La Stampa 16.2.11
Dopo la manifestazione «Se non ora quando?»
Bersani scrive al comitato delle donne: «Incontriamoci»
Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha inviato una lettera al Comitato promotore «Se non ora quando», chiedendo un incontro. Ne dà notizia lo stesso Comitato. «Care amiche - scrive Bersani - ho partecipato a Roma alla splendida manifestazione del 13 febbraio insieme a mia moglie e ho condiviso e sostenuto la vostra mobilitazione fin dal primo momento. Ho altresì visto la grande partecipazione di donne e uomini agli appuntamenti organizzati nelle piazze di tutt’Italia e non solo». «Se anche voi lo ritenete utile - conclude il leader democratico - mi farebbe piacere incontrare una delegazione del vostro comitato, per valutare insieme le azioni più utili da produrre nel Paese e nelle Istituzioni a sostegno della vostra battaglia, nel più totale rispetto della reciproca autonomia».
il Fatto 16.2.11
Prepariamoci a tutto
di Antonio Padellaro
Ripeterlo è perfino inutile. In qualsiasi altra democrazia al mondo un premier indagato per prostituzione minorile non sarebbe restato un minuto di più al suo posto. Pensate a Cameron, a Sarkozy, a Zapatero. Come avrebbero potuto tirarla in lungo accusando di qualsiasi cosa magistratura e informazione senza rischiare una rivolta di piazza? Figuriamoci se rinviati a giudizio con una motivazione di un giudice terzo, il gip, che parla di “evidenza delle prove”. Ma in Italia c’è Berlusconi e anche in queste ore di marasma e di vergogna, mentre tutti i notiziari del globo aprono con la notizia che è senza precedenti, a Palazzo Grazioli il partito del tanto peggio può ancora alzare la voce. Fregatene, resisti, vai avanti: così lo consiglia la corte dei venduti e dei parassiti che pur di non essere ricacciati nel nulla da cui sono stati tirati fuori (il vero miracolo italiano) lo sospingono di nuovo sul ring disposti a farlo massacrare pur di salvarsi. Un uomo con un residuo di lucidità avrebbe già capito dal rumoroso silenzio di Bossi che perfino il più fedele alleato ne ha le scatole piene. E quella gelida frase del cardinal Bagnasco: “Occorre trasparenza” non suona forse come la campana a martello del Vaticano? Con il Caimano ferito tutto è possibile. Ma se non darà ascolto alle voci del buon senso che gli indicano come unica via d’uscita le dimissioni immediate per poi giocarsi l’intera posta sul tavolo delle elezioni anticipate. Se, insomma, tenterà l’ultimo disperato arrocco trincerandosi dentro Palazzo Chigi con la sua maggioranza gonfiata da deputati comprati un tanto al chilo, allora toccherà all’opposizione uscire allo scoperto con un gesto forte, drammatico, senza precedenti come lo è il momento che viviamo. Se n’è già parlato: le dimissioni in blocco di tutti i gruppi e di tutti i parlamentari dell’opposizione. Camera e Senato già ridotte a enti inutili dall’inettitudine del governo non potrebbero sopravvivere. Un gesto estremo. Ma prepariamoci a ogni evenienza.
Repubblica 16.2.11
La misura è colma
di Ezio Mauro
Ci sono elementi di prova sufficienti per mandare subito Silvio Berlusconi a processo. Questa la decisione del gip, ieri, dopo aver vagliato le fonti di prova dei procuratori, in 15 pagine. Dunque l´inchiesta è chiusa e si apre il processo, dal 6 aprile. L´atto d´accusa, che ha già fatto il giro del mondo, riguarda due reati gravissimi per un Primo Ministro: concussione e prostituzione minorile.
Secondo l´accusa si tratta di reati collegati tra loro. Il Capo del governo ha esercitato una pressione illecita sulla questura di Milano per far liberare nottetempo la giovane Ruby, proprio perché voleva impedire che la ragazza parlasse delle notti ad Arcore da minorenne, compreso il bunga bunga di Stato. La vera cifra di questa vicenda è l´abuso di potere. Una concezione di sé e del mondo all´insegna della dismisura sia nel privato che nel pubblico, un potere che non riconosce limiti, sproporzionato e dunque abusivo nella sua pretesa di essere impudente e impunito, fuori da ogni regola, ogni legge e ogni controllo.
Ieri la "struttura Delta" (che si muove sul confine tra azienda e Stato, politica e marketing) aveva organizzato per il Premier una missione di Stato in Sicilia, tra la propaganda e la paura davanti alla nuova ondata migratoria. Ma il Presidente del Consiglio, dopo la decisione del gip, è tornato d´urgenza a Roma dai suoi avvocati annullando tutti gli impegni, e soprattutto la conferenza stampa già fissata. Perché - ecco il punto capitale - non è in condizione di dire agli italiani la verità sui suoi scandali, e non sa assumersene la responsabilità davanti al Paese.
Ora il suo istinto populista lo spingerà a incendiare il Palazzo, attaccando i magistrati e travolgendo le istituzioni, fino alla distruzione del tempio. La politica che lo circonda non ha l´autonomia per distinguere il suo futuro dal destino del Premier, ma è condannata a seguirlo nel pozzo della sua ossessione. Ecco perché la strada maestra, a questo punto, è una sola: il voto, col giudizio dei cittadini. I quali hanno definitivamente capito che la misura è ormai colma.
il Fatto 16.2.11
Il Pd allo scoperto: “Elezioni subito”
Mentre Bersani chiede di andare alle urne, il Quirinale tace preoccupato
di Paola Zanca
Sarà la prima pagina de La Padania conquistata ieri. Ma quello che è alle due e venti del pomeriggio affronta le agenzie di stampa è un Pier Luigi Bersani quasi irriconoscibile: “Io chiedo le elezioni anticipate”. Soggetto, verbo e complemento oggetto. Niente “se”, niente “ma”. La situazione è delicata, il Quirinale tace, anche per evitare di essere trascinato nella guerra mediatica che il Pdl ha intrapreso contro il Colle. Invece il Pd sembra aver indossato gli scarponi da battaglia per uscire “dall'impasse drammatica” a cui è inchiodato il Paese. Bersani va a Otto e Mezzo, Rosy Bindi a Ballarò. Tutti a dire che è da “irresponsabili” continuare a inseguire una maggioranza che non c'è, a implorare il capogruppo Cicchitto di “aiutare Berlusconi, anche per il suo bene”. La diagnosi la affidano a un medico, il senatore Ignazio Marino: “Io temo che il presidente del consiglio - che ritengo sia, e lo dico da medico, ammalato - non si renda conto della gravità della situazione”.
