martedì 7 aprile 2015

il Fatto 7.4.15

Avanti baluba: i bersaniani alla ritirata di Pasquetta
D’Attorre, fedele all’ex segretario del Pd allontana il momento della resa dei contin con Renzi sull’Italicum:
“Una battaglia in Commissione non avrebbe senso
di Tommaso Rodano


Eppure le parole di Pier Luigi Bersani a Repubblica non avevano lasciato margine di interpretazione. Parlando dell’Italicum, l’ex segretario del Pd aveva ruggito l’ennesimo ultimatum a Renzi: “Non sono così convinto che abbia i numeri per approvarlo, a partire dalla commissione Affari costituzionali. Ne dovrà sostituire tanti di noi per arrivare al traguardo”.
Come non detto. Se battaglia sarà, non è ancora il momento. Non in commissione, per lo meno. A certificare la strategia, uno dei deputati più vicini al vecchio leader di Bettola. Alfredo D’Attorre, tra i critici più tenaci della dittatura renziana nel Pd, si augura “che questi giorni di riflessione pasquali possano aver aperto uno squarcio di saggezza” nelle monolitiche convinzioni del presidente del Consiglio. La settimana appena iniziata è quella in cui l’Italicum approda in commissione a Montecitorio. Lì i deputati del Pd che vogliono cambiare il testo approvato al Senato sono almeno nove, forse anche dieci o undici. Una pattuglia che avrebbe rischiato seriamente di mandare sotto la maggioranza e di aprire la resa dei conti nel partito una volta per tutte. Sarebbe bastato un emendamento per rimandare il testo a Palazzo Madama, dove i numeri sono ballerini. Un’ipotesi inaccettabile per Renzi.
NON SARÀ COSÌ. D’Attorre misura le parole con equilibrio. La forma è politichese, la sostanza è piuttosto chiara: “Personalmente penso che possa esserci una nostra disponibilità a non far valere la nostra presenza in prima commissione, a condizione che il governo sgombri il campo dall’ipotesi inaccettabile di porre la fiducia sull’Italicum. Se il governo dice una parola chiara su questo, si può anche decidere di spostare direttamente il confronto in aula”. Tradotto: se Renzi rinuncia alla minaccia del voto di fiducia, la battaglia può essere posticipata. Non più in commissione, dove appunto i bersaniani avevano i numeri per far tremare il premier, ma direttamente in Aula. Nessuna incoerenza, secondo D’Attorre: “Come ho sempre detto pubblicamente, questa legge elettorale così com’è non sono disposto a votarla”. Ma allora perché aspettare ancora? “Perché se pure riuscissimo a far passare alcuni emendamenti, poi in aula basterebbe un’altra maggioranza che vuole ripristinare il testo originale e quelle modifiche verrebbero cassate, come avvenuto nel caso della riforma costituzionale. L’unico voto decisivo è quello dell’Aula. In assenza di un accordo, il voto della Commissione non determina un vincolo rispetto all’Aula”.
D’accordo, ma allora perché la scorsa settimana avevate promesso di scatenare il Vietnam in prima commissione? “Non mi pare proprio. Non troverà una singola dichiarazione in cui sostengo che la commissione sia il luogo decisivo”.
Le promesse di pugna più cruente, in effetti, non appartengono al bersaniano D’Attorre ma a Bersani in carne ed ossa. Sulle colonne di Repubblica, mercoledì scorso, l’ex segretario non si è limitato – come scritto – a dubitare della capacità del governo di far approvare l’Italicum in commissione Affari costituzionali. Ha detto di più: “Renzi vuole l’abolizione della rappresentanza. Punta a una sistema che non esiste da nessun’altra parte al mondo e che non ci copierà proprio nessuno, perché l’Europa ma anche gli Stati Uniti non sono governati da baluba”.
ORA PERÒ si apprende che il baluba, nella migliore delle ipotesi, lo si sfida in Aula, stante la “disponibilità a non far valere la nostra presenza in commissione” pronunciata da D’Attorre. E se anche allora Renzi dovesse tirare dritto – come ha sempre fatto – ignorando gli emendamenti della minoranza? A quel punto, secondo D’Attorre, lo scontro sarebbe inevitabile: “Il premier si assumerebbe una responsabilità molto seria. Ci si accorgerebbe che non è più tempo di penultimatum. Come ha detto Bersani, penso che larga parte delle minoranze non accetterebbero di votare la legge elettorale così com’è”.
Quindi l’ennesimo ultimo baluardo degli antirenziani, sarebbe infine la riforma costituzionale: “Se la legge elettorale dovesse passare con una spaccatura profonda del Pd, a quel punto è evidente che Renzi pensa di abbandonare la riforma costituzionale al suo destino. Se Renzi vuole ottenere l’Italicum anche a costo di dividere il Pd, semplicemente per avere una strada per andare alle elezioni, lo dica apertamente e discutiamo di questo, organizzando un percorso trasparente e un congresso prima del voto”.