domenica 5 aprile 2015

Corriere 5.4.15
Francia
Ma una legge potrà debellare l’anoressia?
di Stefano Montefiori


A prima vista, la proposta di legge contro l’istigazione all’anoressia approvata dall’Assemblea nazionale francese sembrerebbe una misura di buon senso: l’anoressia è una malattia grave, farne la propaganda è spaventoso, chi incita alla magrezza estrema — su Internet, con i siti «pro ana» — va punito. Come non essere d’accordo?
E invece, si può non essere d’accordo. Intanto perché c’è il sospetto di un polverone politico-giuridico che viene sollevato periodicamente in più Paesi con uguale, scarsa efficacia: un emendamento analogo, anzi più severo (due anni di prigione invece di uno, 30 mila euro di multa invece di 10 mila) era stato già presentato in Francia nel 2008, senza arrivare mai all’approvazione definitiva del Senato (e anche stavolta manca quel passaggio, la proposta non è ancora legge). Poi, i relatori francesi hanno portato a esempio l’Italia, dove nell’agosto scorso è stato presentato un testo bipartisan dai contenuti simili, che però è rimasto lettera morta.
Se queste misure raccolgono eco immediata ma poi faticano a entrare in vigore, è anche perché molti esperti le giudicano controproducenti: i divieti vorrebbero combattere la malattia, finiscono per colpire i malati. «Ho un vuoto allo stomaco, è lo stress — si legge per esempio sul sito Pro-Ana, Mon Désir —: lo stress di non raggiungere mai la magrezza. Quando penso al ventre piatto, alle ossa all’infuori, mi viene l’angoscia. Sogno un corpo perfetto, ma il mio non è che un ammasso di grasso». Questa persona è da condannare o da aiutare? Il suo sfogo va represso penalmente o affrontato al più presto con cure mediche?
I molti oppositori alla proposta di legge francese, per esempio il gruppo di sociologi e filosofi riuniti nell’équipe «Anamia», sostengono che questi siti sono — anche — dei luoghi di aiuto reciproco, dove i malati possono scambiarsi sì informazioni sulla restrizione calorica, ma pure su un buon psichiatra. Una loro ricerca condotta dal 2010 al 2014 ha dimostrato che le misure di repressione intanto sono inutili, perché è molto facile spostare un contenuto proibito da un sito a un altro; ma soprattutto spingono i malati a nascondersi, a sentirsi perseguitati, a rinchiudersi ancora di più in una nicchia auto-riferita senza rischiare contatti con il mondo esterno che invece potrebbe, dovrebbe salvarli.
Il problema è ovviamente complesso e tutti i tentativi di affrontarlo meritano attenzione. Però, c’è il pericolo che ancora una volta si scelga la scorciatoia più facile. Le società — e i sistemi sanitari — fanno fatica a individuare e risolvere le cause profonde, famigliari, esistenziali, psichiatriche dell’anoressia. Vietare i forum su Internet è più semplice, e risponde alla tentazione in voga di reprimere «il lato oscuro della Rete». Resta il dubbio che prendersela con i sintomi non serva a sconfiggere la malattia.