La Stampa 14.5.15
Il fantasma dell’articolo 5 della Nato
di M. Zat.
Mentre si parlava della Libia, e della possibile missione europea che col sigillo Onu potrebbe colpire gli scafisti in terra come in mare, è apparso lo spettro della Uss Cole. Il cacciatorpediniere americano fu centrato nell’ottobre 2000 da commando suicida nel porto di Aden. Non affondò, ma ci furono 17 morti e polemiche senza fine. Allora qualcuno invocò l’art. 5 del Patto Atlantico, disse che era stato attaccato un membro della Nato e dunque l’Alleanza doveva intervenire. Le spalle grosse di Washington chiusero in fetta questa parte del dibattito.
Se arriverà la risoluzione Onu, navi europee solcheranno da luglio il Mediterraneo con funzione di deterrenza e polizia. La bozza del «Concetto di gestione di crisi» anticipata ieri su queste pagine parla di distruzione di barche, depositi e ormeggi, anche sulla costa. «Non ci saranno “boot on the ground”», assicura Federica Mogherini. Vuol dire come minimo che non ci sarà una forza europea in Libia. Ma qualcuno, se si vorrà, quei blitz mirati dovrà pur farli.
«Agiremo nel rispetto della legalità», rilancia Lady Pesc che tiene ogni porta aperta. Manovrare soldati infiamma l’opinione pubblica. Muovere navi è più sicuro. «Però che succede se attaccano un’unità polacca?», chiedeva ieri un diplomatico. Sarebbe una sfida alla Nato da art.5? La domanda non ha ancora risposta, salvo che «non si può restare a guardare». E che si impone una soluzione ferma, capace di sposare l’esigenza di ostacolare gli scafisti coi dubbi, anche di natura politica e strategica, di chi pensa al peggio ogni volta che una flotta lascia il porto per una missione anche offensiva.[m. zat.]