domenica 26 aprile 2015

La Stampa 26.4.15
“Fascismo”, il grande assente del vocabolario renziano
La parola esce da spot e tweet di governo: caso o strategia?
di Fabio Martini


Nelle esternazioni dedicate dal presidente del Consiglio al settantesimo anniversario della Liberazione - discorsi o tweet - non sono mai comparse le parole «fascismo» o «fascista». Una scelta pensata? Una casualità? O invece, e sarebbe egualmente interessante, una strategia implicita e inconscia di chi ha interiorizzato come superate le tradizionali definizioni storiche?
Anche i tre spot preparati dal governo (per la prima volta trasmessi gratuitamente da tutte le reti private), contengono la stessa “omissione”: poche e intense parole, dedicate «all’avvenire che ci hanno donato» i protagonisti della Liberazione. Liberati da chi e da cosa, gli spot non lo dicono, lo considerano implicito, protesi come sono in un futuro di memoria condivisa.
Eppure, dal complesso delle iniziative assunte dal governo per il settantesimo anniversario della Liberazione emerge un doppio registro. Da una parte, le manifestazioni indirizzate al grande pubblico hanno avuto un impianto tradizionale, “politicamente corretto”. Su RaiUno, la trasmissione “Viva il 25 aprile”, di fattura nazional-popolare, è stata affidata ad un personaggio rassicurante per un’opinione pubblica genericamente anti-fascista come Fabio Fazio. Lo stesso passo è stato impresso alle manifestazioni e agli spettacoli voluti o finanziati dal governo, che si sono svolti in varie città. Una buona partecipazione ha riscosso anche la Call-to-Action lanciata su Twitter per raccogliere risposte alla domanda: «cosa è per tre il coraggio?».
Più personale, minimalistico, l’apporto di Renzi. Il 21 aprile il presidente del Consiglio ha partecipato alla tradizionale manifestazione a Marzabotto. In un intervento di 3 minuti e mezzo, Renzi ha ringraziato «i sopravvissuti» e i caduti «perché noi fossimo liberi» ed ora «è come se dessero la staffetta del testimone» ai giovani, «la storia che continua». Ad un certo punto Renzi si è trovato in mezzo ad un gruppo di ragazzi che hanno cantato “Bella ciao”, si è messo a cantare anche lui, ma poi nel filmato della visita, preparato a palazzo Chigi e visionabile sul sito governo.it, l’intermezzo non compare. Ieri Renzi ha dedicato all’evento un tweet scarno: «Abbiamo previsto diversi eventi per il 70° anno della Liberazione. Buon 25 Aprile a tutti! #ilcoraggiodi”». Dopo aver partecipato alla cerimonia istituzionale al Vittoriano, Renzi si è trasferito nella sua casa di Pontassieve. Una partecipazione essenziale e un lessico senza enfasi, connotazioni che però Renzi non ha voluto sottolineare. Un approccio diverso da quello del Capo dello Stato, ma evidentemente indirizzato ad uso di un’opinione pubblica non di sinistra? «Nel passato - sostiene uno storico culturalmente di centrodestra come Alessandro Campi - c’è stata sicuramente un’inflazione semantica del termine fascista, si è spesso giocato sull’assonanza e il berlusconismo è stato vissuto come nuovo fascismo. Renzi, proponendo una versione light della Resistenza, un po’ pragmaticamente e un po’ opportunisticamente, cerca di coinvolgere nel suo partito della nazione anche una opinione di destra liberale. Ma nel suo approccio c’è anche un fattore generazionale: lui non vive il passato come oggetto di contesa politica e di rimeditazione continua. Un approccio che era tipico di una formazione di tipo storicista e che trova sempre meno interesse nelle generazioni più giovani».