venerdì 1 maggio 2015

Corriere 1.5.15
Un avviso al governo


È incostituzionale far cassa sulle pensioni, specialmente se di importo medio-basso, anche quando la situazione è di emergenza. Questo significa la sentenza depositata ieri dalla Corte costituzionale sul blocco dell’adeguamento delle pensioni superiori a tre volte il minimo deciso alla fine del 2011, per i due anni successivi, dal governo Monti col decreto Salva Italia. Non è lecito a nessun governo bloccare il potere d’acquisto delle pensioni di importo modesto, dice la Corte. Che, per questa platea, conferma la linea di difesa dei diritti acquisiti. Le ripercussioni per il bilancio pubblico saranno pesanti e permanenti, con un aggravio di spesa di alcuni miliardi ogni anno.
La sentenza ovviamente si può discutere. Ma il governo e il Parlamento devono innanzitutto prenderne atto, al fine di evitare nuovi e costosi infortuni. Tanto più in questa fase dove è aperto un dibattito sulla opportunità o meno di intervenire sulle pensioni liquidate col vecchio e generoso calcolo retributivo. Un dibattito che ha mille buone ragioni, pro e contro lo stesso concetto di «diritti acquisiti», che non si esaurisce nei confini del diritto costituzionale e che sarebbe sbagliato abbandonare. Ma chi ha la responsabilità di decidere, cioè governo e Parlamento, si muove su un piano diverso, che non può prescindere dalla sentenza di ieri. La lezione è questa: per far cassa bisogna ingegnarsi e trovare soluzioni diverse dal facile taglio delle pensioni.