venerdì 10 aprile 2015

Repubblica 10.4.15
Varoufakis all’attacco “Entrare nell’euro è stato un errore ma ora serve un’intesa”
Atene ripaga 450 milioni al Fondo Monetario
Il ministro “rockstar” parla all’Ocse affiancato da un portavoce ufficiale di Syriza
Accordo lontano con l’Unione Europea
di Federico Fubini


Con le ricette di Ue e Fmi i salari medi sono scesi del 40% in cinque anni e l’economia è sempre al palo
L’unione monetaria è l’Hotel California degli Eagles: puoi pagare quando vuoi ma non potrai mai andare via
L’export è piatto e non facciamo concorrenza a Bmw e Mercedes perché non produciamo automobili

PARIGI . Due ore a porte chiuse con Yanis Varoufakis, il ministro delle Finanze di Atene, confermano senza ombra di dubbio che la Grecia ha regalato all’umanità la retorica e il teatro. «Nessun Paese sarebbe dovuto entrare in questa unione monetaria — dice nelle sale dell’Ocse di Parigi, in incontro del Institute for New Economic Thinking — . Ma non sbagliatevi, l’euro è come l’hotel California nella canzone degli Eagles: puoi chiedere il conto quando vuoi, ma non potrai mai andare via.
Poi però arriva anche il colpo di teatro e questa volta prende le sembianze di un uomo né alto né basso, né cupo né sorridente, vestito di grigio: Euclid Tsakalotos, che siede a due posti di distanza da Varoufakis nella sala di Parigi. Varoufakis, 54 anni, lo conoscono tutti: è quanto di più vicino a una rockstar la crisi dell’euro abbia prodotto, il volto nei negoziati all’Eurogruppo di Bruxelles del nuovo governo di coalizione fra sinistra e destra radicali ad Atene. Tsakalotos invece, a questo tavolo dove siedono il finanziere George Soros, il Nobel per l’economia Joseph Stiglitz e vari governatori di banche centrali, non lo conosce quasi nessuno. È portavoce del governo greco per gli affari economici. Soprattutto è uno storico militante ed è iscritto a Syriza, il partito del premier Alexis Tsipras, e Varoufakis no.
Ce n’è abbastanza perché Varoufakis ponga le sue condizioni: interverrà fra i relatori del convegno — spiega — solo a patto che possa fare il suo discorso anche l’uomo che lo segue come un’ombra. Nessuno aveva invitato Tsakalotos, ma lui ha già pronto nel tablet un intervento contro “la dittatura del neoliberismo”.
Superato lo scoglio, Varoufakis ha campo aperto nella sua requisitoria su tutti gli errori che l’Europa continua a commettere. Questo è il giorno in cui il governo di Atene, contro le previsioni di alcuni dei suoi stessi ministri, sta saldando una rata da 450 milioni di euro al Fondo monetario internazionale. Ma le critiche di Varoufakis ai creditori della Grecia rimangono intere: «In questi cinque anni i salari in Grecia sono scesi del 40% perché abbiamo applicato le ricette europee e quelle del Fmi, eppure l’export resta piatto. Non abbiamo iniziato a fare concorrenza alle Mercedes o alle Bmw, perché da noi non si producono auto comunque».
Accanto al ministro di Tsipras siede Patrick Honohan, governatore della banca centrale di Dublino. Con tatto, Honohan evita di ricordare che l’Irlanda ormai è uno dei primi venti Paesi al mondo per tasso di crescita dell’economia, appena pochi anni dopo aver accettato anch’essa un salvataggio europeo. Però il banchiere centrale di Dublino rivendica il percorso coperto fin qui: «Dire che il salvataggio europeo ha provocato la nostra recessione significa propagare un falso mito, perché i problemi erano iniziati molto prima di dover chiedere un prestito europeo e sono finiti poco dopo. La scelta delle riforme da fare e delle politiche da adottare è stata sempre lasciata agli irlandesi».
Non è questa la versione degli ultimi cinque anni nella quale si riconosce Varoufakis: «Ai greci è stata imposta la correzione di bilancio più violenta fra i Paesi in crisi — accusa il ministro — e con essa è arrivato il crollo dell’economia. Eppure l’Europa non ha imparato la lezione, non abbiamo il diritto morale di congratularci e scambiarci pacche sulle spalle». La critica del ministro greco all’unione monetaria resta radicale: «L’euro ricorda il Gold Standard, il sistema monetario a tassi di cambio fissi crollato negli anni ‘30», osserva. «Come durante la Grande Depressione, nel gold standard europeo di questo secolo l’onere finisce tutto sulle spalle dei più deboli. Non c’è bisogno di essere di sinistra per vedere com’è difficile ai responsabili di questo disastro ammettere i propri errori».
Seduto a due posti di distanza, Tsakalotos continua a non tradire emozioni. Conosce bene Varoufakis, il figlio di un ex combattente comunista della guerra civile divenuto presidente del più grande gruppo siderurgico greco, Halivourgiki. Le origini nell’élite di Atene non impediscono a Varoufakis di minacciare misure contro gli oligarchi che bloccano l’economia: «Troppo facile prendersela con i pesci piccoli come è stato fatto fino ad oggi — accusa — . Dobbiamo attaccare i grandi cacciatori di rendite di posizione». Su queste basi, il ministro vede possibile un compromesso a Bruxelles: «Ci impegniamo a mantenere un ragionevole avanzo di bilancio prima di pagare gli interessi, ma chiediamo un piano europeo di investimenti e una discussione per trovare modi intelligenti di gestire il problema del debito», dice. Resta giusto il tempo di ultimo affondo sulla Banca centrale europea di Mario Draghi, che non permette più al governo Atene di finanziarsi tramite le banche commerciali: «La Bce è nata come istituzione indipendente, ma ha finito per fare politica».