domenica 31 maggio 2015

Corriere La Lettura 31.5.15
L’uomo è l’asteroide della sesta estinzione
Il teologo anglicano invita a cambiare approccio
Non siamo padroni del creato, ma creature tra le creature
di Marco Del Corona


La quinta delle estinzioni di massa che hanno segnato la storia della vita sulla terra si è consumata 65 milioni di anni fa: scomparvero i dinosauri, tutto cambiò. Se allora decisivi furono «gli effetti della caduta di un asteroide, adesso che è in atto la sesta estinzione — sostiene Richard Bauckham — siamo noi uomini l’asteroide».
Bauckham è un teologo anglicano. Il mondo è per lui il creato, l’opera di Dio, e l’allarme per la sorte della natura diventa immediatamente una questione, appunto, teologica. «È importante per i cristiani avere una prospettiva di questo tipo — spiega da Cambridge in una conversazione con “la Lettura” — perché in passato la visione dell’ambiente è stata profondamente influenzata dalla teologia. Tuttavia ha incoraggiato un approccio antropocentrico che pone il creato in una posizione subalterna all’uomo. Ecco: questa è una concezione che va corretta. Perché nelle Sacre scritture sono presenti tutti gli elementi per sostenere che l’uomo debba assumersi la responsabilità della creatura stessa».
Lunga attività di docente, Bauckham ha dedicato molte energie intellettuali alla riflessione sulla visione della natura in chiave cristiana. Oggi a Vicenza, per il Festival Biblico, andrà alle radici del problema con una lezione sull’aspetto «comunitario» della creazione, nell’ambito della quale l’uomo è una creatura fra le creature. Siamo dunque tutti fellow-creatures , secondo la sua espressione. Alla pari. Ecco perché lo angoscia l’idea della «sesta estinzione» ed ecco perché bisogna cercare lontano, già nella Genesi , la chiave per affrontare quella che è a tutti gli effetti una minaccia per l’uomo contemporaneo.
«L’estinzione delle specie che si sta consumando così rapidamente — aggiunge Bauckham — naturalmente non è un tema sollevato dalla Bibbia. Tuttavia, quando si pone un tema nuovo per l’uomo occorre tornare alle fonti e osservarle in modo nuovo, interrogandole». Nel suo intervento vicentino Bauckham farà riferimento al primo capitolo della Genesi , mostrando come la successione delle sei giornate della Creazione non costruisca affatto una gerarchia di valori nella quale l’uomo sia in cima, e due Salmi , il 104 e il 148. Perché quest’insistenza sull’ Antico Testamento ? Nel Nuovo non c’è nulla che corrobori le sue argomentazioni? «Le basi della teologia cristiana sulla creazione stanno lì, nell’ Antico Testamento . Il Nuovo Testamento non smentisce l’ Antico , al contrario lo dà per acquisito». Lo arricchisce, lo compie. «Certo non lo considera obsoleto. In un certo senso è come se il Nuovo Testamento fosse un sequel coerente. E comunque la Genesi è un libro profondamente presente nella tradizione cristiana, con le sue immagini e con il suo significato».
Si potrebbe andare oltre, dunque. «Il Nuovo Testamento tratta della salvezza. Ma se a Vicenza avessi avuto a disposizione più tempo, avrei continuato il mio discorso mostrando come la redenzione di Cristo non riguarda solo l’uomo, ma anche il mondo nella sua interezza. L’uomo è parte del mondo». Cristo redime l’uomo e il mondo insieme. Come sottolinea il teologo nella sua lezione di oggi, la narrazione nelle pagine della Genesi non procede su base di valore, gerarchica, ma su base spaziale: la Creazione avanza per «ambienti», la luce, cielo e mare, la terra, i corpi celesti, pesci e uccelli, infine gli animali terrestri con l’uomo. Una «celebrazione della biodiversità», sostiene Bauckham. «L’uomo, creato alla fine della sesta giornata, non è il culmine e l’obiettivo della narrazione, che infatti continua fino al settimo giorno, lo Shabbat, il riposo di Dio. Dunque l’obiettivo della creazione è la gloria di Dio».
La sesta estinzione di cui siamo testimoni potrebbe però non essere il culmine della distruzione. Nulla impedisce che l’uomo estingua se stesso. E se una settima estinzione portasse alla scomparsa dell’uomo? «Il riscaldamento globale — risponde Bauckham — ha posto questa questione, ricordandoci che siamo così legati alla creazione che se qualcosa va male intorno a noi, va male per noi. Tra i cristiani, peraltro, è diffusa la convinzione che Dio non permetterà che si arrivi a tanto. Siamo portati a pensare che ponendoci al fianco del Signore scamperemo all’autodistruzione. Io penso che abbiamo ragione di sperare che sia così, ma non possiamo darlo per garantito».
Si apre, su questi temi, un terreno comune con le diverse confessioni cristiane, dai cattolici agli ortodossi, passando per la sterminata galassia del protestantesimo. «Non vedo alcun problema perché le altre chiese condividano la mia lettura. Posso dire che su questi argomenti non esistono divisioni, siamo tutti molto ricettivi. Lo stesso vale per gli altri monoteismi. Nel dialogo dei cristiani con l’islam uno degli aspetti meno problematici, anzi di maggior vicinanza, è proprio quello della creazione. Il fatto che il cuore della questione sia contenuto nell’ Antico Testamento , infine, fa sì che anche gli ebrei possano condividere quest’approccio».
Per quanto Bauckham avverta che «non siamo esseri indipendenti che possano ergersi sopra la distruzione del resto della natura» e che restiamo «parte integrante della comunità interdipendente del creato», nessuno può nascondersi che il gioco è reso più complicato dal ruolo della scienza. Ormai ben più di una mera estensione dell’intelligenza dell’uomo. «Nel suo approccio alla natura — commenta il teologo — l’uomo ha un’indiscutibile abbondanza di talenti. Ma per quanto certi ritrovati, ad esempio nella medicina, siano benvenuti, l’insieme traccia scenari pericolosi. La tecnologia dev’essere impiegata con rispetto: la sua storia moderna prova che accanto agli esiti anche negativi previsti e calcolati, moltissimi danni sono stati provocati contro le nostre intenzioni. Occorre riscoprire il valore della modestia, il senso dell’umiltà quando si maneggia la scienza. Io invoco una tecnologia soft».
Non è dalla politica che si possono avere ragionevolmente suggerimenti illuminanti. «Non vedo leader credibili su questo fronte. La politica deve rispondere a sollecitazioni e obiettivi sul breve periodo, la democrazia soffre dei tempi stretti, dell’assillo perenne dell’essere eletti. E se penso al mio Paese, la Gran Bretagna, dalla crisi del 2008 il governo si è totalmente concentrato sull’economia e le questioni ambientali, cambiamento del clima in testa, sono passate sullo sfondo». Va meglio con i leader religiosi? «Sì. Una visione come la mia è sempre più condivisa fra i vescovi della Chiesa d’Inghilterra. Le personalità religiose sono molto più avanti della politica nella riflessione sulla natura e sull’ambiente: sull’argomento sento vicino anche il Papa emerito Benedetto XVI».