martedì 28 aprile 2015

Corriere 28.4.15
Scrittori Usa contro Charlie Hebdo: islamofobo
Michael Ondaatje alla testa del gruppo che ha boicottato il premio del Pen Club
di Giuseppe Sarcina


NEW YORK Sei scrittori, sei penne americane contro le matite spezzate di Charlie Hebdo : nessun premio a chi disprezza le minoranze e diffonde l’islamofobia. «Difendere la libertà di espressione e far progredire la letteratura»: da 90 anni il Pen American Center si fregia orgogliosamente di questa ragione sociale. Il presidente Andrew Solomon pensava dunque fosse in linea con la prestigiosa storia del club assegnare il premio «Freedom of Expression Courage» 2015 al settimanale satirico Charlie Hebdo. Il 27 marzo la decisione viene comunicata al critico cinematografico Jean-Baptiste Thoret e al capo redattore Gerard Biard, sopravvissuti alla strage jihadista di Parigi.
Sembrava tutto pronto per il gran galà annuale del 5 maggio al Museo di Storia naturale di New York: 800 invitati da tutto il mondo, biglietto di ingresso 1.250 dollari e 150 mila dollari distribuiti tra i vincitori.
Ma nei giorni scorsi Solomon ha ricevuto sei mail di disdetta: non partecipiamo alla cerimonia, ci dissociamo dalla decisione di celebrare Charlie Hebdo . Peter Carey, 70 anni, scrittore australiano residente a New York, ha motivato così il suo dissenso: «Il Pen sembra non vedere l’arroganza culturale della nazione francese, che non riconosce la sua obbligazione morale verso un largo e indifeso segmento della sua popolazione». In altri termini, il riconoscimento a Charlie Hebdo nasconderebbe la segregazione sociale inflitta agli immigrati arabi. Carey ha due Booker Prize in bacheca per Oscar e Lucinda e La Ballata di Ned Kelly . Ancora più netto è Teju Cole, 39 anni, nigeriano trapiantato nella Grande Mela, autore di Città aperta . Cole aveva commentato: «Charlie Hebdo sostiene di criticare tutte le parti, ma negli ultimi anni si è concentrato su provocazioni razziste e islamofobiche». Gli altri firmatari sostanzialmente condividono. L’elenco comprende Michael Ondaatje, 69 anni, nato in Sri Lanka, oggi vive in Canada. Ha scritto Il paziente inglese con cui ha conseguito il Booker Prize. Poi Francine Prose, 68 anni, di Brooklyn; Rachel Kushmer, 47 anni, americana dell’Oregon e infine Taiye Selasi, 35 anni, inglese di origini ghanesi e nigeriane, autrice della Bellezza delle cose fragili .
Il gruppo dei sei, dunque, rilancia la discussione che negli Usa era sorta all’indomani dell’attentato parigino. Molti giornali non pubblicarono le vignette accusate di blasfemia dagli islamisti e diversi intellettuali presero le distanze dallo slogan planetario «Je suis Charlie». Tra questi anche il cartoonist Garry Trudeau, 66 anni, creatore della striscia Doonesbury.
Solomon ha respinto pubblicamente le critiche, descrivendo il lavoro dei redattori di Charlie Hebdo in questo modo: «C’è del coraggio nel rifiutare l’idea che vi siano cose proibite, una travolgente brillantezza nel dire ciò che qualcuno pensa non si dovrebbe dire». Meno tortuoso il parere di Salman Rushdie, 67 anni che è stato anche presidente del club Pen: «Se un’organizzazione che si batte per la libertà di espressione non difende e celebra persone che sono state uccise per dei disegni, allora, francamente, questa organizzazione verrebbe meno alla sua ragion d’essere» .