domenica 12 aprile 2015

Repubblica 12.4.15
Usa-Cuba, incontro storico
Obama: “Voltiamo pagina” Castro: “Sei un uomo onesto”
Faccia a faccia tra i presidenti, per la prima volta da mezzo secolo Il leader della Casa Bianca: “La guerra fredda è finita da tempo”
Lo scrittore Luis Sepulveda
“Quella stretta di mano è un segnale ora il regime inizi il cambiamento”
intervista di Alessandro Oppes


MADRID «Quella stretta di mano è un buon segnale per la normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi, però non dev’essere vista come una prova inequivocabile del crollo del regime cubano». Lo scrittore cileno Luis Sepúlveda, il cui ultimo libro è L’avventurosa storia dell’uzbeko muto ( ed. Guanda), applaude il gesto distensivo tra Castro e Obama. Ma poi puntualizza: «Non si tratta di una riunione tra un console romano e il capo di una tribù barbara. È evidente che Cuba deve realizzare molti cambiamenti per arrivare a una modernità politica, però è una questione che riguarda esclusivamente i cubani».
Sepúlveda, a Panama il presidente Usa ha assicurato che l’ingerenza statunitense in America Latina è ormai cosa del passato. Gli crede?
«Ha ragione Obama. L’ingerenza in stile “politica delle cannoniere” è cosa del passato. Ma oggi l’ingerenza continua a essere praticata dalle grandi lobby, dalle imprese multinazionali e sovrannazionali. La stessa economia Usa ha subito gli effetti degli speculatori senza bandiera».
Il mondo è uscito da tempo dalla Guerra Fredda: forse è questo il momento migliore per compiere il passo prospettato dal presidente Usa.
«Come idea poetica di convivenza non è male. Però la realtà ci dimostra che, terminata la Guerra Fredda, è sorto un nuovo ordine internazionale non determinato dalle potenze, ma da quello che si chiama “Il Mercato”. Ciò che è accaduto in Iraq, Siria, Libia, sono azioni ordinate da Stati al servizio delle grandi lobby energetiche. Lo stesso tentativo di condannare il Venezuela, che ha come protagonisti González e Aznar, non in nome della Spagna ma delle imprese energetiche per cui lavorano, retribuiti, è una dimostrazione del potere delle lobby».
Nel corso dell’ultimo secolo, Washington ha appoggiato un gran numero di governi autoritari del continente quando non è stata responsabile diretta di golpe. In un’America Latina a maggioranza democratica, è possibile costruire una relazione di tipo nuovo con gli Usa?
«Dal XIX secolo, dall’epoca delle indipendenze, i paesi latinoamericani hanno cercato di mantenere rapporti da pari a pari con gli Usa, basati sul mutuo rispetto, la cooperazione e la non ingerenza negli affari interni. Purtroppo gli Stati Uniti non hanno mai rispettato le regole del gioco e la loro politica estera di chiara impronta imperialista ha considerato il continente americano come il suo cortile di casa. Il loro “Somoza è un figlio di puttana, ma è il nostro figlio di puttana” con cui si riferivano alla loro difesa dell’ex dittatore del Nicaragua fu il modus operandi degli Usa per oltre un secolo». Oltre al Cile, che è il caso che lei ha patito durante la repressione pinochetista, quali Paesi hanno sofferto in misura maggiore l’ingerenza americana?
«Dai tempi in cui la politica estera degli Usa era diretta e determinata dalla United Fruits Company, Cuba e gli Stati del Centramerica e dei Caraibi hanno sofferto le maggiori dimostrazioni di ostilità. Poi, fallita l’Alleanza per il Progresso promossa da Kennedy, l’ostilità si trasferisce alle nazioni con un maggior sviluppo politico e culturale, come Uruguay, Cile e Brasile».