mercoledì 13 dicembre 2006

l'Unità 13.12.06
Indulto e tunisino
Ecco il mostro
Strage di Erba: scagionato l’uomo «accusato» da inquirenti e giornali
di Marco Bucciantini


ISTINTI. Il fatto, il sangue, la strage: la colpa è subito degli extracomunitari. E dell’indulto loro amico
Titoli e parole, chi è il vero mostro?

Sono state le parole di un uomo straziato a fermare l’infame corsa senza freni verso i peggiori istinti. Carlo Castagna ha spezzato l’onda di razzismo, qualunquismo, fanatismo che stava montando come si trattasse di una folle competizione fra giornalisti, politici, inquirenti avventati. «Marzouk era in Tunisia. Non è stato lui, non avrebbe mai mosso un dito contro il bambino». L’uomo cui toccherà dividere con il dolore tutto ciò che resta da vivere ha concesso un alibi “umano” a colui che pareva il carnefice della sua figlia e di suo nipote. Una frase semplice, vera. Che ridicolizza il “circo” piombato sul delitto con “religiose” sicurezze e ancestrali paure da assecondare.
Tocca essere duri, ma non c’è da aver scrupoli davanti a questo lancio di agenzia, del mattino di ieri - quando i dubbi sulla dinamica già si facevano largo nelle verità impostate: «Un uomo di estrema pericolosità, violento e senza regole. In sintesi l’identikit di Azouz Abel Marzouk, il 25enne tunisino ricercato in tutta Italia con il sospetto di essere l'autore della strage di Erba dove avrebbe sgozzato la convivente, il figlioletto di due anni, la suocera, una vicina e poi dato fuoco alla casa...Lui con una sfilza di precedenti per droga e rapine, che spesso massacrava la convivente di botte, era stato scarcerato in luglio grazie all’indulto...Un uomo con alle spalle un “curricula-criminis” da brividi. Un uomo tanto cattivo». E cadono anche i condizionali: «Raffaella era diventata mamma di Yousuf nel 2004 e con il piccino e quello che diventerà il suo carnefice, si era trasferita al primo piano della vecchia cascina ristrutturata...Di quel disperato amore restano i corpi carbonizzati, la rabbia della gente contro l’indulto. La sensazione di impotenza».
La vera impotenza è davanti a questi che uno medico fisiologo russo (Ivan Pavlov, lavorando sull’appetito dei cani) chiamava riflessi condizionati. Stimolo e risposta. Quello che condiziona è l'efferatezza del delitto, così sanguinario che è opera degli “altri”. Come già a Novi Liguri (Erika e Omar) o a Brescia (famiglia sterminata in villa), il primo colpevole è sempre il pezzente extracomunitario. Se il convivente non è fra i morti ed è africano, lo stimolo chiama la risposta e la notizia è fatta e commentata: marocchino esce per indulto e fa strage in villa. Questi i titoli delle agenzie di lunedì sera. Poi il marocchino è diventato tunisino. Giusto in tempo per i titoli sui giornali. Dove l’età del tizio variava fra i 24 e i 36 anni.
Attori così governati dai meccanismi primigeni si scagliano quindi contro l’indulto, che è perdono, concessione un po’ distante dagli istinti e troppo vicino ai colpevoli : «L’indulto gli aveva restituito la libertà... Lui, in un gesto tragico di violenza e follia ha tolto la vita a quattro persone». Questo l’attacco di un pezzo su un quotidiano importante. Si eccepirà: tutto remava da quella parte. Alibi che non regge davanti alla ripetuta definizione di «convivente di Raffaella» con cui si indica Marzouk. Per poi scrivere: «Si erano sposati con rito civile». Si chiama matrimonio, e lui diventa marito. O forse una brianzola e un tunisino sono “coppia di fatto” finchè morte non li separi?
Adesso i tg e le agenzie hanno spostato il mirino: tocca ai tossicodipendenti vendicativi. L’unica vendetta - sacrosanta - per ora è in quella frase così umana, così superiore ed evoluta che ha fatto tragica beffa delle nostre disumane convinzioni.
Ps.: l’ordine dei giornalisti non ha ritenuto di intervenire. Ci sono diffamati importanti da tutelare e da indignarsi e diffamati «tanto cattivi» e chi se ne frega.

