Repubblica 27.4.15
Quando Istanbul condannò a morte i cristiani d’Oriente
Il libro di Andrea Riccardi ricostruisce una delle stragi dell’estate 1915 che annientò il pluralismo delle fedi
di Lucio Caracciolo
Al centro dell’indagine la città di Mardin: la popolazione non islamica (armena, ma non solo) fu accusata di tradimento
SI può scrivere un bel libro di storia, rigoroso e robusto nelle fonti, chiaro e sobrio nella scrittura, che sia anche di strettissima attualità. È il caso dell’ultimo lavoro di Andrea Riccardi, storico dell’età contemporanea e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, dedicato a La strage dei cristiani.
Mardin, gli armeni e la fine di un mondo (Laterza, pagg. 230, euro 18). Dove l’universo in estinzione è quello dei cristiani d’Oriente, che fino a cent’anni fa marcavano una presenza radicata nelle terre amministrate dalla Sublime Porta, già scossa dal giovane nazionalismo turco. Nel 1914, ad esempio, nella metropoli imperiale Istanbul i cristiani erano ancora il 38,4 per cento della popolazione, in Anatolia il 16,6 per cento. E nel centro agricolo e commerciale di Mardin, situato nell’Anatolia sud-orientale, fulcro dell’indagine di Riccardi, probabilmente di più.
È attraverso il prisma di Mardin che l’autore legge la parabola finale di quei cristiani orientali, colpiti dai musulmani di Turchia anche per vendicare la disfatta nelle guerre balcaniche ad opera delle potenze “crociate”. Qui, nell’estate del 1915, in piena guerra mondiale, il moribondo impero ottomano fece deportare e in parte massacrare le antiche comunità cristiane, soprattutto (ma non solo) l’armena. Quelle stragi possono essere lette in filigrana come l’altra faccia del collasso di un secolare quanto precario compromesso fra la maggioranza musulmana e i cristiani, come anche altre fedi minoritarie, nel contesto ottomano. Equilibrio infine distrutto dai Giovani Turchi e dalle loro organizzazioni paramilitari, parallele allo Stato, nelle cui pieghe si infiltravano banditi d’ogni risma ed etnia, dagli immigrati caucasici ai curdi.
Il pretesto per liquidare i cristiani era l’accusa di tradimento. Quei martiri della fede non furono in genere liquidati — con metodi particolarmente efferati, quasi fossero “montoni al macello” — in quanto cristiani ma quali quinte colonne del nemico. Fra le cause dei massacri, come Riccardi mette in luce grazie a documenti e testimonianze di prima mano, c’era poi la tentazione di mettere mano sulle ricchezze dei deportati e dei trucidati o di liberarsi dei debiti nei loro confronti. Alcune pagine sembrano tratte dalle tristi cronache attuali, che dalle vicine terre mesopotamiche narrano delle imprese dello Stato Islamico e affiliati.
Dopo un primo viaggio nel 1986, l’autore è tornato varie volte e ancora di recente nella regione e nella stessa Mardin, dove resiste una manciata di cristiani. Il governo turco, che ha sempre tabuizzato le stragi dei cristiani d’Oriente, cerca oggi di trasmetterci l’immagine di un pluralismo di fedi, in un contesto quasi totalmente islamizzato, anche per la conversione forzata di quei cristiani che scelsero questa via per sottrarsi alla morte. Ne scaturisce una “musealizzazione del cristianesimo” che non può ingannare sullo stato del tessuto culturale e religioso della Turchia di Erdoðan.
IL SAGGIO La strage dei cristiani. Mardin, gli armeni e la fine di un mondo di Andrea Riccardi (Laterza)