venerdì 1 maggio 2015

Corriere 1.5.15
Screzi Vaticano-Turchia, a ciascuno il suo ruolo
risponde Sergio Romano


Francesco, il Papa che si è costruito la reputazione di essere più parroco che Pontefice, lui che dice «chi sono io per giudicare», è intervenuto nei rapporti con la Turchia. Come si spiega la sua condanna esplicita del massacro degli armeni, avvenuto cento anni fa da parte del governo Ottomano (non turco), se non come la volontà di mantenere i turchi fuori dall’Europa «cristiana»? Quando si discute su chi si oppone in Europa all’ingresso della Turchia in Europa, forse si sottovaluta la posizione e l’influenza del Vaticano che è nettamente ostile. Quanto ai rapporti fra gli Stati Uniti e Cuba, sembra che di nuovo il Vaticano abbia avuto un ruolo chiave. Dunque, nonostante i modi da parroco, questo Papa non e’ poi tanto diverso dai suoi predecessori che hanno sempre avuto anche loro una politica estera. Allora si può cominciare a intravedere una «Dottrina di Francesco»?
Enrico Guisa

Caro Guisa,
Approfitto della sua lettera per una precisazione. Papa Francesco non ha definito «genocidio» il massacro degli armeni, e le parole usate in quella circostanza non sono nuove. Dal resoconto dell’ Osservatore romano del 13/14 aprile, Francesco, nel corso di un incontro con il presidente della Repubblica armena e il Catholikos Karekin II, il 12 aprile, ha colto un’occasione (la proclamazione di San Gregorio di Narek «Dottore della Chiesa») per dichiarare: «La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come “il primo genocidio del XX secolo” (…) ha colpito il vostro popolo armeno». Le parole virgolettate all’interno della frase sono tratte dalla dichiarazione congiunta di Giovanni Paolo II e Karekin II a Etchmiadzin, (la città sacra degli armeni a 20 km da Erevan) il 27 settembre 2001. Ma nella stessa occasione Francesco ha consegnato alle autorità civili e religiose dell’Armenia un messaggio in cui è detto, tra l’altro: «un secolo è trascorso da quell’orribile massacro che fu un vero martirio del vostro popolo, nel quale molti innocenti morirono da confessori e martiri per il nome di Cristo».
Nel corso di un intervento dedicato in buona parte ai pericoli che minacciano la sorte del cristianesimo medio-orientale, il Papa non poteva usare espressioni meno incisive di quelle del suo lontano predecessore. Ma in un altro testo ha preferito usare la parola «massacro». Diplomazia vaticana? Forse, ma il governo turco ha preferito ignorare la cautela del Papa e ha convocato il nunzio per manifestare il suo disappunto. Non ho l’impressione, tuttavia, che questo annunci una crisi dei rapporti turchi con la Santa Sede. Ciascuno dei due Stati ha fatto la sua parte ed è pronto, probabilmente, a voltare pagina.
Lei non ha torto, tuttavia, quando osserva che l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea non piacerebbe alla Chiesa. Ma non credo che la Santa Sede abbia motivi per preoccuparsi di una tale prospettiva. Come è stata scritto da Ricardo Franco Levi sul Corriere e da me su questa pagina, i tempi non sono maturi. Quanto all’esistenza di una nuova dottrina riferibile a Francesco, penso che nel caso di questo Papa converrebbe parlare di stile piuttosto che di dottrina.