lunedì 13 aprile 2015

Corriere 13.4.15
La feroce ipocrisia di Assad sui «fratelli palestinesi»
di Lorenzo Cremonesi


È senza limiti l’ambiguità del regime siriano che, mentre da oltre due anni perseguita e massacra ogni palestinese sospettato anche solo di lontane simpatie verso i movimenti dell’opposizione, ora approfitta della presenza dell’Isis nel campo profughi di Yarmouk per riproporsi come paladino della causa palestinese.
Bashar Assad a parole offre armi alle formazioni palestinesi che intendono unirsi alle sue truppe. Ma nel frattempo le organizzazioni umanitarie e gli stessi palestinesi rimasti a Yarmouk testimoniano che le vittime sono causate soprattutto dai bombardamenti indiscriminati delle artiglierie e dell’aviazione fedele al presidente siriano. Solo nella giornata di mercoledì sono stati sganciati 11 barili-bomba (36 dal 4 aprile), ordigni che gli elicotteri buttano nei quartieri residenziali causando decine di morti.
Del resto, tanta violenza non sorprende. C’è poco di nuovo nell’ambiguità siriana nei confronti dei palestinesi e della loro «causa». Una causa che il mondo arabo ha sempre strumentalizzato, con poco rispetto per le esigenze dei suoi «protetti». Fu evidente sin dalla guerra per la nascita di Israele nel 1948-49, quando i governi arabi, prima della sconfitta, fecero a gara per accaparrarsi il massimo delle terre che l’allora Mandato britannico stava abbandonando. Più tardi, il regime baathista a Damasco, infastidito dalla crescente voce indipendente dell’Olp di Arafat, creò dei movimenti fantoccio di «liberazione della Palestina» per rappresentare gli stretti interessi siriani.
È risaputo che le relazioni tra Arafat e Hafez al Assad, padre di Bashar, per decenni furono improntate allo scontro aperto. Quando l’Olp era basato in Libano, prima di rifugiarsi a Tunisi nel 1982, Assad cercò persino di imprigionare ed eliminare il rivale. Il segno più recente del permanere delle frizioni fu nel gennaio 2012, quando Khaled Meshal, rappresentante di Hamas a Damasco, abbandonò il Paese in protesta contro la repressione delle forze di sicurezza contro le piazze in rivolta.