domenica 19 aprile 2015

Repubblica 19.4.15
No di Varoufakis agli aiuti di Mosca e Pechino
Voci di trattative per un anticipo russo di 5 miliardi sull’uso del futuro gasdotto e di un prestito cinese di 10 miliardi “Le crisi si risolvono in famiglia”. Ma entro lunedì l’ex Troika si attende un piano di riforme completo e dettagliato
di E. L.

MILANO Mosca e Pechino possono attendere. «Le crisi di famiglia si risolvono in famiglia», dice il ministro alle finanze greco Yanis Varoufakis. E le trattative per salvare la Grecia dal default continuano dunque solo al tavolo aperto con Ue, Bce e Fmi — rinominato Bruxelles Group — che ieri a Bruxelles ha provato a fare qualche piccolo passo avanti ai negoziati. I nodi da sciogliere restano sempre gli stessi: riforme su lavoro, pensioni e privatizzazioni. Così uguali sono le scadenze temporali della via crucis ellenica: entro lunedì l’ex Troika si attende un piano di riforme completo. Venerdì prossimo è previsto un Eurogruppo a Riga dove nessuno, a dire il vero, si aspetta la svolta. Tutto quindi sarà rinviato all’appuntamento successivo dei ministri delle finanze Ue in calendario l’11 maggio. Alla vigilia della scadenza di un prestito di quasi 800 milioni del Fondo Monetario internazionale. Senza un’intesa definitiva, i creditori non sbloccheranno l’ultima tranche di aiuti da 7,2 miliardi. E senza quei soldi per il governo Tsipras sarà molto difficile rimborsare Washington.
Il settimanale tedesco Der Spiegel ha scritto ieri che a prendere il posto dell’ex Troika potrebbe essere la Russia, girando ad Atene 5 miliardi come anticipo per l’accordo sulla costruzione del gasdotto Turkish Stream sul territorio ellenico. Una mossa geopolitica dai contorni delicatissimi che però ieri è stata smentita direttamente da Cremlino. “Non abbiamo ricevuto dalla Grecia alcuna richiesta di aiuto finanziario — ha detto un portavoce di Vladimir Putin — e sul fronte dell’energia non è stato ancora raggiunto alcun accordo”. Il valore finanziario dell’operazione, del resto, sarebbe in ogni caso marginale. I diritti di transito annuali degli idrocarburi varrebbero per Atene qualcosa come 380 milioni l’anno, ha calcolato la Fondazione Bruegel. Mentre uno sconto del 10% della Gazprom sulle importazioni per uso domestico si tradurrebbe in un risparmio di 100 milioni ogni 12 mesi. Briciole rispetto alle necessità del Paese.
Anche la Cina, interessata a completare la privatizzazione del Pireo (si è parlato di un anticipo di 10 miliardi non confermato), resta per ora alla finestra. Ha sottoscritto qualche centinaio di milioni di euro di titoli di stato alle ultime aste, togliendo l’onere dalle spalle delle fragilissime banche nazionali. Ma niente di più. Ragion per cui, a meno di clamorose sorprese, il futuro della Grecia si gioca solo a Bruxelles.
Varoufakis ha provato a spostare a fine giugno la data ultima per un’intesa, sperando di portare a casa non solo un ok alle riforme ma pure un via libera a una ristrutturazione soft del debito. Che i creditori, a fronte di impegni precisi, potrebbero concedere allungando le scadenze, rivedendo i tassi e forse agganciando parte dell’esposizione ellenica alla crescita economica del paese o ad alcuni suoi asset.
Si vedrà. La parola d’ordine oggi ad Atene è trovare i soldi necessari per sbarcare il lunario fino all’accordo. Il governo ha già messo le mani nelle casse di tutte le entità pubbliche utilizzando la loro liquidità per tamponare le emergenze. Negli ultimi giorni ha pure ristrutturato le regole sulla tassazione di sdraio e ombrelloni, riducendone l’impatto “ecologico” sulle spiagge ma aumentando la quota di tasse che finirà allo stato. ( e. l.)