l'Unità 13.12.06
Castelli, Gasparri, Di Pietro alla cieca contro l’indulto:
«Ecco il risultato... »
Tutti contro Mastella. La Lega: ha le mani sporche di sangue
Ma lo «scarcerato» non c’entra. Solo l’Idv fa retromarcia
di Massimo Franchi

NIENTE DI PIÙ FACILE PER LORO Si alzano, vedono i titoli dei giornali e dettano alle agenzie i loro proclami. «La strage di Erba è il tragico effetto dell’indulto», parte Castelli. «Chi ha votato l'indulto ha contribuito a questo eccidio», continua Gasparri. Pure Di Pietro non perde l’occasione per attaccare il provvedimento di clemenza e chi lo ha firmato: «L'indulto non ha opposto Di Pietro a Mastella, ma il Parlamento al paese, che chiede una società dove c'è maggiore sicurezza. E non si dà sicurezza mettendo fuori decine di migliaia di persone perché non c’è spazio per tenerle dentro». Difficile andare oltre. Ci riescono i senatori della Lega Piergiorgio Stiffoni ed Ettore Pirovano: «Le mani sporche di sangue di una classe politica incosciente e pressappochista di fronte alle conseguenze prodotte dall’indulto». Gasparri va poi avanti: «Bisognerebbe perseguire come favoreggiatori di questa autentica strage quanti dissennatamente hanno votato l'indulto. Un’autentica vergogna. Sappiamo chi ha contribuito a questo eccidio. Basta leggere i resoconti del Parlamento». Non poteva mancare Mario Borghezio: «La spaventosa mattanza cui ha dato luogo a Erba un delinquente spacciatore marocchino (è tunisino, Ndr) ci prospetta uno scenario a cui dobbiamo abituarci. Quel che è successo a Erba può succedere, in ogni momento, dovunque personaggi non integrati semplicemente perché non integrabili, hanno trovato nel nostro territorio e, purtroppo, anche in Padania facile accoglienza, ottusa tolleranza, favoritismi politico-sociali d'ogni genere. È ora di finirla».
Peccato che già da qualche ora si sappia benissimo che Azouz Marzouk, il 26enne tunisino uscito per l’indulto, additato da gran parte della stampa come il mostro, sia già stato scagionato. La demagogia e la strumentalizzazione è lo sport preferito dalla destra forcaiola e vale a poco ricordare come il 14 novembre del 2002 l’intero parlamento in seduta comune (Lega e Alleanza Nazionale comprese) applaudirono Giovanni Paolo II che chiedeva «clemenza per i detenuti». Le cronache, ormai storiche, raccontano: «l’applauso più lungo è stato quello per l’invito ad un atto per le carceri che scoppiano».
La polemica politica monta appena chi è stato accusato ingiustamente legge dalle agenzie che l’indulto con Erba non c’entra niente. I “mastelliani” sono i primi a difendere il loro leader. «Le minacce ricevute dal ministro Mastella segnalano l'ulteriore degrado del clima politica nel paese - sostiene il capogruppo dell’Udeur alla Camera Mauro Fabris -. Pur di dare addosso all'esecutivo si usano tutti i mezzi, compreso quello di criminalizzare i singoli ministri, anche per responsabilità che non hanno. Adesso ci aspettiamo che gli ex ministri Castelli e Gasparri, e tutti coloro che li hanno seguiti su quella strada, quanto meno ritirino le accuse ingiuste che non avevano perso tempo a rinnovare contro il ministro Mastella». Anche il governo alza la voce: «Ancora una volta una tragedia diventa occasione per una “sentenza annunciata” contro l'indulto e le politiche del governo, mentre il ministro Mastella diventa oggetto di intimidazioni inaccettabili», interviene Giulio Santagata, ministro per l'Attuazione del programma. E in serata arriva il “dietrofront” dell’Italia dei valori che con il capogruppo alla Camera Massimo Donadi: «A nome di tutti i deputati esprimo piena solidarietà al ministro della Giustizia Mastella: il riaffiorare di polemiche sull'indulto ci appare in questo momento francamente fuori luogo».