ALMENO per oggi, l’unità dell’opposizione sembra ritrovata. L’Italia dei Valori le elezioni le chiede da settimane, e tornerà a farlo oggi, alla presentazione ufficiale del referendum sul legittimo impedimento, che dovrà tenersi entro giugno. Di Pietro non può che giudicare positivamente la scossa di Bersani. Per questo mette da parte i malumori – non pochi dentro al partito – per essere arrivati all'appuntamento cruciale senza un’alleanza definita. Ieri, il capogruppo Idv alla Camera Donadi ha chiacchierato a lungo in Transatlantico con uno dei leader di Sinistra e Libertà, Gennaro Migliore. Oggi lo stesso Donadi, insieme a Di Pietro, dovrebbe incontrare il leader di Fli Gianfranco Fini. Mentre Berlusconi veniva rinviato a giudizio, il presidente della Camera, era parecchio impegnato con i guai interni al partito. Ma ha comunque fatto sapere come giudica quel che resta del governo: “Due anni di tempo per dar corso a una delega e la richiesta di votare in un solo giorno – ha detto a proposito del provvedimento sul riordino degli incentivi – Si commenta da solo...”. Il leader Udc Pierferdinando Casini non parla in pubblico, ma lo fa con il governatore Raffaele Lombardo, pioniere in Sicilia dell'alleanza tra centristi e Pd. Temi del colloquio? “La delicatezza del momento. La situazione politica può evolvere da un momento all'altro in elezioni politiche anticipate. Che oggi – conclude Lombardo – sono il male minore”.
il Fatto 16.2.11
Una santa alleanza con tutti piace pure a Vendola
Il governatore della Puglia da Bruxelles dice sì a una “coalizione delle opposizioni a tempo”
di Chiara Paolin
Vendola international. Lunedì, mentre il Giornale lo mostrava in tutta la sua beltà integrale anni 70, Nichi era a Bruxelles per una due giorni dedicata alle politiche ambientali delle regioni europee. E ieri, mentre l'affidabile Luca Barbareschi spiegava (ospite di Maurizio Belpietro su Canale 5) l'impossibilità per Fli di stringere rapporti con Sel anche davanti a un eventuale tracollo berlusconiano, il governatore pugliese si godeva l'effetto della sua letterina pubblicata dal britannico Guardian per San Valentino. “Silvio Berlusconi's Italy is on the wrong side of history” titolava il prestigioso foglio, precisando che “the Left must provide an alternative to 'berlusconismo'”(traduzione inutile).
Perché tu vaglielo a spiegare, nelle capitali europee, che se il premier finisce sotto processo per frequentazioni sessuali minorili, in Italia la terapia è dimostrare come un nudista d'antan - gay, per giunta - sia un soggetto politicamente pericoloso, oltre che privo di decenza, per forgiare l’opposizione. Eppure Nichi, tra inglese e apula zeppola, ci ha provato lo stesso a far capire come la vede un uomo di sinistra davanti agli scenari sempre più evolutivi della politica tricolore. Insomma, se Berlusconi fosse costretto a dimettersi, potrebbe formarsi una coalizione transitoria che, da Fli a Sel, diventi forza unica? Oppure meglio picchiare duro sul voto anticipato riportando gli schieramenti su più consuete spartizioni parlamentari, e relativo dilemma Pd tra terzo polo (recalcitrante) e Vendola (a braccia aperte, ma capace di scippare la leadership via primarie)?
La risposta da Bruxelles è arrivata chiara e forte: “Per spirito di verità, e per amore della nobiltà della politica, non si possono prefigurare governi stabili che inglobino culture politiche e prospettive programmatiche tra loro incompatibili” ha detto Vendola. Cioè: niente campagna elettorale con alleanza tutti contro Silvio. Sì invece a “una fase transitoria che riformi il sistema elettorale e detti regole sul tema scabroso del conflitto d’interessi, e che garantisca l’indipendenza del sistema informativo”. Questa fase “può essere propedeutica al rilancio del Paese e della sua immagine. Sgomberate le macerie del berlusconismo, ciascuno potrà pensare a fare il proprio mestiere. E per quel che mi riguarda – ha concluso Vendola - il mio è la costruzione di un nuovo centrosinistra”. Veni (all’estero), vidi (Berlusconi alla sbarra), vici (il primo round).
il Riformista 16.2.11
L’abbraccio col Pd piace a Vendola, meno ai democrat
di Ettore Colombo
p 1 7
il Riformista 16.2.11
Il nuovo Nichi si è convertito sulla via della Santa Alleanza
di Peppino Caldarola
p 1 7
http://www.scribd.com/doc/48938153
La Stampa 16.2.11
Mannheimer: “Ora meno, però l’Italia è stata berlusconiana”
di Francesca Schianchi
«L’Italia è stata berlusconiana, però lo è sempre meno», valuta il sondaggista Renato Mannheimer. Ieri, dalle colonne della “Stampa”, il professor Luca Ricolfi si chiedeva quanto il nostro Paese sia fedele al Cavaliere sul piano del consenso e influenzato su quello del costume. Per dedurre che, in entrambi i casi, lo è meno di quanto si pensi. Professor Mannheimer, quanto è berlusconiana in questo momento l’Italia? «E’ stata berlusconiana, ma lo è sempre meno, è sempre più settica. E’ difficile darne una misura precisa». Dalle sue ultime rilevazioni, su che percentuali si attesta oggi il premier? «La sua popolarità personale è intorno al 30 per cento, che non è tanto ma nemmeno poco. Stiamo su quella percentuale anche per quanto riguarda le intenzioni di voto». Il rito immediato nei confronti del premier, sposterà consensi? «Nessuna cosa, in sé, sposta. E’ l’insieme delle notizie, il sedimentarsi di più cose che alla fine hanno l’effetto di spostare consensi». Anche dal punto di vista del costume, il professor Ricolfi definisce l’Italia meno berlusconiana di quel che si pensa. Cita un suo sondaggio: solo una ragazza su 100 aspira a una carriera nello spettacolo. «E’ vero, però diciamo che tutte le altre la invidiano un po’. Così come la maggioranza dei maschi, con una normale vita familiare, almeno all’inizio, in segreto, hanno provato un po’ di invidia per Berlusconi circondato da tutte quelle belle ragazze». Nella storia politica del Cavaliere, quali sono stati i fattori che hanno fatto calare la fiducia in lui? «Quando, a torto o a ragione, la gente ha pensato che non abbia fatto quello che aveva promesso: se fa quello che promette, la gente accetta anche il bunga-bunga. Al contrario, i picchi di fiducia ci sono stati nel momento delle grandi promesse».
