martedì 28 aprile 2015

Corriere 28.4.15
Quel freddo tra Bruxelles e l’Ucraina


L’ Ucraina continua a bussare ma la porta dell’Europa resta soltanto socchiusa. E Bruxelles esclude senza esitazioni un coinvolgimento più diretto nella crisi fra Kiev e Mosca. Insomma, se non è gelo, non è un incontro che scalda i cuori quello che si è svolto ieri fra il capo della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e il capo dello Stato ucraino Petro Poroshenko. Il leader di Kiev ha affermato che entro cinque anni il suo Paese sarà pronto a chiedere l’adesione all’Unione: ma Juncker, pur riconoscendo che l’Ucraina «fa parte della famiglia europea», lo ha rintuzzato dicendo che la questione non figura nell’agenda immediata. L’unico passo avanti è l’attuazione dell’accordo di associazione, che entrerà in vigore dal prossimo primo gennaio. Meglio che niente: ma molto poco rispetto alla voglia di Europa che risuona a Kiev nei palazzi della politica, fra i giovani attivisti e nelle strade della capitale, dove gli edifici pubblici si fregiano, accanto alla bandiera nazionale, del vessillo blu a dodici stelle. Quello stesso innalzato dai manifestanti di piazza Maidan l’anno scorso, che si sono fatti sparare adosso pur di sognare un futuro diverso da quello di satellite dell’ex Unione Sovietica. Prospettiva, quest’ultima, che Vladimir Putin ha in serbo per l’Ucraina se dovesse riuscire a ridurla al rango di Stato fallito attraverso un mix di pressioni economiche e aggressioni militari. È anche per questo che a Kiev continuano a chiedere l’invio di una missione di caschi blu europei che possa realmente garantire la tregua nell’Est e permettere l’avvio della ricostruzione. Ma anche su questo punto gli inviati di Bruxelles hanno mostrato di non sentirci: al massimo, ha spiegato Tusk, sono disposti a discutere di una missione di assistenza civile, non certo militare. È vero, negli ultimi tempi la Ue si è mostrata impaziente verso il ritmo delle riforme in Ucraina e ha fatto pressione, specialmente attraverso la diplomazia tedesca, perché anche Kiev applicasse pienamente gli accordi di Minsk sul cessate il fuoco. Ma non è voltando le spalle dall’altra parte che si fa un servizio alla causa dell’integrazione europea.