lunedì 13 novembre 2006

Repubblica 13.11.06
"L'indulto non ha cambiato nulla le carceri restano un dramma"
Il rapporto Antigone: pagelle per le prigioni migliori e peggiori
di Liana Milella


L'allarme dei curatori: con le attuali leggi, presto i penitenziari di nuovo pieni
L´associazione ha monitorato tutti gli istituti: adesso più posti che detenuti
Cirielli, tra gli ideatori: "Contro il perdonismo della maggioranza"

ROMA - Anche chi va in galera può essere sfortunato o fortunato. E in questo caso l´indulto non c´entra. Perché di detenuti ne saranno pure usciti quasi 24.500 grazie allo sconto di pena, ma da fine luglio a oggi i penitenziari sono rimasti gli stessi. Celle con il gabinetto in un angolo dove si fanno i bisogni davanti a tutti (come a Padova e nel famoso Badu �e Carros di Nuoro), docce disponibili una volta alla settimana, gattabuie sotto il livello del mare, umide d´inverno, soffocanti d´estate (come nell´isola di Favignana), tossicodipendenti trattati solo col metadone, uso eccessivo di psicofarmaci (come a Catania). L´elenco delle doglianze è infinito. Ma le eccezioni (pur rare) ci sono. E se invece di finire nelle prigioni di Nuoro e Sassari, o in quelle di Napoli, Poggioreale o Secondigliano che sia, o a Taranto, a Sulmona, a Viterbo ti mandano a Milano Bollate, a Spoleto, a Civitavecchia o nel nuovo complesso di Rebibbia a Roma, può darsi anche che gli anni di pena non siano poi così tremendi e che la parola "recupero" non sia solo quella di solito pronunciata nei convegni.
Patrizio Gonnella, il presidente di Antigone, l´associazione nata vent´anni fa per studiare il pianeta penitenziario, voleva chiamarla la "Guida Michelin delle carceri italiane". Era sul punto di proporlo all´editore Carocci che pubblica il quarto rapporto sul sistema detentivo, 206 pagine che descrivono il bene e il male di chi finisce in cella e che più banalmente s´intitola Dentro ogni carcere. «Invece delle forchette per segnalare i posti dove si mangia bene e quelli da evitare, avremmo voluto usare il simbolo del manganello per indicare le prigioni dove è meglio non finire, che sono la larghissima maggioranza, e quelle dove le cose vanno meglio, dove non ci sono i suicidi, dove non circolano le "squadrette", dove i detenuti imparano un lavoro». Gonnella e gli autori del rapporto (Laura Astarita, Paola Bonatelli, Susanna Marietti) hanno soprasseduto di fronte a un´idea originale, ma che sarebbe apparsa irriverente. La sostanza resta tutta perché il pezzo forte del rapporto Antigone (che oggi sarà presentato a Roma alle 17,30 alla libreria Montecitorio), oltre cento pagine, contiene un pignolo viaggio prigione per prigione. Un anno di lavoro, un risultato che non sarà una buona lettura per il ministro della Giustizia Clemente Mastella e per i vertici del Dipartimento dell´amministrazione penitenziaria.
Che Gonnella commenta così: «Le nostre carceri fanno schifo. L´indulto è solo un pannicello caldo. Ha svuotato molti penitenziari, ma ci sono troppe leggi del governo Berlusconi in agguato per riempire le celle di nuovo. Basta pensare alle norme sulla droga, alla Bossi-Fini sull´immigrazione, alla Cirielli che taglia la prescrizione per i recidivi, per rendersi conto che potrebbe bastare poco tempo per ritrovarsi con le carceri piene. Che faremo allora? Soprattutto dopo che sull´indulto è stato gettato tanto fango e sono stati inventati, senza ragione, gravi allarmi sociali? Servono subito le riforme e bisogna cambiare al più presto quelle leggi».
Il messaggio di Antigone al governo è fermo. Gonnella lo sintetizza così: «Abbiamo riscontrato buone e cattive prassi. Abbiamo visto e sentito parlare di buone squadre al lavoro e di squadrette pronte a usare la forza con disinvoltura. Abbiamo visitato strutture carcerarie medievali, carceri degli anni Cinquanta, carceri "d´oro" degli anni Ottanta. Ma alla fine tutto, nel bene e nel male, dipende da chi è il direttore. Non esistono regole valide per tutti. Ogni carcere è una repubblica a sé». Adesso i detenuti sono 4mila in meno della capienza, gli agenti della polizia penitenziaria superano addirittura i detenuti (42mila loro, 38mila gli altri), e Mastella deve nominare il nuovo capo delle prigioni italiane.