sabato 25 aprile 2015

Il Sole 25.4.15
Tutte le strade portano a Pechino
La nuova Via della Seta è destinata a snodarsi per mare e per terra
di Rita Fatiguso


Tutte le strade portano a Roma. A guardare la mappa all’ingresso della mostra del Museo Nazionale dedicata alla Via della Seta il motto degli antichi romani è intramontabile: aperta a novembre, durante l’Apec, dal presidente Xi Jinping in persona, la rassegna ricostruisce civiltà e percorsi dell’antica via che dalla Cina all’Asia centrale, attraverso l’Asia minore, risaliva su per la Grecia, tagliava i Balcani approdando a Venezia e poi, inevitabilmente, a Roma.
Dove arriva, invece, la Nuova Via della Seta del jiebanren, l’erede designato, ora chairman Xi Jinping, che da due anni governa la Cina all’interno con pugno di ferro mentre in politica estera continua, instancabile, a tessere legami tra il suo Paese e il resto del mondo?
Le cartine geografiche fioccano e nessuna sembra essere quella ufficiale, Roma appare e scompare, per esempio, i contorni dell’Europa variano sensibilmente, tuttavia la Via della Seta di Xi è destinata a snodarsi per mare e per terra secondo un disegno ormai chiaro: la Cina vuol abbracciare il mondo da una prospettiva asiatica e sarebbe questa l’ispirazione di fondo della Nuova Via della Seta e dell’iniziativa marittima del 21esimo secolo, la strategia a tenaglia nota come “one belt one road”. Come dire 62 miliardi di dollari messi in palio per strade, autostrade, ferrovie, porti e altre infrastrutture all’estero e per creare domanda per le esportazioni industriali cinesi. Con tanto di Silk Fund (investimenti in equity) da 40 miliardi, la nuova Banca delle infrastrutture Aiib da 50 miliardi alla quale hanno aderito 57 Paesi, per non parlare della Banca dei Brics e del Caf, il fondo di investimento per la cooperazione Cina-Asean nato appena cinque anni fa. Una potenza di fuoco economica, una sfilza di strumenti a disposizione dell’azione di Pechino per creare, in buona sostanza, un’alternativa alla politica dettata dagli Usa. In Asia e non solo.
Ma quali sono i reali confini a Ovest della Nuova Via della Seta? «L’espressione Nuova Via della Seta l’ha inventata un tedesco - dice presentando il piano di azione Ou Xiaoli, direttore generale del dipartimento delle Regioni dell'Ovest della National and Reform Commssion (Ndrc), ma il presidente ci pensava già da tempo. I confini? Dipenderanno dagli Stati, saranno i singoli Paesi a decidere come e quando inserirsi nella strategia più generale».
Una prima tappa della Nuova via si è appena delineata in questi giorni con la visita a Islamabad di Xi Jinping, la capitale in festa e le gigantografie del presidente cinese definito amico del Pakistan. La Cina ha appena aperto una linea di credito da 43 miliardi di dollari per infrastrutture legando a sé uno Stato cruciale nella geopolitica di Pechino e nei rapporti tra Oriente e Occidente. Ovvio: la nascita di un superpotere economico si associa inevitabilmente a una crescita dello status geopolitico, e l’aumento dell’influenza geopolitica cinese spingerà il resto del mondo a nuovi equilibri.
Ma la Via della Seta ha un forte contenuto economico e se tocca ai Paesi decidere come approfittare di questa nuova strategia cinese, allora bisogna evidenziare lo snodo ferroviario di Chongqing verso Duisburg in Germania, nel cuore dell’Europa che potrebbe continuare a Sud verso Roma, un ottimo capolinea, come ai tempi dei romani, raggiungibile attraverso trasporti su gomma. L’Italia, che ha appena aderito come socio fondatore all’Aiib, ha tutto l’interesse a partecipare a una lunga serie di opera infrastrutturali che si prospettano e ha bisogno, a sua volta, di infrastrutture. Per non parlare dei porti, il potenziale marittimo italiano è ancora lontano dall’essere pienamente sfruttato, a differenza della Grecia che, invece, è pronta ad approfittare della Via della Seta Marittima.
«C’è anche una via finanziaria che potrebbe essere interessante - dice Mattia Marino che per Ambrosetti ha curato un forum pubblico e una tavola rotonda a porte chiuse a Qianhai vicino a Shenzhen, snodo cruciale della Via Marittima – bisogna considerare lo sviluppo finanziario dell’Europa, e la ristrutturazione finanziaria che è in atto in Asia. Shenzhen è vicina a Hong Kong e Hong Kong è connessa a Shanghai, si apre un canale che non è solo fatto di merci, ma di expertise e di competenze anche nella finanza».
Quest’anno gli investimenti cinesi all’estero dovrebbero superare quelli realizzati da aziende straniere in Cina, che pure nel 2014 è risultata la prima meta al mondo per gli investimenti. «Ebbene, le performance complessive delle aziende cinesi operanti all’estero sono ancora molto scarse – continua Mattia Marino - e le istituzioni finanziarie hanno bisogno di imparare a investire nelle persone e, soprattutto, nel futuro delle persone. Se non si affrontano questi problemi si rischia da parte dell’Europa di perdere l’aggancio allo sviluppo delle imprese di successo cinesi come Alibaba e JD.com: la Cina ha un grande mercato online con una popolazione Internet di 600 milioni. Non si può restarne fuori». E aggiunge: «L’Europa nel complesso rappresenta il 7% della popolazione mondiale, ma produce più del 23% del Pil e tocca circa il 50% della spesa sociale. La zona euro sta affrontando dinamiche molto complesse con un alto debito legato alla bassa crescita, l’Europa torna a crescere ma molto lentamente rispetto al Nord America: quale migliore occasione di programmi come quello lanciato in grande stile dalla Cina che offre positivi potenziali opportunità per l’Europa che ha bisogno, invece, di aumentare la competitività attraverso un processo di ristrutturazione fondamentale e di partnership con l’Asia?».
Ma la lettura dei fatti non è mai univoca. Tocca a Tom Miller di GavekalDragonomics, società di consulenza che ha appena illustrato il caso Silk Road in un incontro-seminario nell’ambasciata Britannica: «Sono scettico, la Cina non ha un grande interesse per l’Europa, in questo momento, quindi la Nuova Via della Seta difficilmente tornerà a essere quella che era nell’antichità. L’interesse dei cinesi al momento più forte è quello di influire dal punto di vista geopolitico nell’area asiatica consolidando le posizioni e dal punto di vista economico esportando prodotti di aziende in overcapacity. Le cui quotazioni non a caso si sono impennate man mano che il disegno prendeva corpo. Se e come Pechino riuscirà a governare questi processi in loco non è possibile saperlo. La crisi del porto di Colombo, in SriLanka e altri vari focolai di tensione dimostrano che la Cina ha ancora molta strada davanti a sè prima di potersi realmente definire una potenza geopolitica dotata di un’influenza reale. L’Europa, anche per questo, non è immediatamente nel mirino della Cina, la Cina guarda all’Eurasia”.