La Stampa 14.4.15
La mossa dell’ex Presidente
di Marcello Sorgi
Chi gli aveva parlato negli ultimi tempi, dopo la fine anticipata del secondo mandato al Quirinale, lo sapeva. E tra quelli che lo sapevano, c’era ovviamente Matteo Renzi, che nell’ultimo anno s’era ritrovato varie volte a parlare di Italicum con l’ex-Capo dello Stato. Una mediazione tra le più difficili, per il Presidente, proprio perché si trattava di avvicinare le posizioni dei suoi ex-compagni di una vita, la minoranza degli ex-comunisti che amano definire il Pd «la ditta», e quelle del leader che li ha rottamati.
Ieri invece l’ex-Capo dello Stato - rientrato in Parlamento come senatore a vita e iscrittosi al gruppo misto, non a quello del Pd -, ha deciso spontaneamente di schierarsi, alla vigilia della battaglia finale sull’Italicum che, dovendosi combattere a Montecitorio nei prossimi giorni, non lo vedrà impegnato né lo avrebbe costretto a prendere posizione pubblicamente e a votare. Napolitano ha prima ricordato la laboriosa gestione del Mattarellum, da lui seguita nel ’93 nelle vesti di Presidente della Camera, dopo il referendum elettorale che aveva introdotto il maggioritario, e conclusasi appunto con un testo che prevedeva che i tre quarti dei candidati fossero eletti in collegi uninominali e il restante quarto in listini proporzionali con candidature bloccate. Talché ben 375 (cento di centrodestra e cento di centrosinistra presentati nei collegi sicuri, e 175, appunto, nei listini) alla fine sarebbero stati come quelli che oggi si definiscono i «nominati», scelti cioè dai segretari dei partiti e non sottoposti neppure al rito delle primarie. In secondo luogo Napolitano ha detto chiaro che a questo punto sarebbe un errore, di fronte a un compromesso uscito da un lungo confronto che ha cercato di venire incontro a richieste di tutte le parti, riaprire la contrattazione.
Parola più, parola meno, è ciò che l’allora Capo dello Stato aveva risposto a Bersani e agli altri esponenti della minoranza Pd le ultime volte che erano andati a chiedergli di intervenire sul premier, come aveva già fatto in passato quando aveva convinto Renzi a sostanziosi aggiustamenti dell’Italicum come quelli sull’abbassamento delle soglie di sbarramento per i partiti minori, sull’innalzamento di quelle per l’accesso al premio di maggioranza e sulle preferenze. Il monito, va da sé, è rivolto anche a Berlusconi, che stavolta si opporrà, ma la volta scorsa al Senato aveva compensato con i voti di Forza Italia le defezioni della minoranza Pd. Ma per i bersaniani, o almeno per la parte di loro che ancora vuol sbarrare la strada a Renzi e all’Italicum, dopo l’uscita di Napolitano e alla vigilia dell’assemblea dei deputati a cui interverrà Renzi, adesso ci sono meno scuse.