lunedì 27 aprile 2015

Repubblica 27.4.15
Enzensberger elogio zen della ragione “perplessa”
Nel nuovo libro i pensieri in libertà dello scrittore tedesco
Tra arte di vivere ironia e analisi sociale
di Franco Marcoaldi


I maestri del signor Zeta, il suo alter ego letterario sono cultori del dubbio come il grande Montaigne
Non è mai antimodernista, anzi ricorda le belle cose donate dal progresso: dall’anestesia ai cruciverba

HANS Magnus Enzensberger è uomo troppo smaliziato e intelligente per proporci in prima persona una sua compiuta visione del mondo: lo scrittore e poeta tedesco tutto vuole, tranne che impancarsi a figura sapienziale. Opta così per la mossa del cavallo nascondendosi dietro un personaggio, il signor Zeta — uomo ormai avanti negli anni, pingue e tarchiato — che trascorre i pomeriggi in un parco pubblico dove dei passanti incontrati casualmente ascoltano le sue bizzarre e idiosincratiche divagazioni sull’esistenza.
Ecco come nasce Considerazioni del signor Zeta, ovvero Briciole da lui lasciate cadere e raccolte da chi lo stava ad ascoltare ( Einaudi, traduzione di Daniela Idra, pagg. 140, euro 15), libro rapsodico e vagabondo che piacerà a quanti continuano a farsi domande sulla vita senza ottenere risposte soddisfacenti. Anzi, sprofondando sempre più spesso nello smarrimento, nello sconcerto.
È come se Enzensberger parlasse a tutti coloro che non si sentono figli felici del nostro tempo, ma non per questo intendono arrendersi alla depressione, né tantomeno imboccare una facile scorciatoia apocalittica. Sicché, per orientarsi, continuano ad affidarsi ai propri sensi, perché «ogni mucca sa quale erba le fa bene e quale deve evitare. È una scienza innata che non si trova nei libri. Nessuno deve mandare giù controvoglia tutto ciò che la società gli offre». Lo scetticismo critico, accompagnato all’immediatezza di reazioni intinte negli umori del corpo, continua ad essere l’arma migliore di cui disponiamo. Anche per non perderci quegli squarci di miracoloso incanto che la vita continua ad offrire.
Il signor Zeta, molto stoico e un poco zen, si autodefinisce un dilettante a cui piace ragionare, senza alcun timore di contraddirsi («bisognerebbe restare sempre fedeli soltanto a ciò che non si dice »). In un mondo come il nostro che richiede opinioni a ogni piè sospinto, lui non ne avanza alcuna, perché sa di essere il primo a cambiare di continuo idea. In compenso è molto attratto dalle argomentazioni, perché presuppongono un’autentica attività cerebrale, e difatti non sono poi così richieste sul mercato. Anche perché non prevedono facili soluzioni e per di più inducono all’ambivalenza, o peggio, portano dritte dritte all’impasse decisionale. Zeta, ad esempio, non è per sua natura predisposto a professioni di fede religiosa, ma ciò non gli impedisce di guardare con sospetto gli atei, «che ritengono impensabile un’intelligenza superiore alla nostra. Una supposizione che mi pare più azzardata di qualunque fede in Dio».
Ancora, rifugge da qualunque antimodernismo imbastendo a tal fine un elogio sotto forma di catalogo per tutte le belle cose che il progresso ci ha regalato: dall’anestesia ai cerotti, dal cruciverba al tostapane. Ma si guarda bene dal pensare che l’umanità odierna sia migliore di quella antica: la hybris è sempre dietro l’angolo e può determinare guasti colossali. Meglio lasciare un margine d’imponderabilità al desiderio di controllo sul mondo. E poi, chi ha detto che la crescita perenne è di per sé sinonimo di benessere e gioia? Gli alberi, più sapienti e armoniosi di noi, «sanno esattamente quando basta». Noi invece siamo ossessionati da una logica acquisitiva, e scambiamo ogni rinuncia per una perdita. Meglio il poco ma proprio, suggerisce il signor Zeta: il raggiungimento della totalità è una pia illusione. Per questo, anche, sfodera con orgoglio e sprezzatura un’esibita ignoranza: nulla di male se non si conoscono gli scritti filosofici di Derrida. Il mondo è troppo affollato di celebrità per stare dietro a tutti. Viviamo in un costante intasamento, mentre sarebbe buona cosa alleggerire lo zaino. Così come sarebbe buona cosa non rimanere schiacciati sull’attualità e vivere, piuttosto, «in differita». Perché, se vogliamo tenere davvero la testa sgombra e continuare a riflettere, è necessaria una certa dose di anacronismo.
Soltanto prendendosi «una pausa dal presente», si può badare all’essenziale, che è poi il contrario dell’utile e del funzionale — semmai ha a che fare con il lusso, anche se l’idea di lusso proposta dal signor Zeta è piuttosto singolare; lui la rinviene addirittura in un orto botanico. Qui si può scegliere tra tutti i climi della terra, tra le forme vegetali più diverse, sontuose, sorprendenti. Nessuno museo al mondo offre altrettanto. «Generalmente nel giardino botanico regnava un silenzio biblico. Non era mai affollato. Di certo aveva anche una funzione formativa, forse persino pedagogica, ma soprattutto era un rifugio in cui poveri e ricchi, credenti e non credenti, cinici e ingenui potevano allo stesso modo coltivare la propria fantasia».
Il burbero, malmostoso signor Zeta, in fondo non desidererebbe altro che questo: una comunità di individui che siano rimasti tali, in piena autonomia — preferendo dirsi sgradevoli verità, anziché penose bugie. Prendete la politica: si capisce che al signor Zeta interessa ancora molto, ma si capisce anche quanto sia disilluso. Mai si sognerebbe di mettere in discussione il supremo valore della democrazia, avendo vissuto alcuni anni sotto una dittatura. Peccato che della democrazia non resti granché, visto che «da tempo siamo governati da sigle che non compaiono in nessuna costituzione del mondo: dall’Esm, dall’Efsm, dal Fmi, dalla Bce, da una commissione che non abbiamo eletto e da un Eurogruppo che si riunisce in separata sede».
Le briciole di pensieri offerti dal signor Zeta ai suoi compagni di chiacchiere del parco non hanno alcuna ambizione palingenetica. Il nostro trickster vuole soltanto e modestamente spingerci a osservare la realtà circostante con i nostri occhi. E non è certo un caso se il suo demiurgo, Enzensberger, ha scelto tra i numi tutelari di questa piccola, involontaria “guida dei perplessi”, figure quali Montaigne, Herzen, Szymborska: autori tutti che hanno a cuore, sopra ogni altra cosa, la singolarità di everyman — la consapevolezza, l’indipendenza mentale, l’immaginazione che spetta a ciascuno di noi.

IL LIBRO Considerazioni del signor Zeta, ovvero Briciole da lui lasciate cadere e raccolte da chi lo stava ad ascoltare di Hans Magnus Enzensberger (Einaudi, traduzione di Daniela Idra pagg. 140 euro 15)