Corriere 11.4.15
L’accelerazione per alimentare la narrativa della ripresa
di Massimo Franco
Il termine «tesoretto» di solito non porta bene. Ma a nemmeno due mesi dalle elezioni regionali, la scaramanzia passa in secondo piano. Nell’evocare un Documento di economia e finanza senza lacrime, anzi con un miliardo e mezzo di euro da spendere, Matteo Renzi sembra mirare a un risultato che va oltre quel voto. La sua narrativa tutta proiettata verso concetti come velocità, cambio di passo, svolta, ha bisogno di offrire conferme magari solo simboliche ma tangibili. E l’idea che nelle pieghe del bilancio ci siano soldi da spendere calza perfettamente questo schema.
L’unico ritardo è stato quello di dodici ore del Consiglio dei ministri convocato per ieri mattina e spostato alla sera: un rinvio che ha evocato un alone di confusione e l’ombra di un contrasto sordo tra Palazzo Chigi e ministero dell’Economia, col primo deciso a prendersi il suo tempo prima di approvare le misure presentate dai tecnici di Pier Carlo Padoan. Ma il messaggio che Renzi sembra deciso a mandare è che se ora si intravede una manovra espansiva, è perché i tempi stanno cambiando; perché si indovinano i primi effetti, naturalmente virtuosi, del semestre di presidenza italiana in Europa.
È un segnale all’opinione pubblica, in un momento di appannamento dell’immagine del Pd, impelagato in Parlamento nella sfida sulla riforma elettorale; e macchiato dagli scandali delle cooperative a livello locale. Ed è una carota economica data ad una minoranza dei democratici che da tempo insiste affinché Palazzo Chigi esca dal recinto dell’austerità. Si tratta di un gioco sul filo dei limiti che il patto di Stabilità impone ai Paesi europei. È l’uso spregiudicato e tirato al massimo della famosa «flessibilità» chiesta alle istituzioni di Bruxelles.
La versione ufficiale è che si consuma tutto il margine a disposizione nel rispetto del 3 per cento nel rapporto tra deficit e Prodotto interno lordo. Quella fuori dai denti è che formalmente quel «tetto» finanziario è rispettato e nei fatti può darsi che non sia così; ma le aspettative di ripresa e l’impulso che queste misure potrebbero imprimere, sono considerati sufficienti per tentare la carta della «manovra espansiva». Vista così, l’accelerazione decisa da Palazzo Chigi mostra indirettamente una certa preoccupazione per come vanno le cose.
Somiglia ad una logica da «o la va o la spacca»; con la prospettiva che se l’economia non riparte, il governo possa essere costretto di qui ad alcuni mesi ad una manovra correttiva. In quel caso, si passerebbe dall’ambizione di aprire una stagione «senza lacrime», di sviluppo e di ripresa, e di calo di un’occupazione e di un carico fiscale purtroppo finora in crescita. Il «tesoretto» serve a esorcizzare l’incubo della recessione. E a resuscitare la luna di miele tra Renzi e la «sua» Italia.