Repubblica 13.12.06
Indulto, la destra accusa e poi frena
Gelo dopo la svolta sulla strage. L´Unione: e ora chiedeteci scusa

L´ex ministro Castelli: l´eccidio è un effetto devastante della legge
Gasparri: una vergogna ma poi si scopre che Marzouk non ha ucciso
Santagata: si usa una vicenda indefinita per emettere una sentenza annunciata

ROMA - L´ex ministro della Giustizia Roberto Castelli sbaglia i tempi giusto di mezz´ora. Sono le 12 e 30 quando detta alle agenzie l´ennesima dichiarazione polemica contro l´indulto e «i suoi devastanti effetti», contro le «conseguenze drammatiche e perverse» che lo sconto di pena continuerà a produrre. Se la prende con il suo successore Clemente Mastella che avrebbe assecondato la misura di clemenza verso i detenuti, mentre lui, inflessibile leghista, s´era sempre opposto. «Il ministro della Giustizia ha una fortissima influenza sul Parlamento su una misura come questa, tanto è vero che, finché sono stato ministro io, le Camere non hanno mai votato questa legge». Le parole sono pietre, e stavolta la frittata è fatta. Passano 25 minuti e il massacro di Erba cambia faccia, le colpe dell´indulto sfumano fino a scomparire perché Carlo Castagna, padre, marito e nonno di tre delle quattro vittime, assolve il genero Azouz Marzouk che lo ha chiamato dalla lontana Tunisia. Non c´entra lui e non c´entra l´indulto di cui ha usufruito.
In via Arenula il Guardasigilli Mastella, che ha appena ricevuto una lettera minacciosa con tanto di bossolo incluso, si prende la rivincita. Che sta nella prima reazione contro Castelli e l´aennino Maurizio Gasparri, un altro parlamentare che non manca occasione per dire tutto il male possibile contro l´indulto. Di buon mattino l´aveva definito «un´autentica vergogna» di cui aveva chiesto debito conto a quanti l´hanno votato. Il primo a segnare il cambio di rotta è Mauro Fabris, presidente dei deputati dell´Udeur, uomo politico vicinissimo a Mastella. Fabris vuole le scuse di Castelli e Gasparri che, quantomeno, dovrebbero «ritirare accuse ingiuste che non avevano perso tempo a rinnovare contro Mastella». Fabris inserisce la chiave politica: l´indulto è un mezzo per «dare addosso all´esecutivo con tutti i mezzi, compreso quello di criminalizzare i singoli ministri, anche per responsabilità che non hanno». Gli ultimi attacchi a Mastella non sono che «il segno del degrado politico».
Da Como giungono notizie che sempre più allontanano i sospetti da Marzouk (come i tabulati telefonici che lo localizzano lontano dal luogo del delitto) e l´Unione riprende fiato nel "proteggere" l´indulto. Parla il ministro per l´Attuazione del programma Giulio Santagata, prodiano doc, che nota come «ancora una volta» sia stata utilizzata una vicenda «i cui contorni sono tutti da definire» per emettere «una sentenza annunciata contro l´indulto e le politiche del governo mentre Mastella diventa oggetto di intimidazioni inaccettabili». Cambia musica anche l´Italia dei valori: se di mattina Silvana Mura, deputata vicina ad Antonio Di Pietro, definiva l´indulto «una scelta sbagliata», a sera il capogruppo alla Camera Massimo Donadi ammette che «le polemiche sullo sconto, in questo momento, appaiono francamente fuori luogo». L´ulivista Nello Palumbo mette in guardia dal rischio di legare «arbitrariamente» all´indulto «fatti di cronaca nera che sono una costante della nostra società». I verdi Paolo Cento e Paola Balducci invitano tutti «a non diffamare l´indulto e chi, in maniera trasversale, lo ha votato». La partita, almeno per questa volta, finisce uno a zero a favore dello sconto di pena.
(l.mi.)

