mercoledì 29 aprile 2015

Corriere 29.4.15
Come trattare gli sconfitti. Due esempi francesi
risponde Sergio Romano


Alla luce di quello da lei raccontato nella rubrica «1940: L’unione franco-britannica
una proposta dell’ultima ora» ( Corriere , 11 aprile, come ha fatto la Francia a fregiarsi del titolo di Paese «vincitore» (e quindi godere dei relativi privilegi) quando alzò bandiera bianca e si arrese in 45 giorni e il Parlamento francese non perse tempo a votare la fiducia al governo del «disfattista» e collaborazionista Pétain?
Francesco Maugeri

Caro Maugeri,
Esiste un precedente che può servire per una risposta alla sua domanda. Quando i maggiori sovrani europei si riunirono a Vienna per disegnare una nuova carta politica dell’Europa dopo le guerre napoleoniche, la Francia era certamente un Paese sconfitto; e sarebbe stata ancora più sconfitta dopo la battaglia di Waterloo, pochi mesi dopo. Non è sorprendente, quindi, che molti fra i vincitori volessero infliggerle una dura lezione. In un libro recente, sul Congresso di Vienna, pubblicato dal Mulino e recensito da Paolo Beltramin per la Lettura del Corriere del 5 aprile, Vittorio Criscuolo scrive che la Prussia chiedeva una punizione esemplare e l’opinione pubblica inglese voleva togliere alla Francia almeno una parte delle conquiste di Luigi XIV sulle frontiere orientali, mentre i Paesi Bassi avrebbero rinunciato al Lussemburgo pur di ottenere la città francese di Lilla. I più ragionevoli furono l’imperatore Alessandro di Russia e il ministro degli Esteri inglese Lord Castlereagh. Difesero l’integrità territoriale della Francia per due ragioni: volevano evitare che i suoi risentimenti provocassero nuove guerre ed erano convinti che una Francia non umiliata fosse necessaria agli equilibri dell’Europa.
La situazione si ripeté alla fine della Seconda guerra mondiale. Il presidente americano non amava il generale De Gaulle e non aveva alcuna intenzione di accogliere la Francia nel club dei vincitori. Ma Churchill si servì degli argomenti di Castlereagh per ottenere che la Francia avesse, con gli altri Paesi vincitori, un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e una zona d’occupazione in Germania e in Austria. Per non pregiudicare il futuro fu deciso di dimenticare il governo ambiguo del maresciallo Pétain e il collaborazionismo del governo di Vichy.
Credo che quella decisione sia stata utile anche per l’Europa. Fortemente indebolita dalla guerra, ma ancora autorevole, la Francia poté prendere iniziative, come il piano Schuman per la creazione della Ceca (la Comunità del carbone e dell’acciaio), che gettarono le fondamenta di un grande edificio europeo. Vi è in questa vicenda, caro Maugeri, una lezione. I trattati di pace dovrebbero servire anzitutto a impedire che il Paese sconfitto non abbia altri mezzi per riscattare la guerra perduta fuor che quello di ricorrere a un nuovo conflitto. Sappiamo che cosa è accaduto dopo i trattati con cui si concluse la Prima guerra mondiale.