Come è vista invece l’opposizione? «Solo il 18% approva il suo operato. Poi magari la votano lo stesso, ma vuol dire comunque che in gran parte l’elettorato non è d’accordo con le mosse che sta facendo». Può funzionare la Santa alleanza di tutta l’opposizione contro Berlusconi? «Se riescono a rimanere d’accordo tra loro, allora può funzionare molto bene». Quando l’opposizione riesce a registrare picchi di fiducia? «Quando fa proposte riformatrici, su casa, lavoro, temi concreti. Non cresce invece se si limita all’antiberlusconismo».
La Stampa 16.2.11
Flores d’Arcais: “Consenso minoritario ma poi lui straripa in tv”
Professor Paolo Flores d’Arcais, l’Italia è davvero berlusconiana?
«Il consenso a Berlusconi misurato sull’intera popolazione è sempre stato minoritario, e sempre più lo diventa grazie alle lotte di massa che alcuni “estremisti/estremiste” della società civile non si stancano di promuovere».
Fa riferimento alla manifestazione delle donne di domenica?
«Ovviamente questa è l’ultima e forse la più straordinaria, ma da quella dei Girotondi che riempì nove anni fa piazza San Giovanni a Roma e i quartieri limitrofi, ve ne sono state tantissime».
Ma dal punto di vista culturale, dei costumi, quanto è presente il berlusconismo?
«Berlusconi, minoritario nel Paese, è da oltre tre lustri dominante, anzi straripante, ormai in modo quasi totalitario nei mass media, circostanza che il professor Ricolfi e tanti altri hanno sempre sottovalutato. E’ questo dominio che ha un’influenza nefanda nel rendere sempre più incivile una parte degli italiani, che per fortuna resta minoritaria».
Quindi l’Italia non è quella che emerge dalle intercettazioni…
«Quella è un’Italia oscena, del regime putiniano di Arcore, che vuole spacciare come gioiosa libertà sessuale l’acquisto a ore e a dozzine di corpi che si occupino della virilità posticcia di colui che una di queste signorine ha definito “Culo Flaccido”. C’è invece l’Italia migliore, moralmente, culturalmente, umanamente, che chiede e pratica serietà, senso dello Stato, gioia di vivere: quella che da anni riempie le piazze ma non ha rappresentanza in Parlamento».
Queste manifestazioni riusciranno a cambiare qualcosa?
«Hanno già cambiato. Senza dieci anni di piazze festose di indignazione, credo che Fini sarebbe ancora con Berlusconi. Per cambiare davvero, però, queste piazze devono trovare il coraggio di diventare protagoniste anche nel momento elettorale, come parte autonoma, con proprie liste, nello schieramento dell’attuale opposizione».
Non c’è il rischio di quella che il professor Ricolfi chiama la «sindrome della minoranza virtuosa», di ridurre l’Italia migliore solo a quella che scende in piazza?
«Tutti i sondaggi fatti dopo i Girotondi, dopo piazza Navona estremista con Sabina Guzzanti feroce con la Carfagna e il Papa, e ora dopo la manifestazione delle donne, indicano che questi appuntamenti spostano davvero all’opposizione consensi del mondo berlusconiano e leghista. Dunque è una leggenda che per vincere si debba annacquare l’indignazione nella melassa». [FRA. SCH.]
La Stampa 16.2.11
Il rito breve diventerà molto lungo
di Carlo Federico Grosso
Come era prevedibile, il gip di Milano ha accolto la richiesta di giudizio immediato nei confronti di Berlusconi. Evidentemente ha ritenuto che sussistessero entrambi i requisiti ai quali la legge subordina tale specialissimo rito processuale (l’evidenza della prova e l’avvenuto interrogatorio dell’indagato o la sua mancata comparizione davanti al pubblico ministero).
Non è questo il momento di discutere se questo rito sia stato assunto a ragione o a torto, anche se le notizie sul contenuto dell’inchiesta pubblicate sui giornali consentono, ampiamente, di capire le ragioni in forza delle quali la richiesta di giudizio immediato ha potuto essere formulata e, quindi, essere accolta dal giudice. Piuttosto, può essere interessante capire che cosa potrà accadere d’ora in avanti sul terreno del processo.
Iniziamo dalla polemica innescata ieri da esponenti del mondo politico sull’irritualità dell’attività giudiziaria compiuta dalla magistratura, in quanto essa contrasterebbe con le valutazioni del Parlamento. Poiché la Camera, giudicando su di una richiesta di autorizzazione ad eseguire una perquisizione, ha affermato che la concussione sarebbe stata compiuta da Berlusconi nell’esercizio delle sue funzioni, ed avrebbe pertanto dovuto essere giudicata dal Tribunale dei ministri, il differente avviso manifestato dall’autorità giudiziaria costituirebbe un attentato alla sovranità popolare.
Questa affermazione, giuridicamente, è una sciocchezza, poiché la magistratura nell’interpretare le leggi è totalmente indipendente e le sue decisioni non sono, pertanto, condizionate dal giudizio espresso da una maggioranza parlamentare. Tali accuse lasciano comunque supporre che di qui a poco il governo, la maggioranza parlamentare, o i difensori di Berlusconi, solleveranno conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato davanti alla Corte Costituzionale, cercando di sottrarre comunque il premier alla giurisdizione della magistratura ordinaria, se non addirittura alla giustizia (per potere procedere nei confronti dei reati ministeriali è necessario, infatti, che il Parlamento conceda la sua autorizzazione. E quando mai questo Parlamento la concederebbe?).
Diciamo subito che il conflitto di attribuzione non obbliga a sospendere il processo (tutt’al più, se la Corte dovesse dare torto alla magistratura, gli atti giudiziari compiuti risulterebbero nulli). Ciò significa che il 6 aprile il processo penale a Berlusconi per concussione e prostituzione minorile potrà essere iniziato (a meno che egli non chieda, incredibilmente, il giudizio abbreviato o il patteggiamento). E’ difficile, tuttavia, pensare che esso possa comunque proseguire spedito.
La difesa potrà infatti utilizzare un vasto arsenale di operazioni dilatorie: innanzitutto fare leva sul legittimo impedimento dell’imputato. Questo «rimedio» non è più così agevole com’era fino a ieri, in quanto la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la legge che riconosceva a Palazzo Chigi il potere di certificare in modo vincolante la condizione di soggetto impedito del primo ministro. Berlusconi pertanto, come ogni altro cittadino, se vorrà rinviare il processo dovrà di volta in volta addurre uno specifico, documentato, impegno istituzionale, la cui consistenza potrà essere valutata dal giudice. Non è peraltro difficile immaginare quali e quante tensioni e polemiche potrà suscitare, ad ogni udienza, l’eventuale decisione del premier di ostacolare la prosecuzione del suo processo. E soprattutto, quanto effettivo ritardo essa potrà concretamente causare all’ordinato svolgimento della giustizia nei suoi confronti.