Corriere della Sera 13.12.06
Quel tiro all'indulto
Sarà colpa della fretta, vista la tarda ora in cui la notizia è arrivata. Sarà anche il frutto di indicazioni investigative che si sono dimostrate, nel giro di poche ore, fragili e fuorvianti. O anche, a voler concedere un'ulteriore attenuante, l'aspetto di verosimiglianza che tutta la storia, a cominciare dal profilo del suo protagonista, ha messo in mostra. Fatto sta che colpisce la facilità con cui tutti i telegiornali e i giornali, compreso il nostro, hanno accolto la tesi della colpevolezza del tunisino ingiustamente accusato di aver fatto strage della sua famiglia in provincia di Como. E colpisce anche la reiterata attitudine a caricare il provvedimento di indulto approvato quest'estate di valenze negative che vanno ben al di là della sua reale portata. Come se l'indulto fosse la causa di una criminalità vecchia e nuova che sconvolge l'Italia da ben prima dell'applicazione di quel provvedimento. Discutere dell'indulto è ovviamente lecito e persino doveroso. E' demagogico invece stabilire un nesso logico ed emotivo permanente tra l'indulto e qualunque manifestazione criminale insanguini l'Italia. O gridare all'infamia dell'indulto per ogni omicidio commesso in Italia. E' sbagliato creare mostri, sempre. Ma anche fare di una legge un mostro. Sbagliato. E troppo facile
13 dicembre 2006

l'Unità 13.12.06
37 ANNI FA A Milano la commemorazione
Verità per Piazza Fontana
E Bertinotti ricorda l’anarchico Pinelli


Anche ieri, nel 37° anniversario della strage di Piazza Fontana in cui morirono 17 persone, centinaia di milanesi (assente il sindaco Letizia Moratti, impegnata a New York, non senza malumori e polemiche tra i manifestanti) hanno partecipato al corteo di commemorazione per chiedere alla cultura democratica del Paese ciò che la magistratura ormai non può più dare: verità e giustizia. Tra loro anche il presidente della Camera, Fausto Bertinotti che ha ricordato anche la vittima Giuseppe Pinelli: «Siamo qui con i familiari delle vittime per rendere omaggio e per proseguire con loro l’impegno per la verità. Ci sono ancora tanti punti oscuri, ma noi non abbiamo dimenticato». Alla memoria collettiva spetta ora mantenere e diffondere la verità storica e politica della stagione della tensione avviata dall’eversione fascista, «perchè - ha ricordato il presidente di Montecitorio - l’obiettivo è quello della pace e della convivenza democratica. Con la strage di Piazza Fontana cominciò la fine della prima Repubblica che si concluse con l’assassinio di Aldo Moro, ma ora è cominciato un altro cammino: i giovani non devono dimenticare, ma farsi aiutare dalla memoria di coloro che hanno costruito la Repubblica sui valori della Resistenza». Per questo Bertinotii ha lanciato un appello alla scuola e alla Rai, affinché «aiuti i giovani a diventare cittadini sgombrerando il campo dalla comunicazione degradante. Il servizio pubblico diventi un luogo di inchiesta e di verità».
Tanto più che di educazione e informazione adeguate c’è sempre più bisogno. Secondo una ricerca commissionata dalla Provincia di Milano all’Istituto Piepoli, infatti, la maggioranza degli studenti delle superiori di Milano pensa che siano state le Br a causare le stragi in Italia, piazza Fontana compresa. Tra gli oltre mille alunni intervistati nel sondaggio, la responsabilità è da attribuire per il 43% alle Brigate Rosse, per il 38% dalla mafia, per il 25% dagli anarchici, mentre il 26% ha risposto «non so». Amaro il confronto con un’analoga indagine di sei anni fa: mano a mano che passa il tempo cresce la percentuale di coloro che dicono «mai sentito parlare della strage di piazza Fontana», che nel 2000 era del 3% ed oggi ha raggiunto il 18%. l.v.

il manifesto 13.12.06
incontri
Bellocchio, Garrel, Gitai Kiarostami: conversazioni
di Cristina Piccino


