La Stampa 19.4.15
Dai minatori agli studenti
Il fronte interno anti-Tsipras
Proteste davanti al Parlamento: “Questo governo non è di sinistra”
di Stefano Lepri
Dai minatori agli studenti
Il fronte interno anti-Tsipras
Proteste davanti al Parlamento: “Questo governo non è di sinistra”
di Stefano Lepri
Pare impossibile, ma l’argomento che in queste ore più divide (in pubblico) il governo Tsipras è l’intervento della polizia per sgomberare il rettorato dell’Università di Atene. Non si doveva, sostiene l’ala sinistra di Syriza, benché fossero solo 14 anarchici a occuparlo: la polizia non deve mettere piede nell’Università, si è anzi appena approvata una legge che così stabilisce.
Giorno dopo giorno, la coalizione di estrema sinistra diventata partito di maggioranza relativa si trova sempre più impelagata in dissidi non previsti dalla propaganda: «contraddizioni in seno al popolo» forse, secondo un linguaggio del XX secolo ancora caro a molti di loro. Giovedì scorso c’è stata addirittura una manifestazione di operai contro il governo.
Dal Nord del Paese duemila minatori in caschi gialli sono scesi ad Atene in pullman, con famiglie, perché temono di perdere il lavoro. La licenza alla società canadese Eldorado, che lì estrae oro, ufficialmente è stata revocata per motivi di tutela dell’ambiente, ma è facile sospettare che l’ostilità ideologica contro le multinazionali abbia gran parte.
In altri casi, il dissenso nasce dal seguire alla lettera il mandato dei gruppi di pressione più forti nell’elettorato di Syriza. Così nella riforma dell’istruzione, che pare un tuffo nel passato a molti docenti universitari ma soddisfa i sindacati del personale amministrativo e le organizzazioni studentesche di sinistra.
Dire di sì a tutti era facile all’opposizione, non lo è più stando al governo. Diventa ancora più arduo quando tra chi sta al governo non c’è accordo sul perché bisogna starci. Ieri il ministro della Ricostruzione Panagiotis Lafazanis ha ripetuto che nulla sarà privatizzato: ma chi troverà i soldi per far andare avanti la miniera, sostituendo i 600 milioni di dollari dei canadesi, che promettevano altre mille assunzioni?
L’ala sinistra di Syriza, a cui Lafazanis appartiene, preferirebbe in realtà uscire dall’euro. Il loro economista di riferimento, il docente del Soas di Londra e ora deputato Costas Lapavitsas, sostiene che il ritorno alla dracma potrebbe essere affrontato grazie a una serie di misure drastiche tra cui perfino il razionamento dei beni di prima necessità.
Per Lapavitsas, secondo il quale il ministro dell’Economia Yanis Varoufakis «appartiene al centro-sinistra piuttosto che alla sinistra radicale» (e Barack Obama è «un neo-liberista»), l’uscita dall’euro sarebbe meglio negoziarla, ma può essere anche praticata come rottura. Occorrerebbe, ha dichiarato a una rivista inglese, nazionalizzare tutte le banche e decurtare i depositi bancari più elevati.
Due scommesse differenti si intrecciano. Nella tattica di Varoufakis minacciare l’uscita è un’arma per restare nell’euro a migliori condizioni, presumendo che in Europa avranno la meglio i governi interessati ad evitare il trauma. La sinistra di Syriza vuole usare la minaccia per ottenere una uscita agevolata: fida che in Europa prevarrà chi vuole cacciare i greci per dare una lezione agli altri.
Si capisce come mai, nel dubbio, siano sempre più numerosi i greci che dalle banche il loro denaro lo tolgono (-15% negli ultimi mesi, e il deflusso continua). Non sono solo ricchi; per garantirsi contro una dracma svalutata basta tenere le banconote in euro sotto il materasso. Anche avendo il cuore a sinistra, non si sa mai.