In via preliminare, i difensori di Berlusconi potranno d’altronde dispiegare un complesso articolato di eccezioni. Innanzitutto potranno eccepire l’incompetenza del tribunale ordinario, affermando che la concussione, in quanto reato ministeriale, deve essere giudicata dal Tribunale dei ministri, ed affermare che la prostituzione minorile, a questo punto necessariamente separata dalla concussione, deve essere a sua volta assegnata al suo giudice naturale, cioè il Tribunale di Monza (in quanto Arcore, luogo nel quale sarebbero state commesse le condotte costitutive di tale delitto, si trova in quel circondario). In secondo luogo potranno sostenere l’illegittimità della richiesta di giudizio immediato, eccependo che di tale rito difettava taluno dei presupposti, magari, addirittura, l’evidenza delle prove. In terzo luogo potranno cercare, fra le pieghe della burocrazia giudiziaria (eventuali avvisi difettosi, termini non rispettati, altre incombenze processuali trascurate), la strada per ottenere in qualche modo annullamenti, ripetizioni di atti, comunque ritardi.
Un percorso difficile, dunque, dalle possibili conseguenze imprevedibili. Sicuramente un processo lungo, carico di tensioni, che decollerà con difficoltà e non si sa come e quando potrà arrivare a sentenza, ad onta del rito «breve» specificamente adottato.
Un ingorgo per altro verso pericoloso per la tranquillità della vita istituzionale del Paese, foriero di ulteriori strappi e distorsioni nel mondo della politica e della giustizia. Mi ha ad esempio colpito, ieri, la precipitazione con la quale una importante conferenza stampa congiunta del presidente del Consiglio e del ministro Maroni è stata annullata non appena la notizia relativa al processo immediato ha cominciato a circolare. Un imbarazzo, dato che le asserite vittime della concussione del premier sono dipendenti del ministero dell’Interno? E quanti altri imbarazzi si porranno, di qui al 6 aprile, e dal 6 aprile in avanti?
Corriere della Sera 16.2.11
Biotestamento L’ultimo voto, poi alla Camera
ROMA— Ultimo passo della legge sul testamento biologico prima dell’ingresso in Aula alla Camera, lunedì prossimo. Dopo il sì della Commissione Bilancio e, ieri, di quella per gli Affari Costituzionali, oggi è molto atteso il voto della commissione Giustizia, presieduta da Giulia Bongiorno. L’esponente di Fli (Futuro e libertà) si era già espressa negativamente sul testo approvato dal Senato un anno fa: «La mia opinione personale è scritta nella mia relazione, ma ora il tentativo è di dar modo a tutti di esprimere la propria posizione per arrivare a un parere il più possibile condiviso» . La legge sulle disposizioni anticipate di volontà prevede che ogni cittadino possa richiedere per iscritto la sospensione delle cure da rispettare quando è in stato di incoscienza. Ma la sua rinuncia non può includere l’alimentazione e l’idratazione, considerati trattamenti di sostegno. Le sue richieste inoltre, altro punto contestato, non sono vincolanti per il medico.
il Fatto 16.2.11
Maxi-emendamento: il governo non cancella la norma salva precari
di Marco Palombi
Alla fine Maurizio Sacconi ha dovuto abbozzare: il ministro del Welfare ha provato fino alla fine a cancellare l’emendamento “salva-precari” del Pd dal maxiemendamento al decreto Milleproroghe su cui il Senato stamattina voterà la fiducia al governo, ma palazzo Chigi non ha voluto scatenare una guerra totale con l’opposizione per un’impuntatura. Fino alla fine di quest’anno, dunque, non si applica la disposizione del “collegato lavoro” che riduceva da cinque anni a due mesi il termine per presentare ricorso contro un licenziamento ritenuto ingiusto. Il ministro s’è consolato attaccando quei “laicisti” della Cassazione per la sentenza sulle adozioni ai single e portando a casa, nel Milleproroghe, quella che l’opposizione chiama “schedatura” delle coppie che si sottopongono alla fecondazione assistita: il fatto è che lo snellimento delle pratiche burocratiche per i centri medici viene realizzato attraverso una bizzarra formulazione che autorizza il ministero della Salute ad ottenere “qualunque informazione” sui pazienti. Ignazio Marino del Pd s’è rivolto al Garante per la privacy, mentre il ginecologo Severino Antinori ha fatto sapere che sarà “costretto a riferire i nomi delle coppie che si sono sottoposte a fecondazione assistita e fra questi ci sono molti parlamentari di diversi partiti e ministri del governo Berlusconi”. Non sembrano, invece, strapparsi le vesti più di tanto, né l’antilaicista Sacconi né la sottosegretario Eugenia Roccella, per la sottrazione di fondi ai malati di Sla. Tra le novità inserite dal governo all’ultimo minuto va segnalato anche un blitz del ministro Mariastella Gelmini sulla ridefinizione del sistema di valutazione esterna delle scuole oggi basato sull’Invalsi: se il decreto diverrà legge – scade il 27 febbraio e la Camera ha pochissimi giorni per approvarlo senza modifiche – sarà lo stesso dicastero dell’Istruzione a indicare criteri e modalità per le valutazioni attraverso un regolamento che non dovrà neanche passare per le commissioni parlamentari. Giulio Tremonti, dal canto suo, ha provveduto all’ultimo minuto a riformulare l’emendamento su Poste spa: il testo del governo prevede ancora lo scorporo di Bancoposta e la possibilità di acquisire pacchetti di altre banche, anche di maggioranza, ma solo ai fini della realizzazione della famigerata Banca del Sud, che quindi diverrà il braccio armato del Tesoro nel Mezzogiorno. La social card cara al ministro , invece, è stata retrocessa a sperimentazione annuale gestita dagli enti caritativi e c’è una novità anche sul fronte del federalismo: siccome quello municipale tarda ad arrivare, per evitare che i comuni restino senza un euro il ministero dell’Interno erogherà entro marzo una somma corrispondente alla prima rata dei trasferimenti 2010.
