mercoledì 29 aprile 2015

Repubblica 29.4.15
“Siamo orgogliosi del premio Chi ci accusa è un oscurantista”
Parla Gérard Biard, caporedattore della rivista francese
“Quei sei autori si dimettano da giurati”
intervista di Pietro Del Re


PARIGI. NON ci sta Gérard Biard, capo redattore di Charlie Hebdo, alle critiche mosse al suo giornale da alcuni membri dell’organizzazione letteraria Pen Club. E ribatte con durezza, prendendosela con «gli oscurantisti del pensiero e con il relativismo culturale anglosassone, che produce soltanto disprezzo » nei confronti dell’intero pianeta. «Sono comunque onorato di questo riconoscimento che premia il coraggio per la libertà di espressione, e che andrò a ritirare io stesso a New York il 5 maggio prossimo», dice il giornalista francese.
Signor Biard, sei soci-scrittori del Pen Club sostengono che voi siate una redazione di giornalisti intolleranti. Che cosa risponde a quest’accusa?
«Dovrebbero assumersi le loro responsabilità e lasciare il Pen Club, che è un’organizzazione nata per difendere la libertà d’espressione, dove loro sei non c’entrano nulla. Se avessero un briciolo di coraggio e di coerenza è quello che dovrebbero fare, lasciare il Pen Club, che difende valori nei quali loro non possono riconoscersi».
Secondo questi soci “ribelli”, ma anche secondo alcuni intellettuali francesi, la vostra colpa è di prendervela con la minoranza musulmana di Francia, dunque di essere razzisti.
«Ma chi è razzista? Chi considera che i diritti siano universali e chi sostiene che si possa liberamente decidere se credere o non credere in Dio? Oppure è razzista chi pensa che solo alcuni siano degni di questi diritti?».
E che cosa ribatte a chi vi chiede più rispetto per la religione?
«Vede, non si tratta di rispetto, ma della legittima critica di quei poteri religiosi che vogliono imporre come verità universale la loro visione del mondo. Noi non combattiamo la religione, ma il totalitarismo religioso».
Quanto è importante per voi il riconoscimento del Pen Club?
«Lo è molto, perché è lo stesso premio che fu assegnato a Salman Rushdie, il quale da sempre si batte per la libertà di espressione. E mi chiedo come si sarebbero comportati i sei soci “ribelli” se Rushdie avesse scritto i suoi Versetti satanici, in cui è molto più “intollerante” di noi nei confronti dei musulmani, prima di ricevere il premio dell’organizzazione letteraria. È verosimile che quei soci avrebbero fatto la stessa sceneggiata che adesso fanno con noi».
Parafrasando Pirandello, Rushdie li ha definiti «sei fighette, o sei autori in cerca di popolarità». Condivide il suo giudizio?
«Sì, sono persone che rifiutano di mischiarsi con la massa. E lo sa perché? Perché la disprezzano. Però, cosa curiosa, sostengono che gli arroganti e gli intolleranti siamo noi. Detto ciò nella loro protesta qualcosa di buono c’è, perché ha aperto il dibattito in quel mondo letterario anglosassone governato dal relativismo culturale, che produce solo razzismo e disprezzo. Ora, noi di Charlie Hebdo difendiamo un solo credo che è esattamente all’opposto, perché siamo convinti che tutti debbano godere dello stesso diritto alla libertà di espressione».