Corriere 14.5.15
Gessetti colorati, Treccani alle spalle Il maestro Matteo e «L’attimo fuggente»
di Paolo Conti
Niente giacca (la cravatta sì), maniche della camicia arrotolate, una lavagna scolastica classica, non interattiva ma nemmeno austera da riforma Gentile, ha i bordi color verde chiaro-alternativo, allegra come i gessetti usati per lo stampatello, però alle spalle una solida libreria che accoglie l’intera Treccani. Il maestro Matteo Renzi comunica così, saltando ogni mediazione e quindi le incognite del contraddittorio, i suoi «punti» («della parola riforma non ne possiamo più») sulla scuola. Una vera lezione di 17 minuti e 39 secondi in cui le suggestioni kennediane (la camicia) si mescolano ai ricordi nostrani dei monologhi di Berlusconi per approdare — quando parla con trasporto del valore del latino, della storia dell’arte, della musica e della cultura umanista — a un retrogusto de L’attimo fuggente , il film di Peter Weir in cui il professor Robin Williams ammalia gli alunni. Perché i veri destinatari della comunicazione (la lavagna, lo stampatello) sono loro, i ragazzi. Certo, anche i professori. Ma prima ancora gli alunni, rassicurati anche sul fatto che nessuno toccherà le loro vacanze scolastiche. Renzi vuole insomma che siano loro, le nuove generazioni, a giudicare sui suoi «punti»: l’idea dell’alternanza scuola-lavoro, la rivalutazione della cultura classica che formi «più il cittadino che il futuro lavoratore», i fondi destinati agli insegnanti, l’autonomia scolastica. Se Berlusconi citava mamma Rosa, lui porta in scena la sua maestra Eda «che entrava nel bar del mio piccolo paese ed era autorevole mentre oggi il prestigio sociale è venuto meno, colpa anche di noi nuovi genitori». La maestra Eda diventa il simbolo quasi mitico di quella «buona scuola» che Renzi cita all’inizio, in cui le maestre resistono al crollo del controsoffitto o all’assenza della banda larga ma riescono a fondare orchestre in periferia. Non c’è nemmeno uno stacco, segno tecnico che Renzi va di filato senza ripensamenti seguendo solo la propria regia e la propria sceneggiatura (appunto: senza mediazione). Per due volte attacca la burocrazia (le circolari ministeriali, per esempio, detestate da qualsiasi alunno e da ogni professore), usa le parole «sceriffo» e «Rambo» (roba da ragazzi, non a caso) per negare la figura del preside-padrone, assicura che a lui interessa, sì, la crescita del Pil ma che senza la ripartenza della scuola tutto si bloccherà «nella palude e nel chiacchiericcio». Come andrà la riforma, si vedrà. Ma una cosa è certa: il maestro Renzi ha inaugurato un nuovo format della comunicazione istituzionale.