lunedì 11 maggio 2015

Corriere 11.5.15
De Luca e gli «impresentabili» in lista
L’alt di Cantone sui rischi in Campania
Il commissario Anticorruzione: le mafie guardano alle Regioni, no ai condannati in corsa
di Marco Demarco


NAPOLI «Perché non parli?». Tirato in ballo da Roberto Saviano, anzi, strattonato senza l’amichevole riguardo di sempre, Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anticorruzione, si è alla fine deciso a intervenire. Eccolo dunque dire la sua sugli impresentabili nelle liste del centrosinistra campano che appoggiano la candidatura a governatore di Vincenzo De Luca. Da notare che ormai tutti li chiamano così: gli impresentabili, senza più virgolette, come se fossero una corrente politica o una categoria sociale.
«In quelle liste c’è tutta Gomorra», aveva detto Saviano. E prima di lui, ancora più esplicita, Rosaria Capacchione, senatrice pd dell’Antimafia, aveva denunciato «una caccia di voti senza badare alla criminalità organizzata, agli affari sporchi, alle spartizioni indicibili». Cantone conosce bene i fatti, sa ad esempio che la Campania è la Regione dove un amministratore ha cambiato cinque volte schieramento senza mai perdere un voto. E allora il verdetto è questo: le Regioni sono gli ultimi centri di spesa importanti rimasti, le mafie vanno dove ci sono i soldi, le leggi attuali non bastano, urge bloccare le candidature anche di chi ha condanne non definitive per reati gravi e bisogna sciogliere per infiltrazioni mafiose anche le Regioni.
Via sms, Saviano ringrazia. Cantone gli perdona l’accusa implicita di aver taciuto per servilismo nei confronti di Renzi, di non voler mettere in imbarazzo il premier alla vigilia della sua visita a Napoli. E la loro amicizia, almeno quella, è salva. Volano invece gli stracci in casa democrat . Renzi, atteso sabato per l’inaugurazione, dopo 13 anni, della stazione della metropolitana di piazza Municipio, è avvertito. Troverà un partito impegnato in una discussione che ha del paradossale. Derubricato il coworking proposto da De Luca, ignorati i destini del porto e di Bagnoli, segretari di partito, parlamentari, eletti locali e semplici militanti si stanno accapigliando non su un «se», ma su un «quanto». Non se nelle liste gli impresentabili ci sono, ma quanti sono. E paradosso nel paradosso, lo stesso De Luca, che molti di quegli impresentabili li ha selezionati, non nega affatto. «Saranno quattro o cinque», dice nell’ultima assemblea a Napoli. E ha quasi il tono di Totò quando parlava di «quisquilie, bazzecole e pinzillacchere».
Ma di chi parla? Chi sono questi quattro o cinque?
Il lato comico della vicenda è che ognuno crede che parli di chi ognuno ha in mente. «Le liste pd sono pulite, le situazioni imbarazzanti sono in quelle collegate», dice Assunta Tartaglione, segretaria regionale. Parla allora dei centristi dell’ex detestato Ciriaco De Mita, fino al giorno prima ritenuto dallo stesso De Luca «il problema» della politica regionale? O allude ai «neri» come Carlo Aveta, noto frequentatore in camicia nera della tomba di Predappio, e Vincenzo De Leo, del Fronte nazionale di Adriano Tilgher? O forse ce l’ha con Franco Malvano, dal recente passato di candidato berlusconiano a sindaco di Napoli; e con Rosa Criscuolo, compagna di cena di Claudio Scajola alla vigilia del suo ultimo arresto? Macché. Ce ne sono altri.
Ad esempio, Rosalba Santoro, cosentiniana convinta, moglie di Nicola Turco, inquisito per concorso esterno in associazione mafiosa. O Attilio Malafronte, «Mr Calibro 12», come lo ha allusivamente chiamato Il Fatto . Ma i casi davvero clamorosi sono altri ancora. Sono quelli di Casal di Principe e di Melito.
A Casal di Principe, De Luca è andato a pescare Enrico Maria Natale, l’oppositore in consiglio comunale dell’altro Natale, quel Renato che è il simbolo dell’Antimafia nella terra dei Casalesi. A Melito, invece, ha scelto Antonio Amente, oppositore con Forza Italia del sindaco Venanzio Carpentieri, che non è l’ultimo arrivato ma il segretario provinciale del Pd. Ora, in attesa di incontrare nuovamente Renzi, e magari non frettolosamente e senza un caffè in un parcheggio come l’ultima volta a Pompei, De Luca invita a non votare quei quattro o cinque.
Ma poche settimane fa era di tutt’altro avviso, anche perché i sondaggi non davano ancora il M5S primo tra i partiti, al 22 per cento, due più del Pd e di Forza Italia. «Chi dal centrodestra viene con me fa una scelta di vita, di valori, non un cambio di casacca», diceva impettito De Luca. Il suo era addirittura un progetto antropogenetico. Lasciava intendere che rimettendo peccati e riciclando esistenze politiche, sarebbe stato capace di provocare una rigenerazione generale e radicale, dando al Sud ciò che Cantone ancora spera. Una classe dirigente «affidabile e autorevole».