giovedì 2 aprile 2015

Repubblica 2.4.15
Vali Nasr
Gli ex nemici alleati contro un nemico comune lo Stato islamico e il fondamentalismo sunnita
“La fase del disgelo è solo all’inizio così il Grande Satana diventa un partner”
intervista di Alix Van Buren


“Per la prima volta in più di 30 anni, i due Paesi parlano faccia a faccia. Tabù infranto
Ma i nemici dell’intesa, dal Congresso Usa a Israele, cercheranno di modificare il testo e bloccarne la firma”

«LEI ha presente una diga? Bene, l’accordo fra Iran e America aprirà un forellino in quella diga. Però, il foro col tempo s’allargherà. Finché la diga, il muro invalicabile dell’inimicizia fra i due Paesi, crollerà. È inevitabile: succederà. Allora avverrà un riallineamento strategico di proporzioni storiche. E sa cosa arrivo a dirle? Che Washington e Teheran, in prospettiva, potrebbero riavvicinarsi come ai tempi dello Scià. È questo il timore degli Stati arabi sunniti, di chi vuole intralciare l’intesa». Vali Nasr, molto citato esperto di mondo islamico, consigliere del Dipartimento di Stato e autore del preveggente La rivincita sciita, segue il negoziato di Losanna nell’attesa di una soluzione alla proverbiale “undicesima ora”.
Professore Nasr, lei descrive un “forellino” come primo esito del negoziato. Perché tanta prudenza?
«Perché all’inizio l’accordo sarà di modeste proporzioni, ancorato a infinite clausole e cavilli, circoscritto a specifiche azioni in un arco temporale. Gli scettici abbondano, si parla di “dirty deal”, un brutto accordo per entrambi: ciascuno ritiene d’aver concesso troppo, in cambio di poco. In più, da qui al 30 giugno (data della firma definitiva, ndr.) tutto può accadere».
Cosa, ad esempio?
«I nemici dell’intesa cercheranno di bloccarne la firma. Il Congresso potrebbe respingerlo. Israele premerà sui politici e sull’opinione pubblica americana; potrà provocare l’Iran o i suoi alleati per costringere Teheran a ritirarsi dal negoziato: con l’assassinio di scienziati iraniani, col sabotaggio delle centrali, attirando Hezbollah in uno scontro. Infatti l’accordo vieta ogni conflitto aperto fra gli alleati di Teheran e Israele. Però, tutto questo non sminuirà l’autentica portata della svolta di Losanna».
Quanto è importante?
«Per la prima volta in più di 30 anni, America e Iran parlano faccia a faccia. Si è infranto un tabù fondamentale. Il Grande Satana di ieri è diventato, nientemeno, un partner diplomatico. Ma quel che più conta, è che Washington e Teheran ora combattono lo stesso nemico: lo Stato islamico, il terrorismo, il fondamentalismo sunnita. Verrà un tempo in cui America ed Europa capiranno che gli sciiti sono i loro alleati naturali in questa lotta. Già Obama l’ha espresso nella lettera al leader supremo iraniano: dopo un accenno all’accordo nucleare, ha allargato il campo alle “più importanti questioni da affrontare in Medio Oriente”. Come vede, da qui non si torna indietro».
Prenderanno corpo i fantasmi di chi teme le ambizioni imperialiste di Teheran?
«Che l’Iran coltivi ambizioni imperiali è fuor di dubbio. Rispetto a dieci anni fa, la sua influenza si è espansa da Damasco a Beirut e ora anche a Bagdad e Sana’a. Ma la sua è una visione in larga parte difensiva: vede il mondo arabo innatamente ostile nei suoi riguardi. Controllare l’Iraq, ad esempio, significa sventare un enorme pericolo dopo l’invasione da parte di Saddam e la lunga guerra che ha provocato un milione di morti iraniani. Sostenere Hezbollah in Libano serve a tenere occupato Israele, l’arcinemico. Però, l’espansione di Teheran è anche il risultato di fattori indipendenti dalla sua volontà».
Lei sta pensando a errori commessi da altri?
«Penso alle occasioni offerte all’Iran: il collasso del mondo arabo, il vuoto che s’è creato dal 2003 a oggi a causa dell’invasione americana in Iraq, ma anche delle primavere arabe. Il mondo arabo è una sequenza di Paesi falliti o in via di fallimento, e in questo vuoto si intensificano vecchie contese nazionali, sfociate in guerre. Poi, a gettare benzina sul fuoco c’è chi dipinge i conflitti in termini settari ».
Anche nello Yemen, l’Arabia Saudita guida una coalizione sunnita contro gli Houthi alleati di Teheran. Secondo lei non è così?
«Chi insiste nel dirlo, getta gli sciiti nelle braccia di Teheran. Gli Houthi hanno rivendicazioni che risalgono a decenni fa. Sono una piccola tribù zaidita, teologicamente più sunnita che sciita. Ma quando l’Arabia iscrive il conflitto in termini settari, a capo di una coalizione sunnita col sottinteso che i nonsunniti siano non-musulmani, infiamma la maggioranza degli yemeniti, anch’essi sciiti, che chiedono sostegno a Teheran. Tutto questo, in Siria, Libano, Iraq, fa il gioco dell’Iran ».
L’America sostiene l’Arabia nello Yemen. È in contraddizione con l’accordo?
«Le rispondo così: che America e Iran potrebbero allearsi anche nello Yemen. Gli Houthi sono i primi avversari di Al Qaeda, e il vero nemico oggi è Al Qaeda, l’Is e i fondamentalisti sunniti. La convergenza d’interessi fra Washington e Teheran è lampante, e gli sciiti sono gli alleati naturali».
Lei arriva a prevedere un ritorno all’intesa dei tempi dello Scià?
«Perché no? La storia è piena di capovolte simili. Lo temono gli Stati sunniti. Non avverrà domani. Però, nel lungo periodo, non è affatto da escludere».