Il Sole Domenica 26.4.15
Non solo Dc e Pci
Il peso (trascurato) dei laici
di Massimo Teodori
Buona parte della storiografia contemporanea soffre di strabismo: sottovaluta il ruolo dei laici nell’Italia repubblicana e dilata il peso esclusivo di cattolici e comunisti. Tipica è l’interpretazione corrente della Costituzione come incontro delle culture cattolica e di sinistra che, in realtà, diede origine solo agli articoli 1, 2 e 3 dedicati alla solidarietà sociale e al 7 sul Concordato illiberale. Furono piuttosto i laici a lasciare l’impronta sul bicameralismo, l’indipendenza della magistratura, la Corte costituzionale, il referendum, e su gran parte degli ordinamenti ispirati al costituzionalismo liberale. Il ceto politico laico – di volta in volta azionisti non giacobini, demo-laburisti, repubblicani, liberali, radicali e, in parte, socialdemocratici e socialisti – ha esercitato attraverso una presenza qualificata nelle istituzioni e nel dibattito pubblico una significativa influenza nei momenti cruciali dello sviluppo nazionale e dei rapporti internazionali. Nel centrismo con Einaudi, Pacciardi e Saragat accanto a De Gasperi i laici garantirono l’ancoraggio alla democrazia occidentale di cui erano i più diretti interpreti. Nel centrosinistra rappresentarono la spinta riformatrice che era stata messa a punto dai convegni del “Mondo” con il contributo di liberali, democratici e socialisti, poi ostacolata dai corporativismi di destra, i massimalismi di sinistra e la sordità comunista. Negli anni Settanta i laici, con il determinante contributo radicale, portarono a compimento le riforme civili che sbloccarono il Paese dalla resistenza clericale e il prudente immobilismo comunista.
Nella Memoria e riflessione dell’Italia laica (sottotitolo esplicativo del salveminiano Né un soldo né un voto), Adolfo Battaglia intreccia una storia della Repubblica vista dall’ottica della “sinistra democratica” (concetto che fino a qualche tempo fa connotava i riformatori laici e non i comunisti) con la memoria personale che parte dall’adolescenza in una casa antifascista negli anni Quaranta, e arriva al dirigente e parlamentare repubblicano stretto collaboratore di Ugo La Malfa, e alle esperienze ministeriali negli anni Ottanta-Novanta. Il volume, arricchito da documenti inediti, non è tuttavia un’autobiografia personale ma la riflessione appassionata di un intellettuale politico che riflette sulle ragioni per cui la riforma democratico-occidentale ha avuto in Italia così poco corso, e i gruppi laici che l’hanno animata si sono disaggregati, afflitti da divisioni e gelosie che hanno impedito la formazione di una linea comune in grado di fronteggiare la Dc e il Pci. È stata la rigidità bipolare della guerra fredda con i blocchi comunista e anticomunista che ha ostacolato le riforme necessarie in una società industriale, pur tentate nelle diverse stagioni dal mondo laico. In particolare, l’autore concentra l’attenzione sul percorso di Ugo La Malfa che, insieme al radicale Mario Pannunzio, tentò negli anni Cinquanta, senza riuscire, di costruire una terza via con la fusione di liberali e democratici, così come negli anni Sessanta non fu in grado di far progredire il progetto di modernizzazione del Partito repubblicano che un decennio più tardi lasciò il passo alla promozione dell’unità nazionale con Aldo Moro ed Enrico Berlinguer.
Battaglia sostiene che l’importanza del riformismo della Prima Repubblica sta nel crocevia tra il liberalismo classico e la linea “democratica” dell’intervento pubblico che ebbe come numi tutelari Giovanni Amendola e Francesco Saverio Nitti, quindi Benedetto Croce, Gaetano Salvemini, Ignazio Silone e Carlo Sforza e come ispiratori Keynes, Beveridge, Schumpeter, Ropke e Myrdal: «La collaborazione della sinistra laica con la parte riformista del mondo cattolico ha prodotto i soli elementi stabili di modernità esistenti nella struttura del Paese». Chi vorrà fare una storia della Repubblica non mutilata dal paradigma cattolico-comunista, dovrà rivisitare il primo cinquantennio repubblicano e riformulare un quadro più equilibrato della vulgata corrente, utilizzando la ricerca-memoria di Battaglia sui laici. I quali, non sono stati certo “vincenti”, ma neppure “perdenti” come si usa ripetere con una distorsione storica che trascura la rilevanza politica della democrazia laica e la vivezza culturale delle iniziative messe in cantiere dai settori più moderni ed europei della società italiana.
Adolfo Battaglia, Né un soldo, né un voto. Memoria e riflessioni dell’Italia laica , prefazione di Stefano Folli, il Mulino, Bologna, pagg. 332, € 24,00
Il libro sarà presentato a Roma
alla Camera dei deputati il 7 maggio, alla Sala del Cenacolo, alle 17,30. Interverranno Gerardo Bianco, Giuliano Ferrara, Giuseppe Galasso, Stefano Folli, Alfredo Reichlin. Presiederà Giorgio Bogi