domenica 19 aprile 2015

Repubblica 19.4.15
“Pse, nuovo nome: non socialista ma democratico”
La confidenza di Renzi a Obama: bisognerebbe cambiare la sigla al partito in Europa, sostituendo l’aggettivo
L’idea di stringere sempre di più i legami con Washington anche in vista della candidatura di Hillary Clinton
di Francesco Bei

WASHINGTON Da socialisti a democratici. Una rottamazione delle vecchie socialdemocrazie, ecco il sogno nel cassetto di Renzi. E se i nomi, come insegnava Giustiniano, devono corrispondere alle cose, per il premier italiano anche il Partito socialista europeo un giorno dovrebbe cambiare sigla alla ditta. Assumendo l’aggettivo «democratico » al posto di «socialista».
Il progetto renziano è uno di quelli a lunga gittata, destinando peraltro a scontrarsi con storie lunghe e onuste di gloria come quelle dei socialdemocratici tedeschi o dei socialisti francesi. Ma Renzi ha intenzione di gettare il sasso nello stagno. Anzi, l’ha già iniziato a fare venerdì alla Casa Bianca, parlando con il leader che ritiene politicamente molto più affine rispetto ai cugini socialisti europei: Barack Obama. «Un giorno – ha confessato Renzi a Obama – mi piacerebbe chiamare il nostro partito, i socialisti europei, partito democratico».
Ora l’idea di una trasposizione europea dell’esperienza italiana non è per la verità nuovissima. Anzi, una parte non irrilevante delle lacerazioni all’interno del vecchio Ulivo aveva proprio l’approdo europeo come terreno di battaglia. «Non moriremo socialisti». «Il partito socialista è la nostra casa». Contrapposizioni che oggi sembrano provenire dal Pleistocene, come le ossa di Pterodattilo, ma un tempo tra Ds e Margherita si litigava anche su questo, sull’adesione o meno all’Internazionale socialista o al Pse. Con il paradosso - il che la dice lunga sull’approccio post-ideologico di Renzi – che fu proprio all’inizio del mandato del nuovo segretario, un anno fa, che il Pd approdò finalmente dentro la famiglia dei socialisti europei. Che iniziò a cambiare nome proprio al congresso di Roma, prima delle ultime europee, assumendo la denominazione «democratici» accanto a quella di «socialisti». Su proposta di chi? Dell’allora renzianissima responsabile esteri del Pd, Federica Mogherini, oggi assurta al vertice della politica estera Ue. Dopo quella prima vittoria la battaglia, anzitutto battaglia culturale, continua. «Noi italiani – spiega Enzo Amendola, nuovo responsabile esteri dem – insieme ai laburisti inglesi siamo quelli che più spingono per creare un legame forte con il partito democratico americano. Vogliamo una relazione stabile, un foro permanente di consultazione, anche perché per ora – a parte qualche singola iniziativa – manca del tutto un’organizzazione comune tra i partiti delle due sponde dell’Atlantico».
Dunque la direzione di marcia è questa, stringere sempre di più i legami tra socialisti europei e democratici Usa. Ma non si parla soltanto di aggettivi o di sesso degli angeli, ci sono anche importanti ricadute pratiche in questo rafforzamento della sponda atlantica tra lab e dem. Ad esempio la discussione in corso sul Ttip, il Trattato di commercio Usa-Ue, ancora fortemente contrastato in seno al Pse da parte dei socialdemocratici tedeschi e socialisti francesi. Un dibattito che vede invece Renzi e il Pd molto favorevoli alla firma del Trattato per le ricadute positive che potrebbe avere sul Pil e sull’export italiano.
La prossima tappa sarà il congresso del partito socialista europeo in calendario il 13 giugno in Ungheria. La suggestione che circola al Nazareno è quella di un intervento di Renzi dal palco del congresso, per lanciare l’idea di un’apertura ai democratici Usa proprio in vista della campagna elettorale che potrebbe portare Hillary Clinton alla presidenza. «Vorrei un’unica famiglia progressista », confida il premier italiano. Un’internazionale dei democratici e dei socialisti. E intanto il nuovo nome?