Resta al suo posto, ovviamente, la proroga di sei mesi per le multe delle quote latte, solo che la copertura passa da 30 milioni a cinque: il fondo da saccheggiare, infatti, è quello con cui le forze dell’ordine già non riescono a fare manutenzione ordinaria dei loro mezzi. O forse qualcuno avrà notato la stranezza del fatto che la sospensione delle tasse fino ad ottobre per gli aquilani invece non è stata finanziata: non è una robetta tecnica, perché se non si trovano i soldi in tempo i terremotati dovranno pagare tutto, e in un’unica soluzione. Confermati pure i 100 milioni per le alluvioni in Veneto e Liguria sottratti ai fondi per il dissesto idrogeologico nel Sud, lo stop alle ruspe in Campania, i tre assessori in più per Alemanno e pure l’aumento delle tasse per le regioni vittime di calamità naturali e quello di un euro sul biglietto del cinema. Infine, visto che il nostro governo è assai sensibile al tema della tv, sono spuntati pure 30 milioni per incentivare il passaggio dall’analogico al digitale. Da dove li hanno presi? Dai fondi destinata alla banda larga.
Repubblica 16.2.11
Gentile: "Perché l´Italia non ha una religione civile"
In un libro intervista con Simonetta Fiori, lo storico ripercorre la vicenda nazionale sottolineando l´assenza di padri comuni dal Risorgimento a oggi
Con il "Discorso" di Leopardi ha inizio il genere letterario dell´invettiva autoflagellatoria
Il movimento leghista non è una causa della crisi identitaria ma un sintomo
di Nello Ajello
Una celebrazione doverosa ma convocata a freddo, incapace di suscitare emozioni davvero condivise: ecco come emerge la ricorrenza dei centocinquant´anni dell´unità d´Italia da un libro che esce a giorni. S´intitola Italiani senza padri (Laterza, pagg. 176, euro 12), ed è un serrato dialogo fra uno storico di larga fama, Emilio Gentile, e una giornalista nota ai lettori di Repubblica come esperta di storia contemporanea. Le domande sono, a tratti, utilmente provocatorie. Le risposte evitano ogni "carità di patria". Ne vien fuori un´Italia che si condanna all´impossibilità di venir considerata, e soprattutto di giudicarsi essa per prima, una comunità statuale alla stregua delle maggiori nazioni europee, cioè un organismo coerente e coeso pur nella varietà delle proprie componenti ideologiche, politiche, ambientali.
La diagnosi che emette l´intervistato appare drastica, eloquenti le sue argomentazioni. Fra i vaticini formulati agli albori del Risorgimento in merito all´edificio nazionale che si andava costruendo, Gentile sembra condividere quelli ispirati allo scetticismo. Mai, tuttavia, queste pagine assumono la deliberata sommarietà d´un pamphlet. Gentile respinge l´accusa di pessimismo. Si dice, invece, intento ad osservare «la realtà come è oggi». L´aver disegnato un Risorgimento senza eredi è per lui funzionale al tentativo di «capire che cosa ha sostituito la sua eredità». E si dichiara pronto a cambiare idea se possibile. «Sarò il primo a festeggiare», sono le ultime parole della sua "deposizione".
Quali siano i punti di passaggio della vicenda che ha privato noi italiani d´un positivo rapporto con i "padri" risorgimentali è la trama di questo racconto a due. Inadempiuto rimane l´auspicio formulato da d´Azeglio, il capostipite della genìa dei dubbiosi. «Il primo bisogno dell´Italia», furono le sue parole, «è che si formino italiani che sappiamo adempiere al loro dovere, quindi che si formino alti e forti caratteri». Parole cui Gentile tributa il più aperto consenso, in contrasto con la diffidenza che gli suscita ciò che egli individua come un "genere letterario", cioè quell´invettiva flagellatoria iniziata dal Leopardi del Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani, cui seguì, per imitazione, «un´autodafé impazzito» (così lo dipinge Simonetta Fiori) «intorno ai mali tricolori».
Non che mancassero gl´impulsi a edificare un´identità nazionale "partecipata". Secondo Gentile, fu Crispi ad adoperarsi per la costruzione di "una liturgia patriottica" capace di lenire le incrinature ideali lasciate dal Risorgimento. Alti e bassi, più i secondi che i primi. La "smonumentalizzazione" del Risorgimento cominciò a fine Ottocento. Sarebbe poi stata la Grande Guerra a diffondere fra le masse un senso di appartenenza nazionale. Ma la tregua fu breve. Sulla scia di Oriani, Piero Gobetti avrebbe operato, con il suo Risorgimento senza eroi, una liquidazione radicale del movimento unitario. Il fascismo impose una propria idea di italianità, che escluse per oltre vent´anni i dissenzienti. Una unanimità anti-risorgimentale saldava dunque fascisti e antifascisti.
Si accoglie qui con freddezza la tesi di chi individua nell´8 settembre ´43 il momento preciso della "morte della patria". L´incanto, a parere di Gentile, s´è rotto prima. Una religione del Risorgimento già non esiste più. I compleanni dell´Italia hanno offerto e offriranno spettacoli difformi. Il cinquantenario del 1911 parve incoraggiante, il centenario del ´61 ha segnato il culmine del distacco popolare dai ricordi e dai simboli dell´Unità. Nel calendario delle festività nazionali, il Risorgimento non lascia traccia. Manca, negli annali della letteratura, un romanzo sul Risorgimento, mentre opere assai notevoli, dai Viceré di De Roberto al Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, sono centrate sull´Anti-Risorgimento.
Sul piano politico, la seconda metà del secolo scorso, con la prevalenza in cima allo Stato di partiti estranei al moto unitario, democristiani e socialisti, ha contribuito a disegnare un paese carente d´identità "patriottica". Quando s´è delineato il successo della Lega, i giochi erano già in gran parte fatti. Il movimento della Padania non era la causa dello scollamento, ne era – e ne è – soltanto un sintomo vistoso.
Incuriosisce chi abbia interesse per la nostra storiografia la lista, che Gentile ha in mente, di coloro che hanno scrutato da specialisti le vicende dell´Italia unita. Ecco un giudizio su Francesco De Sanctis: «un cultore della religione della patria ma allergico a retorica e agiografia». Del "giolittiano" Croce cita diversi brani illuminanti. Di Prezzolini conserva un´idea alta, e così di Gioacchino Volpe, la cui vicinanza al fascismo non sminuì un´eccelsa vita di studioso. A proposito di Gramsci, notare che ne diffida è dire poco. A Gaetano Salvemini riconosce di aver ben valutato i meriti del Risorgimento, che giudicava «un´opera ciclopica». Assume come propri suggeritori di pensiero Rosario Romeo e Renzo De Felice. Se la prende con Denis Mack Smith: lo reputa il battistrada di quegli "sminuitori" della storia d´Italia, che quasi considerano come l´emanazione d´un fascismo perenne.
In definitiva, questa confessione in forma di libro la si legge come un antidoto a mille stereotipi: il principale dei quali – Gentile lo ripete spesso – è l´invadente retorica cui si ricorre per combattere la retorica del Risorgimento.
