martedì 7 aprile 2015

Corriere 7.4.15
Italicum, i tormenti della sinistra pd: sarà battaglia in Aula
L’ipotesi di abbandonare prima la Commissione
di Monica Guerzoni


ROMA Non è bastata la Pasqua a riportare la pace tra le diverse anime del Pd. Sulla legge elettorale si continua a litigare. Matteo Renzi non intende modificare di una virgola l’Italicum e la minoranza mantiene il punto: se il testo non cambia, i deputati bersaniani non lo voteranno. «Saremo coerenti con le nostre posizioni. Nessuno di noi potrà sottrarsi agli impegni assunti pubblicamente — conferma la linea dura Alfredo D’Attorre — Nessuno potrà accusarci di slealtà o rimproverarci colpi di testa, perché Bersani ha sempre detto che questa legge non sta in piedi».
Da domani il muro contro muro proseguirà in commissione Affari costituzionali, dove la legge verrà incardinata e farà i suoi primi passi in terza (e decisiva) lettura. Ma il nodo da sciogliere è tutto politico e, salvo miracoli, la riunione del gruppo la prossima settimana non servirà che a formalizzare la spaccatura. Il via libera all’Italicum sarà approvato a maggioranza e chi non ci sta dovrà trarne le conseguenze.
In Commissione è la minoranza ad avere i numeri e Renzi chiederà ai deputati della sinistra che ne fanno parte di lasciare il posto, perché la legge possa proseguire senza intoppi. Bersani è pronto a dimettersi, prima che il leader glielo chieda. E altri potrebbero seguirlo. Rosy Bindi lascerà solo su pressioni del premier: «Io non mi dimetto».
Il passaggio si annuncia delicato e non indolore, come fa capire il vicecapogruppo Ettore Rosato: «La direzione ha già deliberato e ora tocca al gruppo. Non ci sono altre vie, bisogna andare avanti. Abbiamo mediato così tanto che io mi aspetto un’ampia convergenza». E chi non ci sta? «Noi lavoriamo perché ci stiano tutti». Non ci staranno tutti, no. La spaccatura sembra inevitabile. Francesco Boccia si augura che non ci sia una scissione e, al Giornale , dice qual è la via per scongiurarla: evitare «operazioni di pulizia etnica», come sostituire presidenti o membri di Commissione.
Per D’Attorre «è stato Renzi a parlare di scissione, mentre nessuno di noi lo ha fatto». La minoranza ha indicato «correzioni indispensabili per mettere in equilibrio il sistema» e il bersaniano chiede al segretario del Pd di stare al merito della questione: «Renzi non banalizzi, perché non stiamo parlando di capricci né di dettagli. Pensi piuttosto a sgombrare il campo dall’ipotesi assurda di porre la fiducia, scelta inconcepibile che solleverebbe una reazione democratica molto vasta nel Paese». Anche D’Attorre fa parte della Affari costituzionali e per ora resta al suo posto: «Dimettermi? Vedremo. Il confronto avverrà in Aula». I membri della Commissione che appartengono alla minoranza (Cuperlo, Lattuca, Giorgis, Meloni, Pollastrini...) si vedranno prima della riunione del gruppo per decidere una linea comune. Cosa farà Bersani? «Di certo non si metterà a fare la guerriglia e se non si trova un accordo lascerà il suo posto prima che glielo chiedano», prevedono i fedelissimi dell’ex segretario.
Il ruolo più difficile tocca al presidente dei deputati. Nella doppia veste di capogruppo e di leader della minoranza di Area riformista, Speranza cercherà una mediazione fino all’ultimo minuto utile per scongiurare la spaccatura della sua corrente e del Pd. Il capogruppo ha avvisato Renzi. Ha detto con chiarezza che la maggioranza, se restringe troppo l’area di chi vota le riforme, rischia di perder pezzi in Aula. E poiché ha letto che il premier potrebbe chiamare a Palazzo Chigi un esponente della minoranza (Fedeli o De Vincenti) sgombra il campo da interpretazioni fuorvianti.
«Se qualcuno pensa di placare la minoranza offrendo una casella da sottosegretario in cambio del via libera alla legge elettorale, sbaglia — chiarisce Speranza — Noi non chiediamo posti. Semmai li mettiamo a disposizione, come ho fatto io». Qual è la strada per un’intesa? «Se Renzi vuole aprire alla minoranza, metta mano alla legge elettorale».