Corriere 27.4.15
Il governo e la tattica per blindare premio al partito soglie e capilista bloccati
di Maria A. Calabrò
Roma Il governo punterebbe a discutere nel merito la nuova legge elettorale già questa settimana, che è l’ ultima di aprile, senza slittare alla prima settimana di maggio. Andare a maggio avrebbe permesso di poter utilizzare tutti gli strumenti che il Regolamento della Camera mette a disposizione per la discussione di una legge, compreso il contingentamento dei tempi di discussione. È un po’ come avviene per le ricariche dei cellulari, a fine mese, il governo può far ricorso solo al 20 per cento dell’«armamentario» del Regolamento. Ma l’ipotesi di maggio sarebbe tramontata.
Regolamento e fiducia
In ogni caso il governo ha nuovamente fatto circolare l ’intenzione che di fiducie potrebbe metterne tre o quattro. Non sulle pregiudiziali di costituzionalità ma sui punti qualificanti della legge elettorale che è uno degli impegni prioritari di Matteo Renzi sin dalla formazione del suo esecutivo (governo del primo ministro, premio di maggioranza, preferenze e capilista,soglia di sbarramento). La fiducia verrà posta se la minoranza chiederà il voto segreto su molte proposte di modifica del testo, già approvato in prima lettura alla Camera poi modificato al Senato, e approvato senza modifiche in Commissione a Montecitorio. E che, quindi, se non verrà modificato adesso in Aula, avrà il via libera definitivo.
In base al Regolamento della Camera il voto segreto può essere chiesto anche quando non sono in gioco questioni di coscienza, a differenza di quanto avviene a Palazzo Madama. Su questo la minoranza democratica darà battaglia. Per questo, secondo il governo e molti costituzionalisti, il ricorso alla fiducia è perfettamente legittimo. La fiducia invece non potrà essere messa, per regolamento, sul voto finale, che sarà a voto segreto. E lì Renzi si gioca tutto. Ecco invece i punti qualificanti dell’Italicum su cui potrebbe essere messa la fiducia.
L’esempio inglese
La novità più importante che verrà introdotta sarà il fatto che dalle urne uscirà il cosiddetto «governo del primo ministro». Sull’esempio di quanto avviene in Inghilterra, Spagna e Germania. Una riforma per far funzionare il sistema modificando solo la legge elettorale.
«Per stabilire chi ha vinto e chi ha perso, la sera stessa delle elezioni», come ha rivendicato fin dall’inizio il premier, è stato introdotto un premio di maggioranza che assegna 340 seggi su 617 (sono esclusi dal calcolo i 12 deputati della Circoscrizione Esteri e il deputato della Valle da Aosta ) al partito che ottiene il 40% dei consensi. Se invece nessun partito arrivasse al 40% scatterebbe un secondo turno per assegnare il premio di maggioranza, a cui accederebbero le due liste più votate al primo turno. Il vincente otterrà un premio di maggioranza tale da arrivare al 53% dei seggi, ovvero 327 deputati). Ma al contrario della legge in vigore per l’elezione dei sindaci, tra il primo e il secondo turno non saranno possibili apparentamenti. Come nel Porcellum, i capilista potranno presentarsi in più collegi elettorali, fino a un massimo di 10.
Le preferenze
Dalle attuali 27, si passa a 100 circoscrizioni con una media di 600.000 abitanti ciascuna, in cui verranno presentate mini-liste, in media di 6 candidati, con i capilista bloccati, mentre dal secondo eletto in poi intervengono le preferenze e ogni elettore ne potrà esprimere due. L’effetto diretto di questo meccanismo è che i partiti più piccoli (che difficilmente avranno i voti per nominare più di un parlamentare per circoscrizione), eleggeranno i capilista, mentre i partiti più grandi avranno anche una quota di parlamentari scelti con le preferenze.
Per limitare la proliferazione dei gruppi parlamentari, i partiti dovranno superare la soglia del 3% . Non è stata introdotta la cosidetta «clausola salva-Lega», che apriva le porte del Parlamento ai partiti che avessero raccolto il 9% dei consensi in almeno tre regioni.
La salvaguardia
Se approvato l’Italicum entrerà in vigore dal 1 luglio 2016, è la cosiddetta clausola di salvaguardia. La minoranza dem teme però che l’entrata in vigore potrebbe essere modificata per decreto. Resta poi il nodo della riforma costituzionale del Senato, che potrebbe costituire la mano tesa di Renzi alla minoranza.