Corriere 8.5.15
Johnny va alla guerra come Ulisse Fenoglio ritrova il suo ritmo segreto
Il capolavoro partigiano secondo il disegno dell’autore, a cura di Gabriele Pedullà (Einaudi)
di Paolo Di Stefano
Pensare che Beppe Fenoglio ha vissuto solo quarant’anni (1922-63), e pensare a tutto quel che ha scritto. Racconti e romanzi, pochi editi in vita e molti pubblicati postumi, in una intricata matassa di rapporti che gli studiosi hanno provato a sbrogliare in modi diversi. E che studiosi: da Maria Corti a Gianluigi Beccaria a Dante Isella. Ogni discorso su Fenoglio non può che partire dal tormento editoriale. Il suo primo racconto appare nel 1949. L’anno dopo Vittorini gli rifiuta La paga del sabato (che invece piace molto a Calvino), consigliandogli di trarne dei racconti. Fenoglio segue il suggerimento, e nel 1952 esce nei «Gettoni» la raccolta di 12 racconti I ventitre giorni della città di Alba. Nel 1953, in una lettera a Vittorini, quasi a confermargli la fiducia, Fenoglio dice di non riconoscersi (ancora) il «fondo del romanziere», ma l’anno dopo, nella stessa collana einaudiana, appare il racconto lungo La malora. Bisogna aspettare l’aprile 1959 per avere un vero romanzo, Primavera di bellezza, nuovo risultato di una complessa trattativa con l’editore — non più Einaudi ma Garzanti — e di un compromesso, anzi di un nuovo cedimento alle sue richieste.
È una storia che Gabriele Pedullà illustra bene nella acuta introduzione (un libro nel libro) a Il libro di Johnny (Einaudi). In breve: a metà 1958, dopo un interminabile lavoro di scrittura e riscrittura (avviato in inglese e trasferito poi in italiano), Fenoglio ha tra le mani un dattiloscritto di circa 800 pagine: la prima parte, che considera quasi definitiva, decide di sottoporla all’editore con l’intenzione di pubblicare il libro in due volumi. Garzanti trova faticose quelle prime pagine e consiglia «qualche taglio»: neanche vuol pensare a un romanzo a tappe. Fenoglio ci pensa su e abbandona l’idea dei due volumi, taglia le prime 80 pagine, sfoltisce il resto e aggiunge tre capitoli conclusivi in cui fa morire rapidamente il suo protagonista, Johnny, nella prima azione di guerra: ecco dunque Primavera di bellezza , salutato per la prima volta da un discreto successo. Ne restano fuori 600 pagine su cui Fenoglio ha lavorato a lungo in almeno tre successive redazioni.
Intanto sviluppa altri progetti, in un nuovo fervore creativo, ma si ammala di tumore e muore nel 1963. Postumo esce, sempre per Garzanti, Un giorno di fuoco , che contiene alcuni racconti e il romanzo breve Una questione privata , in cui nella vicenda resistenziale si inserisce il motivo amoroso. La caccia all’inedito si concentra sul «libro grosso» rimasto nel cassetto, che nel 1968 viene messo insieme da Lorenzo Mondo per Einaudi con il titolo redazionale Il partigiano Johnny . Non è un’edizione filologicamente impeccabile, ma ha il vantaggio di offrirsi come un racconto facilmente leggibile. Nel 1978 Maria Corti propone un’edizione accurata, ma per specialisti; nel ’92 verrà la Pléiade curata da Isella.
Fatto sta che mai abbiamo potuto leggere, come avviene oggi con Il libro di Johnny , il capolavoro della letteratura resistenziale secondo il disegno primitivo di Fenoglio. Di solito la filologia cerca di ricostruire l’ultima volontà dell’autore, ma in questo caso Pedullà ritiene che si debba tener conto delle forzature editoriali e della cedevolezza di Fenoglio. Così, nel nuovo volume (quasi 800 pagine) compare la prima parte di Primavera di bellezza (che avrebbe dovuto essere il titolo complessivo dell’opera) e si può seguire l’intero ciclo di Johnny così come Fenoglio l’aveva concepito prima che intervenisse la lettura garzantiana.
I vantaggi sono molteplici. Da un lato ritrova il suo respiro originario la dimensione epica che già Isella metteva in risalto, ma soprattutto si rivela più chiaramente la volontà di Fenoglio di rifarsi alla bipartizione dell’ Eneide : peregrinazioni di Johnny-Ulisse nella prima parte e guerra (Langhe come Troia) al centro della seconda. Molto altro troverete nel «libro» di Pedullà: sulla macrostruttura, sulle numerose sfumature ideologiche (l’anticomunismo di Fenoglio) e sentimentali, sulla vicinanza tra autore e personaggio, sulla svolta resistenziale del protagonista e sui nodi ora ritrovati con molti sviluppi che prima rimanevano incompresi. E soprattutto troverete, nel Libro, quell’avvicendarsi di quiete e di eccitazione che è davvero il suo «ritmo segreto».