venerdì 3 aprile 2015

Corriere 3.4.15
Le ombre sull’accordo che cambierà il mondo
Il negoziato spinto dagli Usa ora alla prova
di Franco Venturini


In tutti i grandi negoziati fermare l’orologio e continuare a trattare equivale a escludere la possibilità di un fallimento. Troppo gravi sarebbero le ricadute politiche per chi, volendo fare la storia, scopre invece di doversi arrendere alla sconfitta. Ma escludere il fallimento non significa garantire il successo, e il confronto nucleare di Losanna tra l’Iran e le potenze occidentali fiancheggiate da Russia e Cina ha sfiorato più volte il disastro prima di riuscire, ieri sera, a produrre un accordo-quadro che nelle limitazioni al programma nucleare di Teheran va al di là delle attese e incoraggia le parti a negoziare ancora per giungere all’intesa definitiva entro la fine di giugno. Letta congiuntamente dal ministro degli Esteri iraniano Zarif e dalla responsabile europea per la Politica estera Mogherini (che nella circostanza rappresentava anche Usa, Russia e Cina), la dichiarazione messa a punto dopo otto giorni e sette notti di lavoro nasce da uno scambio di concessioni tra le due parti del tavolo: l’Iran accetta la volontà dei suoi interlocutori di impedirgli l’accesso all’armamento nucleare per un lungo periodo di tempo, in contropartita di una revoca sollecita e poco condizionata delle sanzioni economiche decise contro Teheran dagli Usa, dall’Europa e dall’Onu. Il numero delle centrifughe iraniane sarà ridotto di due terzi, le ispezioni con totale diritto di accesso dureranno dieci anni ma la «supervisione» resterà poi attiva per altri quindici, lo stock di uranio già arricchito sarà ampiamente neutralizzato e gli arricchimenti nuovi non andranno comunque oltre il 3,67 per cento (per l’atomica serve quota 90). In cambio, è stato previsto un sistema di ispezioni mirate per revocare man mano le sanzioni se i patti risulteranno rispettati da parte iraniana, il che consentirà sulla carta un sollecito ritorno dell’Iran nell’economia mondiale. Compresa l’esportazione di greggio, che potrebbe abbassarne ancora il prezzo.
Quanto basta per consentire a Obama di esaltare la strategia da lui scelta nei confronti di Teheran sul doppio binario delle sanzioni e del dialogo negoziale, una strategia che a suo avviso anche il Congresso dovrebbe ora apprezzare. Quanto basta, forse, anche per mandare in archivio trentasei anni di aspra ostilità tra America e Iran, e per modificare di conseguenza gli equilibri mediorientali già scossi dagli estremismi sunniti e dal timore di un allargamento delle ambizioni sciite.
Ma se Obama e il suo negoziatore Kerry parlano di un «grande giorno», un segnale di necessaria cautela giunge dalle parole dei delegati iraniani che ridimensionano di molto il contenuto effettivo delle loro concessioni. Anche all’ora dei sorrisi sono i fronti interni dei due protagonisti del negoziato a tenere banco. Il capo della Casa Bianca aveva bisogno di fatti concreti, di concessioni precise da parte dell’Iran per convincere il Congresso (che riapre tra dodici giorni) ad aspettare il nuovo round negoziale prima di adottare eventuali nuove sanzioni contro Teheran. E dall’altra parte, poteva Zarif superare le linee rosse indicate più volte dalla «Guida suprema» Khamenei in tema di sovranità e di diritto al nucleare (pacifico, afferma Teheran)? E poteva il presidente Rohani inviare a Losanna istruzioni ancor più flessibili, senza sapere se l’ambiguo Khamenei e dietro di lui i militari, i nazionalisti, gli avversari personali ne avrebbero approfittato per accusarlo di tradimento?
Questi condizionamenti non spariranno nei prossimi mesi. L’accordo preliminare di Losanna dovrà dimostrare davvero, davanti al Congresso e davanti a Khamenei, di essere stato l’annuncio di una svolta storica che cambierebbe il mondo. Dovrà dimostrare di poter garantire la sicurezza di Israele, dando torto alle preoccupazioni di Netanyahu che fino a prova contraria e definitiva conservano qualche fondamento. Dovrà dimostrare che l’opzione militare, evocata come possibilità in caso di rottura delle trattative, è destinata anch’essa all’archivio. E dovrà evitare, con una iniziativa politica dell’Occidente che deve partire subito, il diffondersi tra le monarchie del Golfo e oltre di una generica paura dell’Iran sciita foriera di nuove guerre e di nuovo terrore. Soltanto così Losanna oggi e l’accordo di fine giugno fra tre mesi risponderanno davvero all’entusiasmo del popolo iraniano, soprattutto a quello dei giovani che sperano in più benessere e più libertà.