La Stampa 20.4.15
Italicum, il Pd sonda i dissidenti e prepara la sostituzione di massa
Il vicecapogruppo Rosato chiama uno per uno i ribelli: tra i deputati a rischio anche Bindi, Bersani e Cuperlo, che avverte: “Con la fiducia legislatura a rischio”
di Francesca Schianchi
La telefonata è arrivata nei giorni scorsi: «Come pensi di orientarti nei voti in Commissione?». A un capo del filo, a porre la domanda, il vicepresidente vicario del gruppo del Pd, Ettore Rosato, reggente della numerosa truppa dei dem dopo le dimissioni del capogruppo Roberto Speranza; dall’altro, uno per uno ognuno dei membri «dissidenti» del Pd in Commissione affari costituzionali della Camera, lì dove oggi si comincia a discutere la riforma elettorale. E dove il Pd, su 50 membri, ne conta 23, ma di questi ben 11 della minoranza critica con l’Italicum: abbastanza per mandare sotto il governo se decidessero di non votare secondo le indicazioni del partito.
Per questo, la telefonata di Rosato: per verificare chi proprio non è disponibile a votare la riforma e procedere, stasera in una riunione dell’Ufficio di presidenza del partito, a sostituirlo con altri deputati. Scelta che venne fatta già sulla legge costituzionale in Senato, quando a essere sostituito fu Mineo. Stavolta, però, dalle risposte che Rosato ha ricevuto, si tratta di ben altre proporzioni: sette-otto deputati da rimuovere, forse addirittura dieci, quasi la metà del gruppo Pd. Tra i candidati più accreditati a perdere (temporaneamente) il posto in Commissione sono Gianni Cuperlo, Rosy Bindi, Barbara Pollastrini, Alfredo D’Attorre, Andrea Giorgis, Enzo Lattuca; buone probabilità, ma verrà deciso oggi coi diretti interessati, anche per Roberta Agostini, Marilena Fabbri e Marco Meloni. E poi c’è Pierluigi Bersani, così critico con la legge che, anticipò, forse avrebbe fatto lui richiesta in questo senso.
«È una scelta politicamente pesantissima, che deriva dalla drammatizzazione che Renzi ha voluto dare alla vicenda», commenta Pippo Civati. «Ma diciamo la verità – scherza – se potesse, Renzi li sostituirebbe anche in Aula: e non è detto che non lo farà, quando ci saranno da fare le liste…». Altrettanto critico Stefano Fassina, che lo definisce un «atto politico estremamente rilevante», la cui gravità «si misurerà dalla possibilità di presentare o meno emendamenti in Aula». Tra i diretti interessati, invece, c’è grande cautela. O rassegnata consapevolezza: «Sapevo di andare incontro alla sostituzione quando ho presentato due emendamenti e non faccio resistenza», sospira la Bindi, anche se certo, sottolinea, «non esistono precedenti» di una sostituzione di massa. La linea che si sono dati è il basso profilo: riconoscere che è nelle prerogative del gruppo fare sostituzioni, non fare polemiche, poi «le valutazioni politiche le faremo dopo», si limita a dire D’Attorre.
Quando, da lunedì 27, la battaglia sarà in Aula. «Antidemocratico» è chi non rispetta «espressioni di volontà come le primarie o le decisioni degli organi del partito», dice Renzi. Che non esclude il voto di fiducia: «Uno strappo grave», gli ha ripetuto in un incontro a Palazzo Chigi, mercoledì scorso, Gianni Cuperlo. Prima di aggiungere ieri in tv che la fiducia rischierebbe nientemeno che di «instradare la legislatura sul binario di un suo esaurimento». E portare dritti alle urne.
Nel mirino Anche Pier Luigi Bersani, tra i «big» della dissidenza del Partito Democratico, potrebbe essere sostituito in commissione Affari Costituzionali a causa della sua opposizione all’Italicum