giovedì 16 aprile 2015

Repubblica 16.4.15
Dietro l’Italicum l’incognita elettorale dell’antipolitica
Con la probabile scomparsa di un centrodestra competitivo, lo scontro sarà con le forze antisistema
di Stefano Folli


GLI economisti lo chiamano il «cigno nero ». È un evento drammatico e improvviso che rovescia una tendenza spazzando via ogni previsione. Da ieri sera è lecito domandarsi se nell’anno secondo dell’era Renzi il «cigno nero» della politica possa essere l’inchiesta che a Genova coinvolge la candidata del Pd alla regione ligure, Raffaella Paita. L’accusa non è lieve perché investe un’ipotesi di «mancata allerta» per l’alluvione del 2014. E la notizia è emersa all’indomani della visita pre-elettorale del presidente del Consiglio.
È probabile che l’indagine, ancora nella fase preliminare, non sia tale da pregiudicare le possibilità della candidata super-favorita e quindi non sia alla fine così sconvolgente. Forse sarà solo un incidente di percorso, tuttavia molto spiacevole: a conferma che a livello locale i problemi del Pd sono parecchio insidiosi. Ma chi è in grado di trarne vantaggio? In Liguria, dove si presenta Toti, il centrodestra corre in salita ed è lacerato al suo interno dalla solita guerra fra piccole cordate locali: a dimostrazione che non esiste più in Forza Italia una vera capacità di sintesi.
Nessuna meraviglia se fossero le liste anti-sistema, a cominciare dai Cinque Stelle di Beppe Grillo, a ricavare qualche beneficio dagli inciampi eventuali del «partito di Renzi». Nel caso della Liguria non potrà essere Salvini, che ha rinunciato a presentare il suo simbolo e appoggia Berlusconi. E chissà se il leader leghista in cuor suo si è pentito di aver sottoscritto una faticosa alleanza con Forza Italia. Un’intesa imposta dalle circostanze, o per essere più precisi dal timore di correre un rischio di troppo in Veneto, l’unica regione dove il capo leghista non può permettersi di perdere, pena il suo stesso futuro politico.
In ogni caso, se si prova a gettare lo sguardo avanti fino ai primi di giugno, uno scenario plausibile potrebbe essere il seguente. Renzi ottiene in Parlamento il «sì» definitivo all’Italicum. La minoranza del Pd si divide e comunque non spinge la sua sfida fino alle estreme conseguenze. I voti contrari non sono sufficienti a fermare la riforma. Il presidente-segretario ottiene il suo scopo e mette nel cassetto una legge che gli permetterà, al momento opportuno, di plasmare i futuri gruppi parlamentari secondo la sua volontà, estromettendo la vecchia guardia (ex comunisti ed ex sinistra Dc, salvo eccezioni). L’approvazione della riforma avviene senza voto di fiducia: la minaccia è servita come arma di pressione, ma ha suscitato proteste giunte fino al Quirinale, come abbiamo visto già ieri.
Nel frattempo, all’indomani del 31 maggio, si contano i voti delle regioni. Il «partito di Renzi » prevale largamente, sia pure con qualche scossone: in Liguria, appunto, e nella Campania di De Luca, candidato scomodo per eccellenza. Il centrodestra esce ridimensionato in modo clamoroso. Tranne che in Veneto, dove Zaia e Salvini hanno speso bene le loro carte, a prezzo però di oscurare l’alleato berlusconiano, altrove è un disastro annunciato per Forza Italia: dalla Puglia di Fitto alla Liguria alla stessa Campania.
Il partito di Berlusconi, per vent’anni al centro della scena, conclude la sua parabola scendendo sotto il 10 per cento nelle regioni dove si è votato. Questo almeno dicono alcune proiezioni riservate che hanno irritato il vecchio leader persino più delle indiscrezioni di stampa secondo cui egli si sarebbe stancato del cagnolino Dudù. Se fosse così, la ricostruzione di un centrodestra moderato e liberale si rivelerebbe urgente, sì, ma quasi impossibile in tempi brevi. Occorrerebbe una lunga traversata del deserto — senza più Berlusconi, ovviamente — : un’impresa per la quale servono uomini, idee e molta pazienza. Tuttavia Renzi non avrebbe di che gioire. La fine di un reale antagonista nel centrodestra porrebbe il cosiddetto «partito della nazione» a tu per tu con l’arcipelago dell’anti-politica: Grillo, Salvini, in un certo senso Fratelli d’Italia. Si andrebbe verso uno scontro elettorale sulle ali dell’Italicum fra il partito renziano e la galassia anti-sistema: una novità assoluta, un’incognita da non sottovalutare.