Corriere 16.2.11
E Agostino traghettò la cultura classica nel mondo cristiano
Uno straordinario mediatore culturale
di Sossio Giametta
Tutto il cristianesimo può considerarsi un’interiorizzazione dell’uomo. Ma lo divenne in modo specifico e sistematico solo con sant’Agostino. Nella vita noi sperimentiamo l’essenza (felicità, bellezza, illuminazione, potenza) e le condizioni dell’esistenza (dolore, frustrazione, angoscia, morte). Ma gli esseri vivono verso l’esterno e nessuna di queste due esperienze può mai mancare loro; né la città terrena né la città celeste ha l’esclusiva. Al tempo di Gesù le civiltà antiche e in particolare quella greco-romana avevano dato tutto quello che avevano da dare ed erano estenuate. Serpeggiava l’esigenza di un’integrazione, di un rinnovamento. Si addensavano le nubi. Con Gesù le nubi si squarciarono e un lampo illuminò il mondo. Fu proclamata la religione della carità, ossia della massimalizzazione dell’umanità. L’amore universale è infatti l’anima dell’uomo al suo massimo, come l’armonia della statua di Fidia è il corpo umano al suo massimo. Sorto dunque in contrasto dialettico con la civiltà greco-romana, il cristianesimo ne ha rovesciato i valori. Quella era retta da valori aristocratici, cioè dei pochi: il coraggio, l’orgoglio, il valore, l’astuzia, il primato, l’avventura, la lotta, la vendetta, la gara, la guerra, la conquista, la gerarchia, la patria, la stirpe e la razza. Il cristianesimo instaurò valori democratici: il culto dell’anima, l’uguaglianza e la dignità di tutti, la bontà, l’umiltà, l’amore, il perdono, l’amore della pace, la carità anche per i nemici, l’abbraccio degli ultimi, il superamento delle barriere nazionali, di sesso, razza, stato sociale. Questi sono ancora i nostri valori, diventati anche ideali politici. Nella sua assolutezza la religione di Cristo superò tacitamente la civiltà pagana con la semplice affermazione dei nuovi valori. Ma la civiltà vecchia resisteva, soprattutto nelle anime. Il contrasto delle due culture e anime giunse a maturazione solo con Agostino. Nato nell’Africa romana (Tagaste 354) e nutrito della migliore cultura pagana, con la problematicità e le inquietudini che ormai la caratterizzavano, egli venne a Roma e poi a Milano. Qui, predispostovi dalla lettura dei neoplatonici, specie di Plotino, fu convertito al cristianesimo e battezzato dal vescovo Ambrogio (387). Fu poi ordinato prete (391) e più tardi divenne vescovo di Ippona (395). Da allora in poi la sua vita è tutta una guerra per affermare, contro la dispersione mondana e la carnalità del paganesimo e contro le eresie del suo tempo (manicheismo, donatismo, pelagianesimo), l’interiorità dell’uomo e il magistero della Chiesa cattolica. Per lui questa interiorità si chiamava anima e Dio, e soltanto anima e Dio egli aveva del resto cercato fin dall’inizio. Fu dunque un centauro, con un corpo mezzo pagano e mezzo cristiano, e come tale il traghettatore dell’antica civiltà nella nuova. Delle tantissime sue opere, quelle principali sono considerate le Confessioni e La città di Dio. Nella prima si accentua il suo atteggiamento di base, la ricerca della verità come confessione delle vicissitudini personali, che sono però sviluppi di contrasti superpersonali e scoperte dei tesori di verità, forza, libertà che si trovano solo nell’interiorità e coincidono con Dio. La seconda, scritta soprattutto contro la taccia dei pagani che il cristianesimo aveva indebolito l’impero romano (nel 410 ci fu il sacco di Roma dei goti di Alarico), è un’appassionata difesa dei princìpi del cristianesimo. Prima di Agostino i principali concetti teologici erano già stati acquisiti dalla Chiesa, ed egli non li mutò; ma con lui diventarono da oggettivi soggettivi, diventarono cioè il problema personalissimo e imprescindibile dell’uomo Agostino. Ma solo ciò che si fa per sé ha importanza per gli altri, non ciò che si fa direttamente per gli altri, dice Schopenhauer. Per l’ardore e la profondità della sua ricerca, Agostino, così come rimane un pilastro della Chiesa cattolica, è un filosofo la cui forza e suggestione durano tuttora, perché è la grandezza dei problemi affrontati e non la soluzione loro data che fa il grande filosofo.
La Stampa Tuttoscienze 16.2.11
Dal progetto Hapmap alle «varianti strutturali» la genetica sta esplorando che cosa rende unico ogni individuo
Dna, l’avventura inizia adesso
Dieci anni dopo la decifrazione del Genoma ecco le prossime mosse
di Gabriele Beccaria
Com’è bizzarra la doppia celebrazione del decennale, ma lui se la merita davvero: il protagonista è il Genoma umano, il libretto di istruzioni biologiche che ci fa essere ciò che siamo.
«Più conosciamo i geni e più ci rendiamo conto che c’è moltissimo altro da sapere»
L’anno scorso ci si è emozionati ripensando al grandioso evento alla Casa Bianca, quando il 26 febbraio 2000 Bill Clinton e Tony Blair annunciarono la decifrazione dei nostri geni e l’inizio di un’era straordinaria. Quest’anno si fa il bis, ricordando che il 12 febbraio 2001 due articoli - su «Science» e su «Nature» - spiegarono che l’obiettivo del sequenziamento del Dna era stato finalmente raggiunto. Dieci anni sono tanti nell’universo parallelo della scienza, pari a un’era geologica, e uno sguardo all’indietro è essenziale per preparare le mosse future. Oggi sappiamo cose che mai avremmo immaginato e presto aggiungeremo altre sorprese al bagaglio delle scoperte. Charles Darwin sarebbe orgoglioso dell’intraprendenza dei suoi pro-pronipoti.
L’ultimo «eureka» gli scienziati - riuniti in un team internazionale di 57 ricercatori provenienti da 26 istituzioni - l’hanno gridato pochi giorni fa, mentre testavano un nuovo metodo per analizzare un territorio del Dna finora trascurato, quello delle varianti strutturali. Ai non specialisti sono differenze che dicono poco, ma interi team di studiosi ne sono innamorati: nell’apparente caos delle cancellature, duplicazioni, inserzioni e inversioni all’interno delle sequenze genetiche si iniziano a leggere le differenze che ogni individuo porta incise dentro di sé. E’ una via maestra per spiegare molte malattie e, quindi, trasformare in realtà la medicina personalizzata, l’insieme di terapie mirate di cui tanto si parla e che, al momento, abbonda di promesse e scarseggia di risultati clinici. Ma adesso potrebbe essere davvero vicina la svolta, come ha spiegato Charles Lee, citogenetista del Brigham and Women's Hospital di Boston e copresidente del progetto.