Perugia. Il titolo, «Cinema in pegno» è un po' un gioco, vuole sdrammatizzare, cinema e impegno potrebbe creare improvvise voglie di fuga. Protagonisti: Marco Bellocchio e Philippe Garrel, due universi del cinema politico/poetico, il primo riferimento per i ragazzi del maggio francese più arrabbiati che vedono nel suo I pugni in tasca, come racconta Philippe Garrel, il film di rivolta che aspettavano». Di Garrel, che a batik è ospite abituale, abbiamo appena visto L'enfant secret (1979), l'ispirazione è ancora una volta Nico, il bambino segreto biondo con capelli in dolce caschetto è il figlio che l'artista factory ebbe insieme a Alain Delon. Cinema politico, di rivolta e dolore, desiderio e necessità che stravolgono l'immaginario iniettandovi vissuto. Un modo di fare cinema (e politica) che è personale e collettivo nella sua singolarità. Del resto: non erano I pugni in tasca già storia familiare nella sua dichiarazione di rifiuto?
A distanza di quarant'anni Marco Bellocchio è tornato sui luoghi di quel film (e del suo cinema), la sua città, la famiglia di ieri e di oggi, la figlia nelle ultime sequenze ragazzina e nelle prime bimba (il film è girato in anni diversi e in tre episodi), i laboratori estivi per giovani attori a Bobbio, vicino a Piacenza, Donatella Finocchiaro splendida protagonista del Regista di matrimoni in Sorelle. Ma torniamo ai Pugni in tasca, a quel 1965. Dice ancora Garrel: «Il film di Bellocchio è un riferimento importante per chi come me comincia a fare cinema dopo la nouvelle vague, è l'espressione infatti di ciò che ci unisce, il Sessantotto, il sentimento di ribellione, lo stesso che era nei film di Jean Eustache ... In questo senso I pugni in tasca è proprio delle generazione nate subito prima o subito dopo la seconda guerra mondiale, io sono del 1948, Marco Bellocchio del 1938 come Euustache. I nostri padri credevano nell'antifascismo, noi ci sentivamo uniti nel rifiuto dello stato di polizia come era allora in Italia o in Francia». Da parte sua però Bellocchio confessa che allo stato di polizia, almeno consapevolmente, girando I pugni in tasca ci aveva pensato poco. Punto di partenza per lui è la famiglia (per certi versi la sua attuazione nel germe primario, utile alibi sempre strumentalizzabile come dimostrano in questi giorni le ipocrisie politiche nel centrosinistra intorno ai «pacs»). «La città per me era lontana, erano le letture, qualche film... La mia realtà apparteneva alla provincia, alla dimensione familiare... E la rivolta contro la famiglia nasceva dalla sensazione cercasse di uccidermi, di rendermi una persona 'normale'». «Mi viene in mente un film di Garrel come La cicatrice interieure, la sua spregiudicatezza richiede coraggio e rischi di stile. Nel mio lavoro sono sempre partito dalla storia che volevo raccontare, non mi sono mai posto il problema di rompere con una forma o di lanciare dei messaggi. I miei film nascono da qualche immagine, poi la storia comincia a prendere una sua fisionomia e complessità». Riferimenti cinematografici per Bellocchio Antonioni dell'Avventura, Jean Vigo, Fellini. Per Garrel il maestro è invece JL Godard. «Ha inventato il cinema moderno, tutti noi in qualche modo ne siamo discepoli. Il luogo della rivolta può essere il soggetto, o il modo di fare cinema. Il sabotaggio artistico avviene sempre nel mezzo dell'arte. Se potessi fareisolo film muti e in bianco e nero».
Altre conversazioni, altri confronti. Amos Gitai, Abbas Kiarostami, e il digitale. Un altro gioco in fondo pensando che nel cinema di Gitai la molteplicità dei mezzi, video, pellicola, digitale è cifra fondante dai suoi inizi, mentre per Kiarostami il digitale è scoperta recente, quindi laboratorio ancora tutto da sperimentare. Dice Kiarostami: «É un mezzo molto amichevole, che ti permette di tornare sugli errori. Parlare di una differenza tra mezzi è forse perché facciamo ancora parte della cultura della pellicola, probabilmente tra alcuni decenni non si discuterà più di questo. Nella mia esperienza posso dire che il digitale mi ha permesso talvolta di sparire come regista mentre giravo, e di avere dei rapporti coi personaggi impossibili altrimenti. Mostrare un dialogo come tra il bimbo e la madre in Ten sarebbe stato impossibile con ogni altro supporto tecnico». Gitai: «Non mi piace feticizzare il mezzo, al contrario mi preoccupa la tendenza che c'è oggi all'uniformità, all'uso del video come una moda. Preferisco mantenere un atteggiamento eclettico, non credo che il cinema deve ammirare ogni ulatima invenzione della tecnica, e questo lo dico senza nostalgia della pellicola». Kiarostami: «Il digitale aiuta anche a sfuggire la censura». Gitai: «Credo che sia un po' facile, se è così perché non abbiamo film dalla Brimania o da Darfour? Penso che il fatto che il digitale sia 'leggero' e costi poco non è di per sé una forma di resistenza alla repressione. E non basta da solo a liberare uno spirito critico verso il mondo». C.Pi.