martedì 21 aprile 2015

Il Sole 21.,4.15
E l’immigrazione diventa per Renzi un test di leadership in Europa
di Lina Palmerini


Quello che suggerisce l’emergenza sbarchi - e prima ancora la crisi economica - è che oggi un leader nazionale, per restare tale e mantenere il consenso, deve imporre la sua leadership anche in Europa. Insomma, non esiste più un leader credibile in patria se non riesce ad avere una forza politica e negoziale a Bruxelles.
I fatti di queste ore hanno reso più evidente come la performance del premier italiano - e di tutti - si sia duplicata: vale in casa e deve valere a Bruxelles. Non esiste più l’una senza l’altra, più si è forti nei tavoli europei più si è forti a Roma. Se una volta quello che si riusciva - o no - a strappare dall’Unione era cosa per addetti ai lavori, adesso è alla portata delle opinioni pubbliche che hanno ben compreso quanto l’Ue condizioni i passaggi cruciali di un Paese. Ed è quindi naturale che il primo riflesso di Renzi, dopo la tragedia dei profughi morti in mare, sia stato quello di annunciare, prima ancora di averla organizzata, una riunione straordinaria del Consiglio europeo per fronteggiare l’emergenza umanitaria. Così come aveva fatto sulla crisi economica, lanciando frasi a effetto, così sta giocando la partita con l’Europa anche sul piano comunicativo. Soprattutto ora che siamo già in campagna elettorale per le regionali e l’immigrazione sarà uno dei punti dirimenti per il consenso, in particolare in una Regione come il Veneto ma non solo.
Ecco in questo mese e mezzo dal voto, Renzi dovrà offrire una performance anche europea: non rivendicare solo i risultati italiani - l’arresto dei 1002 scafisti - ma dimostrare che ha strappato ciò che serviva all’Italia per frenare o gestire meglio il flusso costante di barconi ed evitare tragedie come quella di domenica. Non è un caso che il primo a rispondere all’appello del premier per una riunione straordinaria del Consiglio Ue sia stato David Cameron, anche lui alle prese con una campagna elettorale e incalzato dal leader dell’Ukip, Nigel Farage, che gli ricorda la guerra a Gheddafi nel 2011 e quindi gli addebita il caos in Libia. Anche il premier di Downing Street ha una doppia performance da esibire agli inglesi, alzare la voce in Europa per guadagnare terreno in casa dove ha fallito l’obiettivo di diminuire i flussi di immigrazione come aveva promesso. E un doppio palcoscenico politico è quello di Tsipras che ha vinto le elezioni in Grecia promettendo il braccio di ferro con Berlino e ora sta perdendo consensi interni mentre si allunga l’ombra Grexit. Insomma, il lavoro si è raddoppiato per tutti. E i premier salgono e scendono nei sondaggi anche per i trofei o le sconfitte che incassano sui dossier europei, con la Merkel o con Juncker.
Per questa ragione Renzi per rafforzarsi deve rafforzare la sua immagine e capacità a Bruxelles prendendo un’iniziativa politica ben chiara e visibile. Ora ha anche la sponda di Sergio Mattarella che ieri è stato insolitamente duro ricevendo i presidenti dei parlamenti europei. Il capo dello Stato, chiedendo maggiori sforzi da Bruxelles, ha segnalato un deficit politico importante. Una critica all’Ue, è vero, ma anche uno sprone al premier che è parte in causa del lassismo dei governi europei. Se è vero, come diceva il portavoce del presidente francese, che questa tragedia è uno spartiacque, l’unico che può farlo diventare una priorità politica dell’Ue è il premier italiano. Il voto regionale è alle porte e Renzi sarà giudicato anche per i risultati che porterà di ritorno da Bruxelles.