Le varianti identificate sono 28 mila, una miniera da cui estrarre informazioni decisive sul perché una persona è simile a un’altra, ma molto diversa rispetto a un’altra ancora. I dati si affiancheranno a un filone parallelo, che si concentra sui cosiddetti «polimorfismi a singolo nucleotide», in gergo gli Snp: si tratta delle differenze in una delle 4 lettere del Dna che possono spiegare la predisposizione - o peggio la vulnerabilità - a una specifica aggressione, dal diabete ai tumori. Adesso si sta realizzando un catalogo, che va sotto il nome di Progetto Hapmap, e, come se non bastasse, prosegue a ritmo spedito il lavoro di Tim Hubbard, a Cambridge, noto come Encode: acronimo di «Encyclopedia of Dna elements», il suo obiettivo è identificare tutti i meccanismi che fanno funzionare il Genoma e lo rendono una macchina di straordinaria efficienza.
Varianti strutturali, Hapmap, Encode. A chi non è del settore sembra di assistere a un ipnotico gioco di scatole cinesi. C’è chi osserva, poeticamente, che la conoscenza del Dna riverbera quella dell’Universo: anche nell’infinitamente piccolo c’è tanta materia oscura quanta se ne annida nell’infinitamente grande. In realtà i ricercatori si consolano sottolineando che un decennio di studi ha permesso scoperte straordinarie e quindi una serie di eureka a ripetizione.
Dotazione meno ricca Oggi, per esempio, sappiamo di avere una dotazione di geni molto meno ricca di quanto si pensasse e cioè non 100 mila, ma poco più di 20 mila, solo una decina di volte più del modesto batterio unicellulare Haemophilus influenzae. Sappiamo anche che non tutti codificano le proteine che ci costruiscono, ci regolano e ci danno energia. Anzi. Appena il 2% funziona da ricettario per queste sostanze-chiave, tutto il resto si occupa d’altro. E non è affatto «junk» - spazzatura - come è stato impropriamente definito.
Trascritto in un altro tipo di molecole, l’Rna, svolge una funzione essenziale per regolare l’attività del Dna stesso. E’ il software, che supervisiona l’architettura dei geni e le loro prestazioni, mantenendo l’ordine contro incombenti tendenze anarchiche e, probabilmente, potrebbe anche spiegare come alcuni pezzi del vasto puzzle si accendono o si spengono in risposta ai segnali dell’ambiente. Di certo, non c’è nulla di spietatamente fisso nel nostro codice biologico, semmai è all’opera una danza continua, in cui agenti interni e agenti esterni promuovono la coreografia della vita. Per capirla è nata una nuova disciplina, l’epigenetica.
E’ questa una delle spettacolari manifestazioni dell’«effetto Genoma»: la decifrazione, che ha richiesto 14 anni e 3 miliardi di dollari, ha prima di tutto messo in moto un modo di fare ricerca aperto, in cui supercomputer e team internazionali lavorano insieme, democratizzando la diffusione e la gestione dei dati. Non solo. Mentre sta svelando la nostra origine di Sapiens e le migrazioni primigenie lungo il globo, ha già trasformato in pratiche standard gli esami genetici e consentirà - è la promessa - di riparare le anomalie alla base di ogni sindrome. Da impresa lineare fondata sull’osservazione la biologia è ascesa a scienza dei sistemi, irrorata dalle logiche della complessità: la regina dei laboratori del XXI secolo mobilita gruppi multidisciplinari, in cui i medici interagiscono con i matematici e gli informatici collaborano con i genetisti, e approda - con i test del celebre Craig Venter - alle prime forme di cellule sintetiche.
Se «diventa sempre più difficile definire perfino che cos’è un gene» (parole di Robert Plomin, professore al King’s College di Londra), «adesso sembra di scalare una montagna che diventa via via più alta - ha sottolineato Jennifer Doudna della University of California at Berkeley -: più conosciamo il Dna e più ci rendiamo conto che c’è ancora moltissimo altro da sapere».
La Stampa Tuttoscienze 16.2.11
La scintilla della vita. Le avventure della nascita
La prima carezza tra gemelli è già nell’utero
Un team italiano: è la prova che siamo programmati alla socialità “I movimenti verso il pancione della mamma sono meno delicati”
di Valentina Arcovio
LA SCOPERTA I feti sono stati osservati prima di aver raggiunto la 14ª settimana di gravidanza
LE PROSPETTIVE «Stabiliremo parametri per la diagnosi precoce di disturbi dello sviluppo»
Avedere le immagini si rimane di stucco. Se è già molto emozionante poter sbirciare dentro la pancia di una mamma per spiare due piccoli bambini che condividono lo stesso utero, immaginate quanto può esserlo vedere due fratellini che fanno amicizia tra loro per la prima volta.
Hanno appena poche settimane di vita e già, i piccoli feti, si accarezzano, si sfiorano, si toccano con straordinaria premura e dolcezza. Prima ancora di aver sviluppato perfettamente le gambe e le braccia. Prima cioè di aver raggiunto la 14ª settimana di gravidanza. Fino ad oggi non si pensava che un feto così piccolo potesse compiere la sua prima azione sociale. Perché, quando tocca il fratellino, non lo fa accidentalmente, ma con la delicatezza di chi sa che quel esserino è troppo delicato per urtarlo bruscamente così come invece si fa con le pareti uterine della mamma.
Oltre l’immaginazione A catturare questi magici momenti è stato un gruppo di scienziati italiani delle Università di Padova, Torino e Parma, in collaborazione con l'Istituto pediatrico Burlo Garofalo di Trieste. Gli scienziati - coordinati da Umberto Castiello, docente di psicobiologia a Padova - hanno osservato, registrato e misurato i movimenti di piccoli feti ancora accoccolati nel grembo materno. E quello che hanno visto supera di gran lunga la nostra immaginazione. Così come hanno spiegato alla rivista «Plos One», quando un feto condivide l'utero con un gemello, instaura con questo una relazione sociale fatta di piccoli movimenti delicati. «Sono movimenti riflessi o stereotipati», spiega Vittorio Gallese, docente di Fisiologia Umana al Dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Parma e co-autore dello studio insieme con Cristina Becchio dell'Università di Torino. «Sono organizzati – aggiunge - e hanno caratteristiche analoghe ai movimenti volontari dell'adulto». In parole povere questi minuscoli esserini sembrano essere «programmati» alla socialità e, quindi, la predisposizione alle interazioni con gli altri si sviluppa già diversi mesi prima di nascere.
