lunedì 27 aprile 2015

Repubblica 27.4.15
“Più di un anno per l’asilo” e il conto dell’accoglienza vola oltre il miliardo
I profughi a carico dello Stato finché la pratica non viene esaminata
Ma le commissioni accumulano ritardi. Nel 2015 spesa raddoppiata
di Giuliano Foschini, Fabio Tonacci


ROMA Nel 2015 l’Italia spenderà più di un miliardo di euro per accogliere i migranti. È il record assoluto. Sono 400 milioni più dello scorso anno, 500 rispetto al 2013. Il boom è figlio certamente del maggior numero di sbarchi e dunque di persone di accogliere. Ma non è solo questo. A causare l’incremento di spese è anche la lentezza dello Stato, che non riesce a dare in tempi ragionevoli risposte sulle richieste di asilo. I profughi dovrebbero aspettare tre settimane, secondo la legge, e invece gli esiti non arrivano prima di sei mesi. Un’attesa che crea un danno doppio. Danneggia gli uomini e le donne fuggiti dai loro paesi in guerra, che vengono lasciati in attesa, privati di un destino garantito loro dall’Onu. Danneggia le casse pubbliche che continuano a pagarne l’accoglienza — in media 40 euro al giorno per persona — anche quando non dovrebbero.
Questo cortocircuito all’italiana è scritto nei numeri. Oggi in Italia sono 81mila i migranti che si trovano in strutture d’accoglienza. Sessantacinquemila hanno presentato domanda di asilo politico, mentre gli altri o hanno status particolari (i bambini per esempio) oppure non hanno ancora fatto domanda. Chi deve decidere se hanno diritto o no — sulla base di una serie di requisiti, primo tra tutti le condizioni del paese di provenienza — sono le 40 commissioni territoriali nominate dal ministero dell’Interno che dipendono dalle Prefetture. Secondo la legge l’attesa dovrebbe essere di 21 giorni e, per alcuni casi particolari, 90 giorni al massimo. «Ma il tempo medio — spiega Valentina Brinis, ricercatrice della Onlus “A buon diritto”, in prima linea sul tema accoglienza — varia in realtà dai sei a nove mesi. Con casi limite di ragazzi che aspettano anche un anno e mezzo prima di avere una risposta». In tutto questo periodo i profughi hanno tre possibilità. Possono essere sistemati nei Cara, i grossi centri per richiedenti asilo, oppure entrare nel circuito del sistema Sprar (sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati). Oppure, terza ipotesi, essere ospitati nei Cas, i centri di primissima accoglienza. In media ciascun migrante costa allo Stato al giorno dai 35 ai 40 euro. Soldi che, chiaramente, non finiscono nelle loro tasche (a loro va il pocket money di 2 euro per le spese quotidiane) ma nelle casse delle cooperative e strutture di accoglienza attorno alle quali — come hanno dimostrato le inchieste delle procure italiane da Mafia Capitale alle Grandi Opere — si sono scatenati gli appetiti delle mafie e di associazioni criminali. Insomma, sono gli stessi ritardi dello Stato a implementare il “grande business dell’accoglienza”.
I conti sono semplici: dati i tempi di attesa, ciascun migrante costa circa cinquemila euro di più di quello che avrebbe dovuto se il sistema fosse più agile. E così le spese impazziscono. Lo scorso anno in Italia l’accoglienza è costata 630 milioni di euro. Per il 2015 era stata immaginata una cifra minore: 200 per i Cara, 187 per il progetto Sprar, e 32,5 per i progetti per i minori non accompagnati. Si pensava di non superare i 500 milioni dunque. Ma alla fine dell’anno — prevedono gli analisti del Viminale — quella cifra raddoppierà. Servono più sol- di, dunque. E vanno trovati.
D’altronde non potrebbe essere altrimenti. Basta guardare le tabelle con la tempistica: «Chi ha chiesto asilo oggi vedrà la sua pratica in commissione nel 2016» dice la Brinis. Per cercare di tamponare la situazione, il Dipartimento dell’immigrazione del ministero dell’Interno ha raddoppiato, dallo scorso marzo, le commissioni. «Oggi — dice Carlotta Sami dell’Unhcr — possono processare anche 70mila richieste l’anno ma il sistema è sotto pressione perché le richieste sono in aumento. E soprattutto questa lista d’attesa crea grande confusione nell’opinione pubblica, tra sbarcati e migranti in attesa, quando invece sono due cose completamente diverse». Ma che esito hanno le domande? Nel 2014 il 70 per cento ha ottenuto la protezione, mentre nel 2015 è cambiato qualcosa. Delle 12.720 richieste di asilo processate dall’inizio dell’anno al 15 aprile, seimila sono state rifiutato. Questo perché a fare la richiesta sono tanti pachistani, nigeriani, gambiani e senegalesi che arrivano più per motivi economici che per reali situazioni di persecuzione, tant’è che tra le pratiche rigettate ce ne sono 1.195 dalla Nigeria e 1.128 dal Mali.
L’accoglienza dello Stato, però, non finisce quando la richiesta di asilo viene negata, perché tutti fanno ricorso al Tribunale Civile o — alcuni — al Tar. Per avere una sentenza passa un altro anno e mezzo, in media, tempo durante il quale lo Stato continua a pagare l’accoglienza. Alcuni avvocati, poi, presentano ricorsi civili incredibili, in modo da allungare i tempi di permanenza all’interno dei Cara dei loro assistiti e incassare le parcelle previste per il gratuito patrocinio. Un paio di casi: un migrante sosteneva di essere fuggito dal suo villaggio in Nigeria perché assalito da orango killer, un altro raccontava di minacce di cannibalismo. Risultato: solo un ricorso su 500 viene accolto.