sabato 18 aprile 2015

Corriere 18.4.15
Una mediazione al ribasso mette in tensione la minoranza Pd
di Massimo Franco


Le voci di un possibile scambio di favori tra Matteo Renzi e la minoranza del Pd sulla riforma del Senato per ottenere il «sì» all’ Italicum si sono liquefatte nel giro di poche ore. L’ipotesi che il presidente del Consiglio potesse accettare la soluzione di una «Camera alta» eletta come l’attuale è stata smentita in modo ufficioso ma netto. Resta da capire se quello che è successo sia frutto di un pasticcio o di un ripensamento. Qualunque sia la spiegazione, la tesi è apparsa strampalata. D’altronde, quando è affiorata, ieri mattina, erano stati gli stessi avversari interni del capo del governo ad accoglierla con scetticismo.
Dagli Usa, dove è in visita ufficiale, Renzi ha ribadito: «Anche se in Italia c’è chi vorrebbe tutte le volte ripartire da zero, le riforme hanno preso una strada che non ha possibilità di essere bloccata». A questo punto, se mediazione ci sarà, avverrà su dettagli che in teoria non dovrebbero smuovere la minoranza. I vertici del Pd vogliono che a Palazzo Madama arrivino senatori senza peso politico, scelti tra i consiglieri regionali; e che non abbiano voce in capitolo sulla fiducia al governo. L’incognita, adesso, è quanto gli avversari renziani sono disposti a rischiare nel «no» all ’Italicum .
La risposta è che alcuni sembrano pronti ad andare fino in fondo, anche nel voto in aula. Altri, però, no. La lettera con la quale un gruppo di parlamentari della minoranza critica «la deriva estremista» di chi pure la pensa come loro sul nuovo sistema elettorale, prelude a una spaccatura; o comunque fa riemergere idee diverse sui prossimi passi da compiere in Parlamento per contrastare Renzi. Per questo esponenti come il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, assicurano che «non ci sarà nessuna crisi di governo» e che si troverà «un punto di equilibrio».
Pochi, forze qualche decina, sono disposti a spingere il loro «no» fino alla dissociazione aperta dal premier e dalle decisioni prese nella Direzione del Pd. Sfidare Renzi e portarlo a chiedere la fiducia sull’ Italicum , significherebbe aprire un contenzioso anche istituzionale con le opposizioni: fiducia che sarebbe percepita come una forzatura, trattandosi di materia elettorale. Tra l’altro, come effetto collaterale proprio il Pd potrebbe mettere in imbarazzo il capo dello Stato, Sergio Mattarella, votato ed eletto da tutto il partito.
Anche per questo, nella minoranza dei Democratici si avverte qualche crepa. Perfino dentro Forza Italia, che ironizza sulle «giravolte» renziane, affiora la tentazione di votare le riforme del governo. Il drappello guidato da Denis Verdini, uomo di raccordo col premier, oggi ostracizzato, l’ha già fatto capire: è orientato a sostenere Renzi comunque, anche dopo la rottura del patto del Nazareno con Berlusconi. Se c’è la fiducia, i suoi diranno «no». Ma in caso di voto segreto, se Renzi avrà bisogno di un aiuto discreto, gli arriverà.