Corriere 18.4.15
Numeri stretti e contatti tra i «nemici» Il segretario dovrà usare la fiducia
Esponenti del Pd con Forza Italia e M5S puntano a pochi emendamenti chiave
Perché la fiducia sull’Italicum sarà la scelta finale
di Francesco Verderami
Qui si fa l’Italicum o si muore, perciò Renzi ha deciso che sulla legge elettorale porrà la fiducia, siccome non si fida dei grillini e di Verdini, che gli aveva promesso l’appoggio anche di Fitto a scrutinio segreto.
La battaglia alla Camera si avvicina. E nell’attesa si assiste a un gioco di alleanze contro natura, a una sequenza di dichiarazioni zeppe di sgrammaticature costituzionali e procedurali dietro le quali il premier si nasconde per scaricare al momento opportuno sui nemici delle riforme, e dunque della Patria, la responsabilità del gesto a cui ha preparato da tempo il Parlamento e l’opinione pubblica. Sarà fiducia, infatti, perché Renzi non può nè vuole esporsi al rischio degli scrutini segreti: basterebbe l’approvazione anche di un solo emendamento per consegnare se stesso e l’Italicum nelle grinfie del Senato. Sarà fiducia, perché la coalizione dei volenterosi — organizzata in gran segreto da Palazzo Chigi e composta da alcuni pentastellati ed (ex) forzisti — non è abbastanza solida nei numeri per garantire al premier la certezza di prevalere sulla coalizione degli oppositori, l’altra alleanza trasversale organizzata da esponenti della «ditta», autorevoli dirigenti cinquestelle, fedelissimi berlusconiani e gladiatori che militano nella maggioranza.
Tutto è pronto, e il gioco tattico rivela qual è il disegno dei due schieramenti. Gli avversari di Renzi, per la loro parte, si sono ripromessi di presentare poche e mirate modifiche alla riforma, così da non fornire al premier l’alibi di esser stato «costretto» alla fiducia contro manovre ostruzionistiche. Ecco a cosa sono serviti i contatti riservati tra esponenti del Pd, di Forza Italia e di M5S: a organizzarsi per puntare al bersaglio grosso, magari con l’emendamento che consentirebbe ai partiti di apparentarsi al secondo turno. Dall’altro lato Renzi, per evitare queste trappole, deve muovere d’anticipo per blindare la sua creatura. Certo non regge la minaccia di salire al Colle se l’Italicum venisse cambiato dalla Camera: «Salirebbe e scenderebbe», per dirla con Bersani, visto che la legge elettorale non sarebbe stata bocciata ma solo modificata dal ramo del Parlamento.
Il punto però è che la sfida non si consumerà nell’emiciclo di Montecitorio. Perché è vero che — per «asfaltare» i suoi oppositori e i loro emendamenti — il premier dispone della fiducia, ma il governo potrebbe chiederla in Aula sul testo che verrà votato dalla Commissione. Perciò Renzi — parlando con Repubblica — ha fatto mostra di aprire al dialogo con la minoranza del Pd sulla riforma costituzionale, nel tentativo per metà di ammansirla e per l’altra metà di spaccarla più di quanto già non lo sia. Ma ha compiuto un doppio passo falso: ha offerto ciò che tecnicamente non può offrire, a meno di non ricominciare da capo tutto il percorso delle riforme, e soprattutto ha dato un segnale di debolezza politica, cedendo su un tema — l’elettività del Senato — contro cui aveva issato le barricate.
Con il premier sull’altra sponda dell’Atlantico, è toccato al ministro Boschi metterci una toppa, spiegare urbi et orbi che Renzi voleva offrire una «disponibilità a inserire delle garanzie»: «Non siamo chiusi nel castello. Siamo pronti a trovare un modo per equilibrare il sistema» con alcune modifiche costituzionali. Ma davvero verrà così scongiurato lo scontro sull’Italicum, visto che lunedì scadono i termini per presentare gli emendamenti? E quanti margini può avere la proposta avanzata dal centrista Quagliariello di riporre l’arma della fiducia a patto che tutte le votazioni sulla legge elettorale avvengano a scrutinio palese?
Gli eserciti sono ormai in armi e non da ieri. Renzi per vincere la guerra in Aula deve prima vincere la battaglia in Commissione. Solo allora potrà mettere in pratica la sua strategia, dando alla fiducia una motivazione «politica». Dovrà arrivarci per gradi — così ha spiegato — e limitando al massimo gli strappi, per un verso assicurando deputati e senatori che «la legislatura terminerà a scadenza naturale» e per l’altro drammatizzando sempre di più la situazione, in modo da dare una valenza chiara alla sua scelta. Tutto ciò gli servirà per attutire la campagna mediatica dei suoi avversari — che equipareranno la decisione del governo a un «golpe» — ma soprattutto per prepararsi all’ultimo passaggio: perché la fiducia anticiperà il voto finale sull’Italicum a scrutinio segreto. Ecco la differenza. Un conto sarebbe venir battuto su un emendamento, altra cosa veder sconfessata la riforma. «In quel caso — dice il premier — se si andrà sotto si andrà a casa». E la minaccia secondo Renzi smantellerà d’incanto la coalizione degli oppositori.