Corriere 7.4.15
Nascita della Turchia, storie di popoli e di frontiere
risponde Sergio Romano
Il 10 agosto 1920 l’Impero ottomano firmava a Sèvres il trattato di pace che definiva i termini dell’accordo con le potenze vincitrici della Prima guerra mondiale. In pratica, venivano definiti quelli che avrebbero dovuto essere i nuovi confini della Turchia. A quel punto subentrò quella che fu chiamata «Sindrome di Sèvres» e si dovette attendere sino al ‘23, con il trattato di Losanna, per risolvere definitivamente la questione dei confini. A che cosa fu dovuto questo ritardo e in cosa consisteva la «sindrome di Sèvres»?
Daniele Tellino
Caro Tellino,
La «sindrome di Sèvres» non è una malattia o una linea politica. È la percezione turca dell’umiliante trattamento che il Paese dovette subire dopo la Grande guerra. L’Impero ottomano era già stato spartito a tavolino, prima della fine del conflitto, da due esperti di problemi mediorientali. Muniti di matite e righelli, il diplomatico francese François Georges Picot e l’ufficiale inglese Mark Sykes avevano spezzettato le province arabe dell’Impero a cui sarebbe stata garantita una indipendenza puramente formale. La sorte della Turchia ottomana, invece, fu decisa a Sèvres con uno dei molti trattati che compongono la «pace di Versailles».
Le mutilazioni furono numerose. La Turchia perdette il controllo degli Stretti, cedette una parte del suo territorio a un futuro Kurdistan e un’altra parte alla Repubblica d’Armenia. Dovette garantire alla Grecia una zona d’influenza intorno a Smirne, una seconda all’Italia nella provincia di Adalia e una terza alla Francia nei territori al confine con la Siria. Il piano andò all’aria quando un generale che si era distinto durante la battaglia di Gallipoli, Mustafa Kemal, riorganizzò l’esercito, cacciò i greci dal territorio nazionale, destituì il sultano, abolì il Califfato e proclamò una Repubblica di cui sarebbe stato il leader indiscusso sino alla morte con il nome di Kemal Atatürk.
Grazie alle sue vittorie militari, il Trattato di Sèvres venne sostanzialmente modificato a Losanna nel 1923. Italia e Grecia dovettero rinunciare alle loro rispettive zone d’influenza, curdi e armeni perdettero alcune delle prerogative conquistate due anni prima e le grandi potenze dovettero riconoscere che il regime delle capitolazioni, di cui i loro cittadini avevano beneficiato sino alla vigilia della Grande guerra, apparteneva ormai a un passato non più resuscitabile. Ma la nuova Turchia cedette Cipro alla Gran Bretagna e il Dodecaneso all’Italia.
Vi fu anche, caro Tellino, uno scambio di popolazioni. Un milione e mezzo di greci dovettero abbandonare la Turchia e trecentomila cittadini ottomani di religione musulmana lasciarono Creta e i territori della Grecia meridionale in cui erano si erano installati sin dall’epoca della conquista. Fu una brutta pagina di storia europea, una formula che sarebbe stata adottata durante il Novecento anche in altri continenti su scala molto più grande. Penso in particolare al colossale esodo di popolazioni hindu dal Pakistan e musulmane dall’India dopo la proclamazione dei due Stati nel 1947.