martedì 7 aprile 2015

Corriere 7.4.15
Regionali, i timori di Renzi per le scelte della minoranza
«In Liguria c’è chi vuole farci perdere». Venerdì il sottosegretario
di Maria Teresa Meli


ROMA «Venerdì nominerò il nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio»: così Matteo Renzi. Non sarà quindi oggi, come si riteneva la settimana scorsa, il giorno del debutto del sostituto di Graziano Delrio. Anche perché quello di oggi, come spiega lo stesso premier, sarà un Consiglio dei ministri «in cui verrà solo presentato il Def, ma non si approverà nulla».
Venerdì, invece, la nuova riunione del governo varerà il Documento di economia e finanza, e per allora ci sarà un nuovo sottosegretario a verbalizzare i lavori del Consiglio. Due i nomi rimasti in lizza: quelli della vicepresidente del Senato Valeria Fedeli e del viceministro allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti.
È probabile che sia quest’ultimo (un tecnico proveniente dall’area bersaniana) il prescelto. Il suo posto al dicastero potrebbe essere preso da un esponente del Nuovo centrodestra, benché Renzi neghi un rapporto di causa ed effetto tra le due cose. Come, del resto, il presidente del Consiglio sostiene che non dipende dall’attesa che il Ncd faccia il nome del ministro degli Affari regionali la decisione di nominare solo venerdì il sostituto di Delrio.
«Io — ha detto Renzi ai collaboratori -— quello che avevo da dire al Nuovo centrodestra l’ho detto, quindi considero chiusa la vicenda». Ossia: quando vorranno propormi il loro candidato al dicastero, bene, ma io non cambio programma, né recedo. I fondi europei resteranno a Delrio, al dicastero del Ncd potranno andare solo quelli regionali.
Renzi, facendo il punto con i fedelissimi ha spiegato che gli alleati centristi sono divisi. C’è chi, come Alfano, non avrebbe nessun problema a chiudere adesso la vicenda dandogli un nome, anche perché in questo modo eviterebbe lo stillicidio delle dichiarazioni e delle ambizioni degli aspiranti (o delle aspiranti) a quel dicastero. Negli ultimi giorni si sono già fatte avanti in due. Prima Dorina Bianchi: «Se mi chiamano sono pronta». Poi Erminia Mazzoni: «Ho il curriculum per fare il ministro». Ma, ha raccontato il premier ai suoi, c’è invece una parte, non piccola, di Area popolare che vorrebbe aspettare a dopo le Regionali con questa motivazione: «Se facessimo adesso il nome sembreremmo troppo appiattiti su Renzi e questo in campagna elettorale non ci conviene».
In settimana dovrebbe essere sciolto anche questo nodo e il Ncd farà la sua scelta definitiva sui tempi. Il presidente del Consiglio scioglierà il suo, di nodo, comunque, venerdì prossimo.
Dunque, questa, è una settimana decisiva per molti versi, sia sul fronte economico che su quello dell’organigramma di governo. Non solo: domani l’Italicum approderà in commissione Affari costituzionali della Camera, per cui la minoranza pd si sta preparando all’appuntamento della legge elettorale. Non è su quel campo che però il premier teme le insidie e le possibili imboscate dei suoi oppositori interni. Ma su un altro, quello delle Regionali, perché sta notando tutto un lavorio che non gli piace affatto. Come se la minoranza, o almeno una sua parte, cercasse la rivincita nei suoi confronti nelle urne, manovrando per non far ottenere al partito da lui guidato un buon risultato anche alle prossime Regionali di fine maggio.
Insomma, Renzi si è convinto che, per esempio, in Liguria ci sia dentro il Pd chi «sta lavorando per far perdere la candidata Lella Paita». «Noi — si è sfogato il premier — sosteniamo Casson (civatiano, ndr ) onestamente, impegnandoci in maniera trasparente, loro, invece, preferiscono perdere una Regione e consegnarla a FI pur di fare male al Pd. Altro che ditta, quando perdono scappano o mettono in campo un altro candidato, Pastorino, come in Liguria, al solo scopo di far vincere Toti. Se pensano di trasformare quella Regione nella ridotta dei Tafazzi si accomodino pure, noi faremo la nostra battaglia a viso aperto, come abbiamo sempre fatto».
È un atto di accusa forte, quello del segretario, il quale ritiene che una parte della minoranza sia pronta veramente a tutto pur di ottenere la sua «rivincita».