Il Sole 13.5.15
Scuola
Merito e presidi, restano i nodi
Da domani Ddl in aula, ma su scelta dei prof e contrattazione sono difficili altre modifiche
di Eugenio Bruno
Roma Almeno alla Camera il cantiere sulla «Buona Scuola» si avvia lentamente alla chiusura. A meno di colpi di scena dell’ultim’ora il disegno di legge con la riforma dell’istruzione è atteso domani nell’aula di Montecitorio, per uscirne entro martedì 19. Dopo la profonda riscrittura avvenuta in commissione gli ultimi nodi sembrano destinati a restare tali. Su merito e poteri dei presidi infatti né il Governo né la maggioranza sembrano disposti ad accogliere altre modifiche. Se ne riparlerà durante il successivo passaggio al Senato. Ma anche in quel caso le chance di successo non sembrano così elevate se è vero che l’esecutivo vuole portare a casa il sì definitivo del parlamento entro il 15 giugno. Così da mettere in moto la macchina per portare in cattedra i nuovi docenti già dal 1° settembre.
Al netto delle correzioni formali e delle indicazioni provenienti dalle altre commissioni di rito (in primis la Bilancio che si pronuncerà oggi, ndr), il testo messo a punto sabato dalla commissione Istruzione dovrebbe uscire confermato dall’imminente passaggio in assemblea. Difficilmente i temi che i sindacati hanno riproposto al governo nell’incontro di ieri a Palazzo Chigi (su cui si veda altro articolo a pagina 4) potranno trovare spazio nel Ddl. Specie quelli che sembrerebbero stare più a cuore alle sigle sindacali. Su chiamata dei prof e premi al merito il Pd (se si eccettua la minoranza) è convinto di aver modificato tutto il modificabile.
Sul primo punto, per effetto del restyling già introdotto, i dirigenti scolastici potranno solo scegliere i docenti dell’organico dell’autonomia - cioè il contingente aggiuntivo destinato a rafforzare l’offerta formativa o a svolgere le supplenze inferiori ai 10 giorni - pescando dagli albi territoriali (all’inizio provinciali, dal prossimo anno sub-provinciali) e tenendo conto anche delle autocandidature dei prof. Insegnanti che, dal canto loro, svolgeranno un colloquio, saranno giudicati sulla base del curriculum e dovranno comunque accettare l’incarico.
Stesso discorso, come detto, per il merito. L’ipotesi che i 200 milioni per la retribuzione di risultato dei professori siano gestiti attraverso la contrattazione collettiva non piace al governo che sulla valutazione di docenti e dirigenti vuole dare un segnale di discontinuità. Avere affidato a un comitato misto formato da due docenti e altrettanti genitori (che alle superiori scendono a uno e vengono affiancati da uno studente) la fissazione dei criteri per l’assegnazione dei “bonus” viene considerata la massima apertura possibile. Ma la scelta dei nomi da premiare - sostengono dalla maggioranza - va lasciata al preside. E anche sull’aumento dei precari da stabilizzare, dopo la “sanatoria” per gli idonei del concorso 2012 a partire dal 2016, non paiono esserci altri margini di trattativa.
Tornando alla cronaca parlamentare l’esame in commissione Istruzione dovrebbe formalmente chiudersi oggi con l’ok del mandato alla relatrice Maria Coscia (Pd). All’appello manca solo il parere della Bilancio che è atteso per stamattina. Tutte le altre commissioni si sono pronunciate ieri. Delle varie osservazioni arrivate (non tantissime per la verità) spiccano quelle delle Finanze sull’opportunità di precisare se il credito d’imposta del 65%, il cosiddetto «school bonus», sia cumulabile con la detrazione da 400 euro per le paritarie che in commissione è stata estesa dalle elementari e medie alle superiori. Un parere di cui tenere conto perché formalmente «rafforzato».