Repubblica 2.4.15
Il presidente dell’Anm Sabelli:
“È un passo avanti ma non basta va combattuta come la mafia”intervista di L. Mi.
ROMA
«È un passo in avanti. Un’inversione di tendenza che non può far
considerare chiuso l’intervento sulla corruzione ». Il presidente
dell’Anm Rodolfo Maria Sabelli giudica il ddl anti-corruzione.
Partiamo da quello che non c’è.
«Per
la corruzione non sarà possibile utilizzare gli strumenti di indagine
della mafia, a partire da intercettazioni, ritardato sequestro, attività
sotto copertura. Poi la riforma del traffico di influenze e della
corruzione privata, puniti con una pena massima di 3 anni palesemente
inefficace. Non c’è neppure la riforma del reato di induzione indebita».
Renzi e Orlando sono soddisfatti. Che ne dice del nuovo falso in bilancio?
«C’è
una decisa inversione di tendenza rispetto alla riforma del 2002. Però
vedo dei limiti, a partire dal fatto che non si potranno fare
intercettazioni per i falsi delle società non quotate. Qualche
incertezza potrebbe venire dal fatto che si parla di “fatti materiali
non rispondenti al vero”. Toccherà alla giurisprudenza chiarire la
nozione di “fatti materiali”».
Di fatto tre reati a seconda della grandezza delle società. Non c’è disparità di trattamento a partire dalle intercettazioni?
«Parliamo
di società di peso diverso nell’ambito economico, e ciò può
giustificare trattamenti differenziati. Da un lato è positivo il
recupero del valore del falso in bilancio come “reato spia” di altri
reati anche più gravi. Dall’altro però l’impossibilità di intercettare
per le non quotate limita possibili sviluppi investigativi ».
Non c’è il rischio che il pm contesti altri e più gravi reati a danno dell’indagato?
«Per intercettare occorrono gravi indizi, non è sufficiente che il pm ipotizzi un reato che consente l’intercettazione».
Pene più alte per i reati di corruzione. Manconi dice che non è il metodo giusto. E lei?
«Sarebbe
più utile rafforzare gli strumenti di indagine, semplificare il
processo, riformare la prescrizione piuttosto che limitarsi a un aumento
delle pene».
Non è passato il Daspo per i corrotti, interdizione perpetua e nessun rapporto con la Pa.
«Certo, l’attuale sanzione interdittiva è troppo breve, andrebbe rafforzata e magari calibrata sulla gravità del reato».
Niente agente provocatore. Troppo per l’Italia?
«Nel
nostro sistema è difficile pensare ad agenti sotto copertura
sguinzagliati nei pubblici uffici a istigare i funzionari per
verificarne l’incorruttibilità. Si potrebbe pensare ad attività sotto
copertura che si inseriscano in una corruzione già in atto per
monitorarla e acquisire le prove ».
Dai pm notizie a Cantone. Troppo spazio?
«È giusto che, giunti alla richiesta di rinvio a giudizio, si crei una sinergia di intervento».