditta». Domani a Napoli, lunedì a Padova e poi sbarcherà pure a Genova, come dimostrazione di massima lealtà.