Corriere 24.5.15
Spagna: prova generale per gli «anti-casta»
Oggi si vota in 10 regioni e 8 mila municipi. Podemos e Ciudadanos sfidano il bipartitismo storico Ma i sondaggi confermano i popolari al primo posto, mentre il Psoe dovrà lottare per il secondo
di Andrea Nicastro
«Sarà la fine del bipartitismo». «La balcanizzazione della Spagna». Ma anche «il sigillo sulla frattura generazionale: vecchi garantiti e benestanti contro giovani precari e poveri». L’indecisione sul voto amministrativo spagnolo di oggi attanaglierà un terzo degli elettori fin dentro il seggio. Poi, stasera, parleranno i numeri. Intanto però c’è un precedente, di appena due mesi fa, che fa suonare un allarme in tutta Eurolandia: le elezioni in Andalusia, la più grande delle regioni spagnole. Lì successe ciò che, secondo i sondaggi, potrebbe accadere oggi: calo dei partiti tradizionali, crescita degli anti-casta e degli anti-sistema, conseguente stallo amministrativo. In Andalusia i socialisti confermarono d’un soffio il loro tradizionale primo posto, ma, dopo 62 giorni, non riescono ancora a governare. I nuovi partiti che potrebbero formare con loro una «junta» hanno paura di sporcarsi le mani. Prima di esporsi a una prova di governo hanno preferito aspettare il voto di oggi in altre 10 Comunidad (Regioni) e negli 8mila municipi spagnoli. Il giochetto del rinvio potrebbe ripetersi domani. La politica spagnola rischia così sei mesi di ibernazione fino alle elezioni generali di novembre, quando in palio ci sarà il governo del Paese. Nel frattempo chi garantirà i conti pubblici?
Ricordate il dibattito italiano su governabilità e legge elettorale? Era il gennaio 2014 e in Italia qualsiasi leader, da Renzi a Berlusconi a Grillo, lodava il sistema spagnolo che grazie ad un maggioritario mascherato assicurava stabilità e democrazia alternando al potere i due grandi partiti del post dittatura, il Popular (Pp) e il Socialista (Psoe). Ora quelle stesse regole possono italianizzare Madrid.
In un anno e mezzo non sono cambiate le leggi, ma il corpo elettorale. Colpa della Grande Crisi. I due protagonisti di sempre non piacciono più abbastanza: corruzione e stangate fiscali ne hanno compromesso il fascino. Sul mercato politico sono comparse due formazioni giovani, con leader telegenici, brillanti. Prima è sbocciato Podemos, il partito figlio degli Indignados, apparentato con l’estrema sinistra greca di Syriza, impegnato nella lotta alla «casta» tanto politica quanto, ed è il punto più qualificante, finanziaria. Podemos ha raggiunto ad inizio 2015 il 30% delle intenzioni di voto: si fossero aperte le urne in quelle settimane sarebbe stato il primo partito del Paese e il suo segretario Pablo Iglesias premier. In pochi mesi, però, è cresciuta la concorrenza di Ciudadanos: stessa ferocia anti-corruzione, stessa verginità di fronte ai sacrifici dell’austerity, ma un messaggio meno rivoluzionario in economia. La proposta dei «Cittadini» guidati da Albert Rivera è di «rigenerare» invece che «cambiare».
Il moltiplicarsi delle alternative favorisce comunque i due partiti storici. I pronostici vedono il Partido Popular del premier Mariano Rajoy confermare il primo posto, ma perdere molti consensi. I socialisti contenderanno la seconda posizione a Podemos, Ciudadanos chiuderà il gruppo. Per intendere la portata dello tsunami che si profila serve ricordare che nel 2008 la somma di Pp e di Psoe era l’84%, nel 2011 era il 73%, mentre nel 2015 rischia di scendere sotto il 50%. Se anche i candidati popolari alle poltrone di sindaco o di presidente regionale risulteranno i più votati, per governare davvero saranno costretti a formare coalizioni e, come in Andalusia, non sarà facile.