venerdì 1 maggio 2015

Il Sole 1.5.15
Renzi preoccupato per i saldi: non sarà facile
di Davide Colombo


ROMA La riforma delle pensioni varata dal Governo Monti con il decreto “Salva Italia” del 2011 prevedeva tre tipi di interventi per ridurre la spesa previdenziale: misure con effetti immediati (come il blocco per il 2012 e il 2013 della rivalutazione automatica di tutte le prestazioni pari o superiori a tre volte il minimo), misure con effetti sulla fase di transizione (come l’abolizione del meccanismo delle «finestre» e del sistema delle «quote») e misure con effetti di lungo termine (come l’aumento dell’età di vecchiaia).
La sentenza della Consulta di ieri ha intaccato per la seconda volta il primo gruppo di norme, dopo aver cancellato il contributo di solidarietà sulle pensioni oltre i 90mila euro. Con un impatto sui saldi notevole e certo: 1,8 miliardi per il 2012 e circa 3 miliardi per il 2013, secondo l’Avvocatura dello Stato. Ma è prevedibile un conto ben maggiore, anche oltre 6 miliardi per l’effetto trascinamento sui saldi del biennio successivo al blocco. «Stiamo verificando l’impatto che la sentenza della Consulta può avere sui conti pubblici, non sarà una prova facile ma non siamo molto preoccupati» hanno fatto sapere in serata fonti di Palazzo Chigi, sottolineando poi che «siamo al governo per risolvere questioni complesse, quindi calma e gesso: studieremo la sentenza e troveremo la soluzione».
La maggiore spesa imprevista che si determina con la sentenza della Consulta non certo prevista nel Def appena inviato a Bruxelles e sul quale già pesa l’incognita da 1,7 miliardi per l’eventuale bocciatura delle norme sullo split payment e sul reverse charge per la grande distribuzione. Mentre gli effetti dell’altra bocciatura di febbraio della Corte, quella sulla Robin Tax, sono stati inseriti nei tendenziali (700 milioni di minori entrate nel 2015 e circa 800 milioni a decorrere dal 2016).
Alla luce di questa nuova situazione le ipotesi che si fanno di utilizzo del cosiddetto “tesoretto” da 1,6 miliardi, indicato nel differenziale tra il disavanzo tendenziale e quello programmatico per l’anno in corso, tornano a ballare. Ieri il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, s’è detto «stupito» per l’assenza di un bilanciamento rispetto all’articolo 81 della Costituzione. E poi, pur riservandosi di leggere la sentenza, ha avanzato un ragionamento fin troppo chiaro: «quel blocco (delle indicizzazioni, ndr) dev’essere interamente superato, determinando, sembrerebbe, conseguenze di tipo strutturale sul bilancio che riguardano anche tutti gli anni dopo il 2013».
La scure della Consulta rischia di condizionare anche un altro dibattito che si sta sviluppando ormai da mesi per chiedere una maggiore flessibilità sulle regole del pensionamento. Secondo le analisi contenute nel Def, da quest’anno, in presenza di un Pil in crescita, si aprirebbe un quindicennio di spesa previdenziale in decrescita (anche se aumenterà ancora del 2,7% l’anno tra il 2017 e il 2019 contro una spesa corrente in aumento solo dell’1,3%). Ma si tratta, appunto, di tendenze scritte con la clausola delle politiche invariate. Toccare la flessibilità rimetterebbe invece in discussione quei trend se gli interventi non venissero accompagnati da coperture certe e strutturali.
Facciamo solo due esempi tratti dalla relazione tecnica del Governo al «Salva Italia». L’abolizione del meccanismo delle «finestre mobili» e delle «quote» e le penalità per le pensioni anticipate: 1% dell’importo maturato della pensione per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 per i primi due anni e del 2% per ogni anno successivo. Due misure con effetti, appunto, sulla fase transitoria e che garantiscono una minore spesa pensionistica per 5 miliardi di euro nel 2015 e 10,9 miliardi di euro nel 2018. Per l’anno prossimo i tecnici del Governo sono impegnati a ridurre strutturalmente di 10 miliardi la spesa per scongiurare l’aumento automatico di Iva e accise. Risulta che quattro miliardi ancora manchino all’appello. Un’altra cifra da tenere in mente prima di mettere in campo nuovi (e onerosi) interventi previdenziali