I ricercatori hanno preso in esame i gemelli, gli unici su cui si può verificare la propensione precoce alla socialità. Per osservare e distinguere i movimenti è stata utilizzata l'ecografia quadridimensionale. «E' uno strumento – dice Gallese - che permette di osservare, oltre che i singoli movimenti, anche i movimenti nel tempo». In pratica questa tecnica ha consentito agli scienziati di registrare i movimenti di cinque coppie di feti gemelli in due momenti precisi, alla 14ª e alla 18ª settimana.
E poi un software speciale ha permesso di ricostruire e analizzare tre diverse tipologie di movimenti: verso se stessi, verso la parete uterina e verso il gemello. «Abbiamo visto che già alla 14ª settimana di gestazione – racconta Gallese - i gemelli sono capaci di controllare i loro gesti in modo differente a seconda di dove questi siano diretti. Il tipo di movimento è stato classificato in base a un parametro oggettivo, che è la decelerazione rispetto all'obiettivo da raggiungere». Più il movimento è decelerato e più è delicato il tocco. Un processo che i piccoli sembrano iniziare a capire già nell'utero della mamma.
«Infatti, abbiamo visto – dice Gallese – che, quando il feto si muoveva verso le pareti uterine, il movimento era molto meno decelerato rispetto a quando il movimento era rivolto verso di sé o verso l'altro feto». In pratica, con il pancione della mamma il piccolo sembra dimostrare una minore accuratezza, mentre con il fratellino i movimenti sembrano vere e proprie carezze. Se si guardano le immagini registrate, sembra proprio che i due feti si coccolino. I loro tocchi non sono urti accidentali, ma vere e proprie carezze. «Anche quando il feto tocca se stesso – spiega Gallese – i movimenti differiscono a seconda di quale parte del corpo si toccano. Se il movimento è rivolto agli occhi, è più accurato, e, se è rivolto verso la bocca, è meno decelerato». Una constatazione che sfata alcune ipotesi precedenti sull'argomento.
Implicazioni pratiche «Prima, infatti, si pensava che i movimenti del feto – sottolinea lo scienziato - fossero soltanto casuali. Grazie a questo studio, invece, adesso sappiamo che c'è un'organizzazione motoria». Ma aldilà della pura conoscenza, lo studio italiano potrebbe avere implicazioni pratiche molto importanti. «I nostri risultati – spiega Gallese - aprono nuove e interessanti prospettive. Possiamo usare i movimenti dei feti per capire se esiste una correlazione fra questi e lo sviluppo post-natale del bambino». In pratica, lo scienziato spera che un giorno si possano utilizzare i movimenti come una sorta di parametro per la diagnosi precoce di disturbi dello sviluppo, come ad esempio l'autismo.
«Per fare tutto questo – conclude Gallese – occorrono nuovi finanziamenti. Uno studio del genere richiede tempo e il contributo di diversi specialisti. I bambini andrebbero seguiti almeno due anni dopo la nascita. La tecnologia, i cervelli e la buona volontà ci sono. Mancano però i soldi».
Repubblica 16.2.11
L´esercito degli insonni uno su tre fatica a dormire
di Michele Bocci
Non dormire fa ingrassare perché blocca l´azione di un ormone che dà sazietà
Questa mattina, come ogni mattina, 6 milioni di italiani stanno male perché non hanno dormito. Non riescono a concentrarsi su nulla, non hanno voglia di parlare, la testa gli scoppia. Va avanti così da mesi: di notte non si addormentano o si svegliano all´improvviso. Sono insonni cronici. Accanto a loro sull´autobus, dietro la scrivania di fronte in ufficio, al supermercato, ci sono altre persone.
Sono almeno il triplo, un po´ rintontite per aver dormito meno di sei ore. Riescono ad arrivare in fondo alla giornata perché nottate così gli capitano più di rado o perché il problema si è presentato poco tempo fa, ma anche loro sono vittime del più diffuso disturbo del sonno.
L´insonnia sta aumentando, i numeri sono da epidemia: più di un terzo della popolazione deve, con maggiore o minore frequenza, affrontare il problema ogni mese. Poi ci sono quelli a cui capita di restare svegli solo di rado, e in quel caso i numeri sono enormi. Sta raccogliendo dati un epidemiologo di Stanford, Maurice M. Ohayon. Ha fatto una ricognizione in alcuni paesi europei, tra cui il nostro, utilizzando interviste telefoniche in un numero variabile a seconda degli studi tra 22 e 25mila. Anche in Italia il 34,5 per cento delle persone, dice un lavoro dell´anno scorso, ha problemi con il sonno almeno tre volte alla settimana. Circa il 10 per cento della popolazione ne risente di giorno. Il più grande studio nostrano, di alcuni anni fa, si chiama Morfeo. Dice che oltre il 60 per cento di chi va dal medico di famiglia lamenta un episodio di insonnia nei mesi precedenti.
Dormiamo sempre meno e sempre peggio e per questo ci ammaliamo. Non dormire fa ingrassare perché blocca l´azione di un ormone che dà sazietà. Chi sta sveglio, magari perché è obbligato dai turni del suo lavoro, è attratto soprattutto dai carboidrati. Ma ci sono problemi anche per la pressione, che senza il sonno non si abbassa, e la frequenza cardiaca, che non rallenta. Non dormire abbastanza, alla lunga può anche dare problemi psichiatrici. Gli effetti sull´organismo di questo problema, quando a sua volta non è dovuto ad altre malattie, sono esposti in uno studio dell´associazione di medicina del sonno e della Simg che verrà pubblicato tra poco.
Tra i fattori dell´aumento dell´insonnia c´è l´invecchiamento della popolazione. «L´anziano fa meno attività di una volta. Va a letto presto così si sveglia nel cuore della notte - spiega Provini - Dall´altro spesso ha disturbi che interferiscono con il sonno, come dolori, problemi cardiovascolari o respiratori».
Ma, a parte questo, perché gli italiani dormono sempre meno? «Sta passando il messaggio che il sonno sia una perdita di tempo», spiega Federica Provini, neurologa del Centro per lo studio e la cura dei disturbi del sonno dell´Università di Bologna, il primo di questo tipo nato in Italia ad opera del professor Elio Lugaresi alla fine degli anni Sessanta. «Le persone tendono ad andare a dormire più tardi, a continuare a fare le loro attività anche a letto, come stare al computer - spiega Provini - E poi si portano dietro le preoccupazioni: chi vive una giornata stressante va incontro ad una notte dello stesso tipo. Purtroppo questo comportamento frenetico viene trasmesso anche ai figli. Fin da adolescenti iniziano ad avere problemi del sonno».