domenica 26 aprile 2015

Il Sole 26.4.15
Commissione trilaterale a Seul
L’Oriente si interroga sugli immigrati
di Stefano Carrer


Il tema dell’immigrazione sta diventando sempre più una grande questione geopolitica che chiamerà i Paesi avanzati a una complessa sfida anche identitaria. Non è un caso che sia stato affrontato alla riunione mondiale annuale a Seul della Commissione Trilaterale e che sarà in primo piano nel prossimo vertice che si terrà nell’aprile 2016 a Roma, come ha anticipato il presidente del gruppo italiano della Trilaterale, Carlo Secchi. Che sia prodotto di disastri geopolitici in aree a forti tensioni o risposta al tendenziale calo della popolazione in una serie di Paesi avanzati, afferma l’ex rettore della Bocconi, la questione dell’immigrazione, dei suoi flussi e della sua regolamentazione sta diventando una di quelle cruciali del nostro tempo.
Così il consesso di circa 400 influenti membri della società civile o ex politici di primo piano (18 gli esponenti italiani) ha deciso di approntare un “task force report” in proposito per il suo prossimo summit romano. Se l’ex segretario di Stato Colin Powell ha sottolineato che uno dei punti di forza degli Usa è quello di essere una nazione di immigrazione, esperti sudcoreani e giapponesi hanno avvertito che i loro Paesi non sono ancora pronti a quella che sarà una decisione inevitabile in futuro, ossia quella di allargare le maglie dell'immigrazione in relazione alle conseguenze del loro bassissimo tasso di natalità. Hitoshi Tanaka, presidente dell’Institute for International Strategy di Tokyo, ha evidenziato le prospettive deprimenti di un Giappone che entro il 2050 dovrebbe avere 30 milioni di persone in meno rispetto a una popolazione attuale di 127 milioni. Uno scenario che finisce inevitabilmente per inserirsi in quella che appare come la più importante questione geopolitica in Asia (e oltre): come il mondo debba affrontare la crescita dell’influenza economica e politica della Cina. A questo proposito, vari esponenti americani della Trilaterale – a partire dal presidente del gruppo regionale, Joseph Nye – hanno riconosciuto come un grave errore l’opposizione Usa al decollo della banca asiatica per le infrastrutture promossa da Pechino (Aiib), in quanto si sarebbe dovuto piuttosto cercare di assecondare e influenzare un progetto “inserito in un format istituzionale” (Nye).
Il Giappone per ora non ha seguito l’esempio degli europei (Italia compresa) e degli altri alleati regionali degli Usa come Corea del Sud e Australia, ma a Tokyo cresce la voglia di aderire alla Aiib. «Il Giappone ha un interesse strategico nel contribuire alla definizione e alla governance dell’Aiib – afferma Yoichi Funabashi, presidente del think-thank Rebuild Japan Initiative – Credo che il premier Shinzo Abe debba cogliere l’occasione del suo imminente viaggio in Usa per parlarne: proprio perché comprensibilmente allarmato dall’ascesa cinese, Tokyo proteggerebbe meglio i suoi interessi non opponendosi alle iniziative regionali cinesi ma influenzandole per cercare di dar vita a relazioni più costruttive».