giovedì 16 aprile 2015

Repubblica 16.4.15
Acquisti e farmaci, ecco i tagli alla sanità
di Michele Bocci


Le Regioni dovrebbero realizzare il grosso dei sacrifici richiesti (2,6 miliardi) risparmiando sui contratti con i fornitori ma alcune di loro resistono e preparano misure alternative. Prevista anche una riduzione dei reparti inutili

LA SANITÀ italiana quest’anno deve affrontare un taglio da 2 miliardi e 637 milioni, e i soldi li va a cercare soprattutto dai fornitori. E’ ormai chiuso l’accordo tra le regioni sulla riduzione, o meglio sul mancato aumento, del Fondo sanitario nazionale per il 2015, anche se ieri c’è stato un rinvio di una settimana perché i governatori hanno proposto alcuni emendamenti e chiedono rassicurazioni per i prossimi 2 anni.
La maggior parte dei soldi, circa un miliardo e mezzo, teoricamente verranno recuperati presso i fornitori di beni e servizi o i produttori di dispositivi medici. Teoricamente. Le misure previste, infatti, non devono essere adottate per forza dalle varie amministrazioni. E così andrà a finire che in pochi taglieranno del 4%, come previsto nell’accordo, i contratti con chi fornisce la mensa o pulisce gli ospedali. L’idea era già venuta al governo Monti e fu un fallimento, chi provò a portarla avanti si trovò di fronte ricorsi e proteste delle aziende private. E infatti già alcune regioni si smarcano. «Noi non vogliamo creare problemi occupazionali a chi lavora in queste ditte, percorreremo altre strade», dice l’assessore alla Salute Luigi Marroni della Toscana. Sergio Venturi dell’Emilia è su una linea simile: «La nostra regione ha già avviato la sua spending interna, non useremo tutte le misure previste a Roma». Praticamente tutte le amministrazioni stavano lavorando sulla spesa perché sapevano della riduzione di quest’anno. «Avevamo avviato già le nostre misure - dice l’assessore siciliano Lucia Borsellino - ma useremo anche quelle dell’accordo, compresa la rinegoziazione dei contratti con i fornitori». La novità non piace per niente ad Assobiomedica, che riunisce i produttori di dispositivi. «Sono misure inique e contrarie ai principi della Ue e a quelli sostanziali del diritto nazionale», dice il presidente Stefano Rimondi.
Anche dalla farmaceutica si vogliono recuperare soldi (oltre 500 milioni). Intanto si prevede una revisione del prontuario, inserendo prezzi di riferimento per i medicinali che sono assimilabili dal punto di vista terapeutico (ad esempio quelli per abbassare il colesterolo). Si vuole anche ridurre del 20% il prezzo dei farmaci biotecnologici e se, quando scade il brevetto, non c’è ancora un generico. Poi ci sono misure sulle prestazioni non appropriate. Si prevede di individuare visite e esami a rischio (ad esempio le risonanze alle articolazioni) e indicare ai medici le “condizioni di erogabilità”. Fuori da queste, il cittadino paga per intero la prestazione. E se la Asl scopre che è stato il professionista a definire necessario un esame che non lo era, può ridurre il suo trattamento economico. Nello stesso filone (che tutto insieme dovrebbe far risparmiare 200 milioni) ci sono riduzione dei reparti inutili (circa 2.000) e stop alle cliniche convenzionate con meno di 40 letti. Verranno anche ridotte le centrali operative del 118. Più in generale, si ipotizza una riorganizzazione del sistema delle Asl. Solo il Veneto non ha approvato l’accordo e ieri il governatore Zaia ha ribadito che le misure previste la sua regione le ha già adottate tutte, e non ha margini di intervento. Il presidente della Conferenza delle Regioni, Chiamparino, ha invece spiegato che prima di chiudere si chiede al governo un tavolo sui farmaci innovativi, in particolare si vorrebbero inserire i nuovi costosissimi farmaci per l’epatite C nel sistema di payback, che prevede nel caso di uno sfondamento della spesa farmaceutica che tutte le industrie partecipino a ripianarla. «Possiamo affrontare sicuramente i nodi 2015 - aggiunge - però chiediamo che da subito si affronti il tema del patto della salute lavorando tra l’altro sulla rivisitazione dei Lea e sui ticket. Così renderemo sostenibile il servizio sanitario dal 2016».