giovedì 28 maggio 2015

Corriere 28.5.15
Dossier « impresentabili»
I partiti contro Bindi Lei: me lo chiede la legge
La presidente dell’Antimafia: finire prima? Impossibile
Caos tra i «nominati». Oggiano: se colpevole mi suicido
di Monica Guerzoni


ROMA La black list dell’Antimafia ha scatenato il caos. C’è l’impresentabile che minaccia il suicidio e ci sono i partiti scatenati contro Rosy Bindi. Gli stessi partiti che, all’unanimità, approvarono il codice di autoregolamentazione che ha ispirato la verifica. Domani, alla vigilia del silenzio elettorale, la commissione scoperchierà il pentolone della Campania e la lista degli impresentabili sarà completa. Nell’attesa, la polemica rischia di superare il livello di guardia e la Bindi, per respingere l’assalto, affida a una nota dell’Antimafia la risposta a «obiezioni e interrogativi».
La commissione ricorda di avere per legge «il compito di indagare sul rapporto mafia politica» e di monitorare i tentativi di infiltrazione negli enti locali. Quanto ai reati considerati «ostativi» alla candidatura, sono quelli del codice approvato il 23 settembre 2014, che ha reso i limiti «più stringenti e rigorosi» rispetto alla legge Severino. Per la commissione la soglia tra bene e male è il decreto che dispone il rinvio a giudizio o la sentenza (anche non definitiva) di primo grado.
Accusata da più parti di strumentalità e sospettata dai renziani di aver ordito un complotto per indebolire il premier, la Bindi chiarisce che il «controllo di conformità» su oltre 4 mila nominativi rientra tra i compiti istituzionali della commissione. La accusano di aver tirato fuori i nomi in «zona Cesarini»? E lei rispolvera il predecessore Giuseppe Pisanu, il quale effettuò il controllo sulle liste «solo dopo le elezioni del 2009 e impiegando diversi mesi». Lei è il primo presidente, rivendica tra le righe, a offrire «un contributo di conoscenza preventivo». Ma la verifica non poteva iniziare prima? No. «Non prima che fossero completati tutti gli adempimenti previsti dalla legge in merito alle candidature». E perché il lavoro si è impantanato? Perché in Italia, si giustifica, non esiste «un sistema informativo unico sui dati giudiziari». Venerdì l’elenco sarà completo. E se i partiti protestano, la Bindi li invita alla coerenza: «La scelta e il complesso percorso di verifica sono stati sempre concordati e condivisi in ufficio di presidenza».
Lupi, Schifani e Quagliariello di Ap parlano di «autogol dell’Antimafia». Il sottosegretario Del Basso De Caro (Pd) definisce l’intervento dell’Antimafia «tardivo e inopportuno». Forza Italia, con Brunetta, sprona Bindi perché prenda posizione su De Luca, «il più impresentabile di tutti». E via così, un crescendo che culmina con Grillo che accusa di omertà «Rosy Boccacucita Bindi».
Resi i noti i nomi dei quattro pugliesi non in linea con il codice etico, mancano all’appello una decina di candidati campani. Un numero ufficiale non c’è ed è impossibile determinarlo, perché sono ancora in corso le verifiche su 400 fascicoli arrivati (in grande ritardo) dalle Province. «Non abbiamo mai detto che nell’elenco ci sono 17 nomi — smentisce le voci il vicepresidente Claudio Fava —. Cifre da cabala campate in aria». E mentre l’Antimafia verifica le posizioni di sindaci e amministratori di Comuni sciolti per mafia — con il rammarico di non poter inserire nella lista nera le mogli (incensurate) candidate al posto di mariti poco raccomandabili — la rivolta dei partiti riflette gli umori del territorio. I quattro pugliesi fanno a gara nel dirsi virtuosi. «Sono innocente», giura Oggiano. «Se colpevole, mi suicido», drammatizza Copertino. Palmisano annuncia esposti contro l’Antimafia. E Ladisa: «Io non mi ritiro».